Oggi le prime pagine dei giornali australiani sono nere, in risposta a vent’anni di norme repressive nei confronti della libertà di stampa. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, riferisce SBS News che è tra le testate coinvolte nella protesta, è stato l’annuncio di un’indagine governativa sulla libertà di stampa: occasione che i giornalisti hanno colto per ribadire come le legislazioni sull’intelligence e sulla sicurezza nazionale hanno lasciato i reporter senza mezzi, oltre a terrorizzare i whistleblower.
Parola ormai di uso comune in tutto il mondo, si riferisce a quanti decidono di denunciare possibili reati o comportamenti non etici di cui sono stati testimoni, rivolgendosi ai giornalisti o alle associazioni per la trasparenza. Dopo le vicende di Edward Snowden e di Chelsea Manning, oggi la figura del whistleblower è riabilitata pressoché in tutto il mondo occidentale, dove è accolta come un efficace deterrente alla corruzione. Anche in Italia il termine è sinonimo di trasparenza, avendolo adottato diverse pubbliche amministrazioni e la stessa Autorità Nazionale Anticorruzione per raccogliere le segnalazioni dei cittadini.
Diversamente, in Australia i giornalisti faticano a proteggere le proprie fonti, la cui identità può essere compromessa dall’attività investigativa delle procure che, denuncia la Coalizione Australiana per il Diritto a Conoscere, fanno ampio uso della perquisizione nelle case dei giornalisti del Paese. A questo è dovuto lo sciopero dei giornali, che nel silenzio delle proprie prime pagine vuote hanno richiamato l’attenzione su “leggi che continuano a erodere la libertà dei media in modo che i governi possano insabbiare le informazioni [nascondendole] al pubblico”, denuncia la Coalizione, che coordina la protesta.
Ad aumentare la tensione sul tema della libertà di stampa è stata, a giugno, la notizia che la polizia federale australiana aveva fatto irruzione a casa della giornalista Annika Smethurst (oltre che negli uffici della rete ABC), in seguito a una serie di inchieste sulla cattiva condotta delle forze speciali australiane impegnate all’estero. La giornalista aveva ricevuto preziose informazioni da una fonte anonima. A oggi, precisa Sbs News, non è chiaro se la giornalista verrà indagata.
“Diversi giornalisti mi hanno detto che, da quando ci sono state quelle irruzioni, hanno perso molte fonti e hanno dovuto rinunciare ad alcune storie- ha dichiarato Paul Murphy, capo del sindacato dei giornalisti - Le fonti hanno visto nei raid del governo un chiaro messaggio”.