Migliaia di opere d'arte africane trafugate e derubate vanno restituite ai Paesi di origine, per un necessario cambio di rotta della politica finora attuata dalla Francia e da ex potenze coloniali. È quanto suggerito al presidente Emmanuel Macron da due esperti incaricati dall'Eliseo nei mesi scorsi di portare avanti la riflessione su un tema spinoso nei rapporti tra Parigi e alcune ex colonie dell'Africa.
Del resto, durante il suo viaggio in Benin nel novembre 2017, le parole di Macron erano state accolte come un segnale di apertura e di possibile svolta. "L'eredità africana non può essere soltanto conservata nei musei e nelle collezioni private europee", aveva detto il presidente francese. Un anno dopo la storica francese Benedicte Savoy e lo scrittore senegalese Felwine Sarr, autore del saggio di successo 'Afrotopia', consegneranno un rapporto in tal senso all'Eliseo.
"In un continente dove il 60% della popolazione ha meno di 20 anni, è di primaria e grande importanza dare accesso ai giovani alle loro cultura, creatività e spiritualità che arrivano da un'altra epoca", si legge nel rapporto di cui alcuni stralci sono pubblicati sulla stampa francese, tra cui 'Liberation'.
Il problema è la legislazione francese
Al lato pratico la restituzione dei tesori africani si scontra con la legislazione vigente in Francia, che vieta formalmente al governo di cedere parte dei beni di proprietà dello Stato, anche nei casi in cui esistono le prove di un saccheggio, di un furto. Così Savoy e Sarr suggeriscono un emendamento legislativo per consentire il ritorno dei beni culturali sul continente nell'ambito di accordi bilaterali firmati tra la Francia e alcuni paesi africani. Le prime opere da trasferire dovrebbero essere, secondo lo studio dei due esperti, "quelle portate via dal loro territorio di origine durante il periodo coloniale francese". In prospettiva saranno i singoli stati africani interessati a recuperare i propri beni culturali a dover indirizzare formale domanda alle autorità francesi fornendo un inventario.
Un'alzata di scudi arriva invece da mercanti e curatori d'arte che temono lo svuotamento di musei e gallerie d'arte nei paesi occidentali, ma anche di affidare opere preziose ad enti di paesi politicamente instabili e poco sicuri. Nei musei francesi sono conservate circa 90 mila opere d'arte africane, di cui 70 mila sono custodite al Museo del Quai Branly di Parigi, creato dall'ex presidente Jacques Chirac, grande amante d'arte africana ed asiatica. Lato africano, il primo ad aver chiesto la restituzione di sculture, scettri e porte sacre derubati nei palazzi di Abomey, ex capitale del regno di Dahomey, è stato nel 2016 il presidente del Benin Patrice Talon.
Ma non è solo l'Africa che chiede la restituzione delle opere
Una domanda respinta dalla Francia a nome della legge vigente e della tutela dei musei. In realtà a chiedere la restituzione di un ricco patrimonio culturale ed artistico disperso nel mondo sono pochi paesi africani ed alcuni asiatici. Secondo gli esperti francesi, 180 mila oggetti dell'Africa centrale si trovano al Museo reale del Belgio di Tervuren e altri 37 mila dell'Africa subsahariana al Weltmuseum di Vienna. Anche la Germania non è da meno, essendosi portata a casa dal lungo periodo coloniale opere prelevate in Camerun e Namibia.
L'anno scorso il ministro della Cultura Monika Grutters ha dato un segnale di apertura, ma il dibattito sarà presto rilanciato con l'apertura a Berlino nel 2019 del Humboldt Forum, un grande museo etnologico che esporrà opere provenienti dalle ex colonie tedesche. Il British Museum è in possesso di una importante collezione di bronzi del regno del Benin, saccheggiati dall'esercito inglese nel 1897, di cui la Nigeria ha già chiesto restituzione.
Una domanda accolta da Londra, ma solo sotto forma di prestito. La stessa modalità è stata proposta dal Victoria e Albert Museum all'Etiopia per gioielli e manoscritti portati via nel 1868 a Magdala, capitale dell'imperatore Tewodros II. Se diventasse primo ministro, il leader di opposizione laburista Jeremy Corbyn ha già promesso la restituzione ai paesi di origine. Una convenzione dell'Unesco contro l'esportazione illecita di beni culturali è stata approvata nel 1970, consentendo di organizzare sporadicamente restituzioni ma non è retroattiva. Temendo di dover restituire tesori, gli ex paesi colonizzatori hanno ratificato la convenzione anni dopo: la Francia nel 1997, il Regno Unito nel 2002, la Germania nel 2007 e il Belgio nel 2009.