William Barr, il procuratore generale degli Stati Uniti, "sta solo facendo il suo lavoro". Così il repubblicano Lindsey Graham, presidente della commissione Giustizia del Senato, fedelissimo di Donald Trump, rassicura l'Italia, interpellato dall'Agi sulla lettera che ha inviato al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al primo ministro inglese Boris Johnson e a quello australiano Scott Morrison, con la quale esorta i tre Paesi alleati a cooperare con il Guardasigilli americano in merito all'inchiesta sulle origini del Russiagate, per determinare da dove sia partita l'indagine dell'Fbi sulla presunta collusione tra Trump e il Cremlino durante le presidenziali del 2016.
"Gli incontri che il procuratore generale sta avendo per contribuire all'inchiesta del dipartimento di Giustizia su quello che è accaduto rientra pienamente nel raggio delle sue normali attività", ha rimarcato Graham all'Agi, mostrando una copia della missiva inviata ai tre leader. Incalzato poi sulle accuse a Matteo Renzi di aver agito per sabotare Trump lanciate da George Papadopoulos, l'ex advisor del miliardario da marzo a ottobre 2016 (condannato per aver mentito all'Fbi sui suoi contatti con Mosca), Graham ha preferito non commentare mentre l'ex premier italiano ha annunciato querela.
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"Cari primi ministri Morrison, Conte e Johnson, dopo la pubblicazione, il 30 settembre del 2019, dell'articolo del New York Times che accusa il procuratore generale Barr di utilizzare diplomazia ad alto livello per portare avanti gli interessi politici personali (del presidente), scrivo per chiedervi di proseguire la cooperazione del vostro Paese con il procuratore generale William Barr, mentre il dipartimento di Giustizia continua a indagare sulle origini e l'entita' dell'influenza straniera nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016", recita l'incipit della lettera, che arriva a pochi giorni dalla seconda visita del Guardasigilli Usa in Italia, lo scorso 30 settembre, dopo quella di metà agosto.
E' prassi "di routine" lo scambio di informazioni di intelligence tra i Paesi per collaborare nelle inchieste, osserva ancora Graham. "Sembra che gli Stati Uniti e la comunità di intelligence si siano basati su informazioni dei servizi stranieri nell'ambito del loro impegno per indagare e monitorare le elezioni presidenziali del 2018", spiega Graham nella lettera, indicando in particolare tre nodi da sciogliere. Il primo è l'aver fatto affidamento su "un dossier profondamente difettoso e pieno di 'sentito dire' scritto da un ex agente di parte del Regno Unito", ovvero il rapporto di Christopher Steele, una raccolta di 17 dossier su Trump compilata nel 2016 dall'ex spia di Sua Maestà. I
l secondo nodo riguarda il professore maltese di nome Joseph Mifsud (che Graham nella lettera definisce "italiano") di cui non si sa più nulla e che nella Link Campus di Roma incontrò George Papadopoulos. La terza questione indicata da Graham nella lettera riguarda "il fatto di aver accettato informazioni da un diplomatico australiano, al quale era stato detto, anche a lui, di contattare Papadopoulos e di trasmettere le informazioni da lui ottenute sulla campagna all'Fbi".
Per questo, conclude Graham nell'appello i tre leader inviato in copia a Barr, oltre che alla senatrice Dianne Feinstein, la dem numero due della commissione Giustizia, "vi chiedo di continuare a collaborare" per determinare le origini dell'inchiesta sulle interferenze russe nelle presidenziali americane del 2016". Quello che gli americani vogliono sapere, ha argomentato Graham, "è perché vada bene cooperare con Mueller (il procuratore titolare del Russiagate) e non vada bene cooperare con Barr per stabile se Trump sia stato vittima di un'operazione dell'intelligence fuori controllo".
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