Nella nona settimana consecutiva di proteste, decine di migliaia di persone a Hong Kong sono tornate di nuovo in strada contro il governo e per chiedere riforme democratiche. La marcia che ha attraversato alcune delle arterie commerciali della città ha causato la chiusura di negozi e l'interruzione del traffico; è anche sfociata in scontri e la polizia ha usato lacrimogeni contro i manifestanti che assediavano un commissariato.
A metà pomeriggio, i manifestanti -120.000, secondo gli organizzatori- si sono radunati nel distretto di Mong Kok, una delle zone dello shopping, teatro degli scontri delle proteste democratiche del 2014. Varie centinaia di manifestanti si sono poi dispersi e hanno circondato il commissariato di Tsim Sha Shui, contro il quale hanno lanciato pietre e di cui hanno incendiato il portone. Pochi minuti dopo la polizia in assetto antisommossa, armata di scudi e maschere antigas, ha sparato gas lacrimogeni; gli attivisti sono allora ripiegati sulle strade laterali, solitamente frequentate da molti turisti.
Molti erano vestiti di nero e hanno infranto i finestrini delle macchine nel parcheggio della polizia, imbrattando di graffiti i muri vicini. Un gruppo di attivisti ha addirittura realizzato una specie di grande fionda per lanciare mattoni in un edificio. Da parte sua, la polizia dopo i lacrimogeni si è fatta strada a manganellate, effettuando numerosi arresti.
Sin dalla mattinata erano state decine di migliaia i manifestanti scesi in strada, che intonavano a mo' di slogan il mantra "siate acqua": è una sorta di inno all'imprevedibilità preso in prestito dalla leggenda delle arti marziali, Bruce Lee e che ben si adatta alla natura di un movimento senza leader. Molte le strade invase dalle barricate, persino un tunnel del porto è stato bloccato per breve tempo.
Alcuni manifestanti hanno anche fatto un passo insolito: creare barricate improvvisate per bloccare il tunnel di Cross Harbor a Hung Hom che collega Kowloon con l'isola di Hong Kong. La folla ha occupato tutte le corsie fuori dal tunnel, paralizzando il traffico per circa un'ora, a conferma del mutamento nelle tattiche dei manifestanti, in particolare i giovani che di solito sono in prima linea.
È da due mesi che Hong Kong è teatro di manifestazioni, spesso seguite da violenti scontri tra polizia e piccoli gruppi dell''ala dura' del movimento. La protesta è nata contro la legge che prevedeva l'estradizione verso la Cina; ma adesso si è allargata ad una più vasta richiesta di garanzie per la libertà, che a detta dei dissidenti vanno progressivamente assottigliandosi via via che la presa della Cina sull'ex colonia britannica a statuto speciale si fa più stringente.
Apparentemente, non c'è alcun segno che il caos si stia attenuando. Negli slogan e nei canti intonati nei cortei si chiede agli altri residenti della Regione amministrativa speciale di aderire allo sciopero indetto per lunedì. Ma anche domani sono previste due marce e si temono ulteriori scontri. Oggi un gruppo di manifestanti - separatosi dal corteo autorizzato dalle autorità - ha anche staccato dall'asta una bandera cinese per poi gettarla in mare. Resta da vedere fino a quando Pechino resterà a guardare.