L’uccisione di Qassem Soleimani apre scenari imprevedibili sul fronte politico e militare. La rappresaglia iraniana, se verrà, potrebbe arrivare in modi e tempi che gli analisti hanno valutato a fondo, anche sulla studiando le strategie adottate dal generale iraniano eliminato su ordine di Donald Trump. Ne abbiamo parlato con Carlo Biffani, esperto di sicurezza.
Cosa succede sul campo dopo che a livello politico viene decisione l’eliminazione di un bersaglio come Qassem Soleimani?
L’azione, di guerra, varrà la pena ribadirlo, è stata condotta con estrema accuratezza e precisione. Il bersaglio era attenzionato da anni e le attività di acquisizione e monitoraggio sono diventate più assidue e stringenti in conseguenza degli ultimi attacchi ad obiettivi statunitensi (base USA a Kirkuk dell'ambasciata USA a Baghdad) e hanno subito una vera e propria accelerazione, una volta assunta la decisione politica di eliminare il generale Soleimani. In questi ultimi giorni era stata segnalata nella regione, una intensificazione nelle attività di sorvolo e di “ascolto” dei segnali elettronici da parte degli AWACS USA e da almeno una decina di giorni erano stati spostati nella capitale irachena un numero davvero consistente di soldati d’elite (Marines e Paracadutisti) oltre che inviati ulteriori distaccamenti di Forze Speciali. L’eliminazione di un bersaglio di questa portata non è una attività che può prescindere dalla capacità di impiegare risorse di Humint (Intelligence umana) oltre che operatori estremamente specializzati sul terreno, quindi l’attacco effettuato con il drone che lancia il missile Hellfire che colpisce il SUV sul quale si muove il bersaglio, rappresenta solo l’ultimo anello di una catena di azioni davvero complesse e difficili da pianificare e governare e gestire.
Cosa bisogna aspettarsi ora da parte di Teheran?
Ritengo che, come ha del resto sottolineato oggi stesso l’ambasciatore iraniano all’ONU, l’Iran consideri la morte del generale Soleimani come una deliberata dichiarazione di guerra e volendo usare le parole del diplomatico di Teheran, “ad una azione di guerra si risponde con una conseguente azione di guerra”. Sarà quindi non solo possibile, ma altamente probabile che Teheran stia valutando quale fra le molte opzioni possibili rappresenti la più “remunerativa” e adeguata rispetto alla provocazione mortale inferta dagli Stati Uniti. Immagino che il terreno di confronto e di scontro possa restare, almeno per il momento e in questa fase, circoscritto all’area medio-orientale, anche se non si può escludere una azione condotta contro basi od installazioni presenti in Occidente oppure una serie di attacchi contemporanei contro più obiettivi.
Si profila uno scenario di guerra convenzionale?
Quello che ritengo sia ben chiaro all’Iran è che il loro apparato militare non potrebbe reggere uno scontro basato su una guerra convenzionale. Le forze delle quali infatti l’Iran può disporre, per quanto ben equipaggiate, altamente motivate ed addestrate, non potrebbero in nessun modo reggere il confronto con la macchina bellica statunitense, né credo che i vertici di Teheran vogliano trovarsi invischiati in un conflitto in campo aperto con le Forze Armate statunitensi nel quale doversi confrontare con l’Aviazione, la Marina e con i reggimenti corazzati americani.
Lo stesso scenario di guerriglia cui siamo stati abituati dall’invasione dell’Afghanistan in poi, quindi
Il generale Soleimani aveva in questi lunghi anni elaborato, provato sul terreno e perfezionato, strategie ispirate alla guerra asimmetrica, alla creazione di movimenti e gruppi di guerriglia locale molto ben addestrati e motivati, capaci di effettuare attacchi, colpi di mano, azioni notturne, sequestri, attentati con camion e barchini esplosivi e in grado di far saltare in aria convogli nemici grazie ad elaborati ordigni esplosivi più o meno di circostanza, insomma, capaci di portare a compimento tutte la sequela di azioni che abbiamo visto compiere in questi anni alle molte compagini tanto di ispirazione sciita quanto di matrice sunnita. Non mi sentirei però di escludere al momento in maniera assolutistica, una azione dimostrativa eclatante quale la presa di ostaggi in una ambasciata statunitense, così come il lancio di missili su obiettivi strategici e sono convinto che il generale Soleimani avesse già da tempo predisposto i piani di una serie di possibili rappresaglie che potevano e dovevano far seguito alla sua eventuale uccisione, azioni che potrebbero essere portate a compimento anche da agenti “in sonno” presenti in Paesi occidentali o dello scacchiere medio-orientale.
Non c’è da aspettarsi però che Russia e Cina stiano a guardare
Ritengo che sia nella piena consapevolezza dei due contendenti il fatto che l’eventuale confronto/scontro Usa-Iran, debba necessariamente rimanere nell’ambito di qualcosa da gestire con grande attenzione ed unicamente a livello regionale, vista la tutt’altro che remota possibilità che vengano coinvolti attori di primaria grandezza quali Russia e Cina.
La morte di Soleimani e l’escalation di violenza acuirà la crisi nella società iraniana?
Sarà interessante osservare se le due compagini che si confrontano da sempre in Iran, ovvero il clero sciita (che controlla buona parte dei reparti militari e di polizia d’elite) e la società civile, che spesso si trovano su posizioni diverse se non opposte, sapranno trovare un punto di unione per rispondere in maniera comune ad una provocazione così grave compiuta dal loro peggior nemico (ed alleato di Israele!) o se le distanze già emerse in numerosi accadimenti del passato non finiscano per generare una frattura in grado di minare dalle basi la leadership dei mullah sciiti che governano la cosiddetta teocrazia iraniana. E questa potrebbe forse essere la vera sfida lanciata dalla leadership americana…