Silvia Romano, la giovane cooperante italiana rapita in Kenya, sarebbe ancora nella foresta. Questa sembra essere l’unica certezza, oltre che è viva, nella vicenda del sequestro che dura, ormai, da 12 giorni. La polizia nei giorni scorsi è tornata nella foresta dove sono state riscontrate le prima tracce della giovane italiana e dei suoi rapitori. Dove, per esempio, sono state ritrovate le moto, due, abbandonate, utilizzate dai rapitori per i primi spostamenti e dove sono state ritrovate le treccine di Silvia, tagliate dai rapitori per evitare impicci nella fuga e, in particolare, per evitare che la popolazione di quelle aeree potesse riconoscerla. Tanto che i sequestratori, per questo motivo, le hanno fatto indossare il niqab.
È usanza, infatti, delle donne indossarla. In questo modo i sequestratori pensavano di confondere le tracce della giovane italiana. La polizia è tornata in quelle aeree per risentire i testimoni. SI tratta della foresta di Kapangani, come ha documentato in un servizio per Rainews24 l’inviato Enzo Nucci. Una foresta di oltre 500 chilometri quadrati, abitata da circa 20 mila persone insediate in oltre 100 villaggi. Una foresta aspra, con depressioni carsiche, ricca di insidie, popolata di pericolosi serpenti mamba, e difficile da attraversare, ma, nonostante ciò, frequentata dai turisti per la sua bellezza naturale.
Un testimone, infatti, racconta che la foresta è solcata da piccoli sentieri, una macchina non ci può passare, alcuni tratti si possono percorrere con delle moto, altri, invece, sono percorribili solo a piedi. Ecco perché i sequestratori hanno abbandonato le motociclette usate per la fuga.
La polizia, dunque, ha interrogato alcuni testimoni, anche ieri, che avrebbero riferito di aver visto Silvia viva e prigioniera in una casa nelle vicinanze di Garsen, 130 chilometri dal luogo del ritrovamento delle moto. Secondo alcune testimonianze la polizia terrebbe sotto controllo l’abitazione.
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