I resti di John Dillinger, uno dei più famosi gangster degli anni Trenta, verranno riesumati ottantacinque anni dopo la sua morte. È stata accolta la richiesta del nipote, Michael Thompson, anche se non sono state spiegate le motivazioni, ma c'è chi sostiene che Dillinger è sepolto al Crown Hill Cemetery di Indianapolis e che forse non fu ucciso dall'Fbi, che sbagliò clamorosamente persona cadendo in una trappola. Il nipote non ha voluto rispondere alle domande dei giornalisti. Il corpo verrà riesumato in vista di una nuova analisi, e reinterrato entro il 16 settembre.
Dillinger, nel periodo della Grande Depressione, fu a capo della famosa "Banda del terrore" che seminò la morte nel Midwest, tra il 1933 e il 1934. La gang uccise almeno dieci persone e mise a segno rapine e colpi in ventiquattro banche e quattro stazioni di polizia. I giornali dipinsero Dillinger come un Robin Hood americano, mentre l'allora capo dell'ufficio investigativo federale, Edgar Hoover, usò il caso del gangster per spingere verso la nascita di quella che sarebbe diventata la moderna Fbi, un'organizzazione sofisticata, composta da uomini e mezzi, per affrontare il crimine organizzato.
Nato a Indianapolis, padre di origine tedesca e madre americana, Dillinger è sempre vissuto ai confini della legge. Da bambino era considerato un bullo, a venti un rissoso, a trenta il rapinatore più temuto d'America. Era in attesa del processo per l'omicidio di un poliziotto, quando nel marzo '34 fuggì dalla prigione di Indianapolis. Per far perdere le tracce, si disse che il gangster si fosse sottoposto a chirurgia plastica per cambiare volto, e che avesse usato l'acido per cambiare le impronte dei suoi polpastrelli. In ogni caso, i due accorgimenti non lo portarono molto lontano.
Dillinger morì a 31 anni, il 22 luglio del '34, a Chicago, all'uscita di un cinema. Secondo la versione ufficiale, venne ucciso dagli agenti dell'Fbi mentre stava cercando di prendere la pistola. La vicenda ispirò il film 'Nemico pubblico', interpretato da Johnny Depp nel 2009.
Per molti americani rappresentava un moderno Robin Hood, perché quando imbracciava il mitra ed entrava in banca per una rapina, prima di andare via si premurava di distruggere tutti quei documenti con i quali le banche tenevano le mani al collo della middleclass statunitense alle prese con la più grossa crisi economica della sua storia. Per J.
La storia vuole che Hoover riuscì finalmente ad incriminarlo per reati federali quando dopo la sua evasione (la terza della sua “carriera”) fu costretto a rubare la macchina del direttore e varcare i confini dell’Indiana: reato federale, Dillinger entra nel mirino di Hoover. Ma il gangster tutto era meno che stupido, così decise di andare sotto i ferri di un chirurgo per cambiarsi i connotati e di cominciare una nuova vita come commesso di nome Jimmy Lawrence.
Anna Sage e Warren Oates nel film 'Dillinger' del 1973 diretto da John Milius (Foto: AMERICAN INTERNATIONAL PICTURES / COLLECTION CHRISTOPHEL)
Ad incastrarlo furono la sua fama e la sua passione sfrenata per le donne, fu infatti una prostituta russa a tradirlo e a venderlo in cambio della promessa (non mantenuta) di non essere esplusa. Si chiamava Ana Ivanova Akalieva, in arte Ana Cumpanas, ma passerà alla storia come “la donna in rosso”, perché è con quel vestito dal colore così acceso che si fece riconoscere dalla polizia all’uscita di un cinema di Chicago, dove insieme a Dillinger erano andati a vedere il film poliziesco “Manhattan Melodrama” con Clark Gable. Era il 22 luglio 1934, Dillinger aveva appena 31 anni e fu raggiunto e ucciso da cinque colpi di pistola.
Al suo funerale si presentarono 15 mila persone, come a quelli delle grandi star; il padre, per paura che la salma venisse trafugata da qualche fan squilibrato, pretese che la bara fosse incastonata tra quattro lastre di cemento e sbarre di ferro. La storia di Dillinger proseguirà poi nel mito, nella leggenda e, di conseguenza, nel cinema dove il personaggio viene omaggiato più volte con film ispirati alla sua breve vita “Humphrey Bogart è stato John Dillinger – ricorda quotidiano.net - e anche Lawrence Tierny, Mickey Rooney, Warren Oates, Mark Harmon, Martin Sheen, Johnny Deep, Alexander Ellis. Fino al capolavoro di Marco Ferreri, interpretato da un grande Michel Piccoli”.
Tutte storie che forse andranno riviste e riscritte, perlomeno per quanto concerne il finale, perché secondo i familiari di Dillinger, in quella bara sepolta nel cimitero di Crown Hill a Indianapolis, non ci sarebbe lui. In realtà, il nipote Michael C. Thompson, che ha chiesto ed ottenuto la riesumazione della salma, non è mai stato convinto della morte dello zio e, in una dichiarazione giurata, così come riporta The Guardian, avrebbe affermato di avere prove certe che quel giorno, fuori da quel cinema, ad essere ucciso non fu affatto John Dillinger.
Non corrisponderebbero il colore degli occhi, la forma delle orecchie, le impronte digitali (difficili da confondere dato che il gangster qualche mese prima se le era bruciate con l’acido per non lasciare traccia di sé), tutti argomenti che hanno convinto un tribunale ad approvare la riesumazione del corpo che avverrà entro il 16 settembre, sotto l’occhio attento anche di una troupe di History Channel, in questo periodo alle prese con un documentario sullo stravagante personaggio di Dillinger.
“Sono convinto che sia fondamentale sapere se Dillinger è vissuto oltre la sua data di morte dichiarata del 22 luglio 1934. Se non è stato ucciso quel giorno - dichiara il nipote Michael - sono interessato a scoprire cosa gli è successo, dove viveva, se ha avuto figli e se questi bambini o nipoti siano ancora vivi". Una tesi che ha convinto l’FBI, cosa abbastanza insolita, a diffondere una nota ufficiale dove afferma che “una grande quantità di informazioni supporta la morte di Dillinger” e che la no-morte del rapinatore altro non è che un “mito”. Entro fine settembre evidentemente sapremo chi ha ragione.