I supermercati inglesi producono, ogni anno, 800 mila tonnellate di rifiuti in plastica. Lo rivela un’inchiesta del Guardian che ha chiesto alle otto principali catene di grande distribuzione britanniche il dato relativo agli imballaggi di plastica venduti ai propri clienti.
Meglio il silenzio
Sei di queste società, Tesco, Sainsbury’s, Morrisons, Waitrose, Asda e Lidl, hanno però risposto picche ai giornalisti inglesi. “Il dato è commercialmente sensibile” hanno fatto sapere, e così hanno preferito mantenere il riserbo. Ma altri due marchi, Aldi e Co-op, hanno invece risposto. Incrociando questi dati con altri archivi il quotidiano inglese ed Eunomia, una società di consulenza in tema riciclaggio e impatto ambientale del ciclo commerciale, hanno stimato la quantità complessiva di plastica inutile – cioè che potrebbe essere sostituita da altri materiali al momento della vendita al pubblico – in 800mila tonnellate. “Un dato che secondo noi è comunque sottostimato”, avverte il presidente di Eunomia Dominic Hogg.
Cambio di rotta
Co-op è riuscita quasi a dimezzare la quantità di plastica venduta nel corso degli ultimi dieci anni. Il sesto gruppo inglese della GDO – Grande Distribuzione Organizzata – ha tagliato del 44% il proprio dato, dalle 78.492 tonnellate del 2006 alle 43.495 del 2016. Un risultato, spiega il responsabile del reparto di sostenibilità Iain Ferguson, raggiunto grazie a semplici accorgimenti. Niente più inserti di plastica nelle scatole, via il polistirolo dalle confezioni delle sue pizze, e anche la sostituzione di alcuni imballaggi di plastica, come quelli dei pomodori, privilegiando quelli di cartone.
E mentre Iceland, un gruppo inglese specializzato in prodotti surgelati, ha annunciato l’intenzione di reinventarsi abolendo del tutto la plastica nel giro di cinque anni, Aldi, l’altro supermercato disposto a fornire il dato, ha invece quasi raddoppiato la propria produzione di plastica. “Colpa dell’apertura di duecento nuovi punti vendita”, spiega l’azienda che oggi produce rifiuti di plastica per 64mila tonnellate.
Quick detour to Kentish Town to #refill and do some #plasticfree shopping#plasticpollution pic.twitter.com/i1HrBOewNA
— Rob Sheldon (@_robsheldon) 18 gennaio 2018
A portata di mano c’è un esempio da seguire
Il Regno Unito, scrive il Guardian, è il Paese europeo dove i supermercati pagano meno tasse per la produzione e il riciclo di plastica. Dati alla mano, il venditore si carica sul conto spese 18 sterline – poco più di 20 euro – per ogni tonnellata di rifiuti prodotta. Secondo il segretario di Stato con delega all’ambiente Michael Gove, il meccanismo, chiamato Packaging Waste Recovery, è da rivedere perché “non rende i produttori di rifiuti finanziariamente responsabili di quanto vendono sul mercato”.
Eppure un esempio da cui partire per riformare la legge c’è, e arriva proprio dai vicini di casa degli inglesi. In Francia, infatti, esiste un sistema basato su bonus-malus. Per quanto riguarda lo smaltimento della carta, ad esempio, i produttori francesi vedono ridotta del 10% la tassazione se i materiali buttati via provengono da una filiera di riciclo.
Viceversa i supermercati vengono tassati maggiormente se utilizzano materiali difficili da smaltire. “Abbiamo bisogno di una legge simile – spiega Iain Ferguson di Co-op Uk – perché ci costringerebbe a essere più trasparenti”.
Study estimated that there are more than 5 trillion plastic pieces (defined into the four classes of smallmicroplastics,large microplastics,meso- & macroplastics)afloat at sea.The litter that is being delivered into the oceans is toxic to marine life, & humans.#plasticpollution pic.twitter.com/ekPMnS22vl
— Onelesspieceofplastic (@olppindia) 17 gennaio 2018