Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, ha definito la visita a Mosca del re saudita Salman - la prima in assoluto di un monarca saudita in Russia - come un "punto di svolta nelle relazioni tra i due Paesi". Una visita che ha avuto una lunga incubazione, poiché era stata stabilita già due anni fa, ma poi posticipata più volte per via delle profonde divergenze geopolitiche tra i due Paesi (sulla Siria, sullo Yemen e sull'Iran). Divergenze che rimangono ma che forse non sembrano più così insormontabili.
Una relazione fatta di cicli
Russia e Arabia Saudita sono abituate ad avere rapporti precari, legati ai cicli storici. L'Urss fu il primo paese a riconoscere il Regno saudita e a instaurarci delle relazioni diplomatiche, nel 1926. Dodici anni dopo, la missione diplomatica sovietica a Jeddah era già stata chiusa, per via del cambiamento delle priorità di entrambe le nazioni, e del fatto che Riad stava sancendo la sua storica alleanza con gli Stati Uniti. Durante la Guerra Fredda, infatti, l'Arabia Saudita è rimasta sempre al fianco di Washington, sostenendone le posizioni anti sovietiche e anti socialiste. Fino alla caduta del muro, e alla ripresa delle relazioni diplomatiche con Mosca nel 1991, quando l'Unione Sovietica era già caduta.
Pochi anni dopo però, nel 1994, esplode il conflitto ceceno nel nord del Caucaso, che in poco tempo stimola una nuova crisi nelle relazioni russo-saudite. L'accusa mossa da Mosca segue uno schema tipico, che poi si ripeterà anche nel futuro: la Russia vede la nascita di un movimento separatista - e islamista - in Cecenia come il prodotto delle ingerenze saudite, vista la crescita della diffusione dell'ideologia wahabita - estranea ai russi musulmani sin lì - proprio in Cecenia.
Una nuova distensione e una nuova rottura
L'inizio del nuovo millennio porta con sè un nuovo periodo di distensione tra i due paesi, con la questione cecena progressivamente ai margini: il punto più alto nei rapporti viene raggiunto nel 2007, quando Putin arriva in visita a Riad, gettando le basi per esplorare le potenzialità di cooperazione economica ed energetica tra i due Paesi. In quell'occasione i sauditi annunciano l'intenzione di investire circa 10 miliardi di dollari nell'economia russa, danneggiata dalle sanzioni imposte dagli Stati Uniti.
Il 2011, l'anno delle primavere arabe, costituisce un nuovo punto di rottura: Mosca vede le primavere come un magnete per l'instabilità e il caos in Medio Oriente, e bolla le rivolte popolari come l'ennesimo episodio delle "rivoluzioni colorate" pianificate dall'Occidente nelle repubbliche ex sovietiche - come in Ucraina - ed in generale in regioni vicine alla Russia. Riad da parte sua tenta sin da subito di sponsorizzare e sostenere alcune fazioni in rivolta contro le autocrazie libiche e siriane in particolare, cioè i principali alleati arabi della Russia sino a quel momento. Progressivamente, le relazioni tra Russia e Arabia Saudita si "appiattiscono", vengono plasmate in misura sempre maggiore dalle opposte posizioni sulla questione siriana in particolare. Ciò diventa ancor più vero quando Mosca salda le sue posizioni - dando luogo ad una vera e propria coalizione in Siria - con quelle di Teheran, acerrimo rivale dell'Arabia Saudita.
Una (parziale) normalizzazione
Il 2015 è invece l'anno di una parziale normalizzazione. Una normalizzazione quasi forzata dagli eventi per quel che riguarda Riad: e' questo infatti l'anno del crollo dei prezzi del petrolio, dell'impegno militare diretto dei russi in Siria e soprattutto dell'accordo sul nucleare iraniano, che pone Riad in una posizione di isolamento perlomeno potenziale, con il suo alleato storico - Washington - che prova a dialogare con Teheran (che a sua volta è legata ai russi).
Oggi Riad è coinvolta nel conflitto siriano indirettamente, poichè finanzia alcuni gruppi di combattenti; nel marzo 2015, ha iniziato una sanguinosa guerra (che pare non essere in grado di vincere) in Yemen, nel tentativo di reprimere gli Houthi, che hanno il sostegno di Teheran; è uno dei primi finanziatori del regime egiziano di Al Sisi, che probabilmente senza i capitali dal Golfo non sarebbe sopravvissuto al potere. Sono tutti aspetti che rendono impossibile a Mosca non riconoscere un ruolo primario nella regione a Riad.
La variabile Trump
Come accennato, però, ogni potenziale opportunità per sviluppare relazioni migliori con Riad, pone a Mosca anche degli ostacoli. Il primo dei quali è certamente il rapporto stretto che la lega a Teheran, difficile da digerire per i sauditi, al quale si lega anche la presenza militare russa in Siria, al fianco di Bashar al Assad (e agli iraniani). La speranza di Riad, in questo senso, è che un avvicinamento a Mosca possa in qualche modo limitare l'influenza iraniana nella regione.
Infine, c'è la variabile Trump, che appare anche la meno prevedibile, la più indipendente. Il presidente americano aumentera' l'impegno nella regione? Proseguirà nel ritiro graduale inaugurato da Obama? Nel primo caso le relazioni russo-saudite potrebbero anche smettere di svilupparsi, e i due Paesi tornare su posizioni di reciproca diffidenza