Riconoscono la loro immagine nello specchio, sono in grado di comunicare nella lingua dei segni e instaurano amicizie a lungo termine. Gli scimpanzè si comportano esattamente come fa l’uomo. Ed è così che li considera il Nonhuman Rights Project che da anni si batte per la liberazione in una riserva di Kiko e Tommy, due scimpanzè tenuti in gabbia dai loro proprietari.
Tommy e Kiki, né persone, né animali
La loro storia è finita il tribunale: l’associazione ha chiesto ai giudici di esprimersi sul caso e di consentire ai due esemplari di vivere nella natura insieme ai loro simili. Ma c’è un problema: la legge americana fa un’unica distinzione tra “persone” e “cose”. Non esiste una terza via. Se sei una persona, godi di determinati diritti, sei protetto dalla legge dalla schiavitù e ti è concesso di alleviare le sofferenze fisiche. Se non lo sei, non godi di alcun diritto. E sfortunatamente, nonostante siano animali sociali, sensibili e intelligenti, sotto il profilo legale, Kiko e Tommy sono considerati delle “cose”.
In tutta risposta, Nonhuman Rights Project ha adottato una posizione chiara e ferma: se la scelta è tra “persone” e “cose”, allora Kiko e Tommy sono persone. E così la pensano anche numerosi filosofi tra cui Jeff Sebo, direttore del programma di studio sugli animali della New York University che sul caso ha scritto un lungo editoriale pubblicato dal New York Times. “Lo scorso febbraio un gruppo di filosofi – me compreso – ha sottoposto alla Corte d’Appello di New York una relazione amicus curiae a sostegno del riconoscimento legale del riconoscimento dello stato di persona a Kiko e Tommy. La Corte sta valutando come procedere”, ha spiegato Sebo.
In February, I and some other philosophers submitted a brief to a New York court in support of legal personhood for two chimps, Kiko and Tommy https://t.co/pppJLpYJip
— NYT Opinion (@nytopinion) 9 aprile 2018
“Persona non vuol dire essere umano”
Tuttavia, sostiene il filosofo e ricercatore, “c’è un fraintendimento di fondo in quanto tendiamo a usare in modo interscambiabile i concetti di “essere umano” e di “persona”. Ma i due non sono affatto equivalenti. “Umano” indica gli appartenenti alla specie homo sapiens, mentre con “persona” si intende un concetto giuridico riferito a individui che godono di diritti legali”. E la percezione è che “solo gli umani possano essere considerati delle persone”. Ma non è del tutto esatto: “Una delle teorie alla base di questa interscambiabilità, infatti, è quella secondo cui solo gli umani possono essere considerati persone in quanto gli unici ad avere la capacità di utilizzare la ragione e il linguaggio in modo astratto e sofisticato. Ma Tommy e Kiko fanno esattamente queste cose. Senza considerare che l’uomo non riesce a farlo da piccolissimo. Alcuni non svilupperanno mai queste abilità e altri le perderanno nel corso della vita, ma non per questo non godranno di diritti legali”.
"The Nonhuman Rights Project is taking a bold position: It is arguing that if every being must be either a person or a thing, then Kiko and Tommy are persons, not things. I agree, and many other philosophers do, too." @jeffrsebo @nytimes @nytopinion https://t.co/ZEvZpqNMn2
— Nonhuman Rights (@NonhumanRights) 7 aprile 2018
Persona nonumana
La risoluzione non è semplice, ammette Sebo. Un’idea sarebbe quella di introdurre il “concetto di “persona non umana”, che “gode quindi di alcuni diritti pur non appartenendo alla specie Homo Sapiens. Ma ciò apre altri interrogativi, ovvero: possono godere anche del diritto di associazione, rappresentazione politica, proprietà privata? E inoltre, chi rientra nella nuova categoria? Anche i gorilla, i polli, le mucche e i maiali? Cani, gatti e pesci?”. La verità però “è una sola: Kiko e Tommy non sono “cose”. E meritano di essere trattati in modo degno. Al di la dei meri concetti di esclusione e inclusione in categorie standard”.