AGI - Il rischio che la Siria si trasformi in un "buco nero" del Medio Oriente, le possibilità che Donald Trump riesca a imporre una tregua in Ucraina e a favorire una stabilizzazione internazionale ma soprattutto l'incognita Iran, il Paese da monitorare più attentamente: sono questi gli scenari che l'ambasciatore Giampiero Massolo ha tratteggiato nel podcast di AGI 'L'anno che verrà', in una puntata dedicata alla geopolitica del 2025.
"Sull'Iran possono ci sono due possibili alternative", spiega l'ex segretario generale della Farnesina, "la prima è che Teheran, indebolita, sia indotta a tendere la mano agli Usa e all'Occidente, la seconda è che l'Iran si butti anima e corpo provocando una reazione militare da parte di Israele, e chissà, vedremo Trump, anche da parte degli Stati Uniti. Quella è la crisi certamente da seguire in questo momento".
Per Massolo la Siria del dopo-Assad potrebbe trasformarsi un "buco nero" per la regione. "La crisi siriana è una crisi strana", osserva, "nel senso che da un lato buona parte dei protagonisti è interessata o dovrebbe essere interessata a evitare che la Siria imploda perché l'implosione della Siria è un buco nero nel centro del Medio Oriente che in qualche modo risucchia e condiziona la stabilità di tutti gli altri".
"Trasformare la Siria in quello che rischiò di essere qualche anno fa, una base per il nuovo islamico e per rinascita dell'Isis è un rischio gravissimo sia per la regione che per l'Europa e i Paesi circostanti", avverte Massolo.
A suo avviso il "paradosso è che ognuno dei protagonisti persegue anche un proprio interesse di settore che rischia di far implodere quel Paese": "Israele proietta la sua sicurezza ben oltre il confine e vuole una sua fascia di sicurezza all'interno della Siria. La Russia cerca di salvaguardare le sue basi sulla costa. La Turchia non chiede di meglio che allargare la propria sfera di influenza al nord e non solo, e crearsi una zona cuscinetto che regoli una volta per tutte anche i curdi. L'Iran cerca di salvaguardare quello che resta della comunità alauita, e non è poco, perché è di confessione sciita".
"Su tutto questo", aggiunge, "regna un'incertezza sulla nuova presidenza degli Stati Uniti con Trump che ha detto in maniera chiara che la Siria non è affare degli Stati Uniti ma che certo non può ignorare la stabilità del Medio Oriente perché solo un medio Oriente stabile gli consente di concentrarsi sulla priorità che è l'Indo-Pacifico". Infine ci sono "i Paesi del Golfo che non vogliono perdere la prospettiva di una pacificazione con Israele attraverso il ritorno alla logica degli Accordi di Abramo ma che vedono malissimo un ampliamento dell'influenza turca in Siria".
Uno scenario complesso che, sottolinea Massolo, "rischia di essere governato da quella che era l'affiliazione siriana di Al Qaeda, che si chiamava Al Nusra, e che adesso si accredita come un movimento moderato, quasi addirittura filo-occidentale, in un mosaico frastagliato, pieno di etnie, di affiliazioni religiose, di bande armate e di jihadisti. È una situazione da monitorare con grandissima attenzione perché rischia di essere un focolaio serio di ulteriore instabilità".
Diversa la situazione per Libano e Striscia di Gaza, dove i successi militari di Israele e l'indebolimento dell'influenza iraniana potrebbero aprire spiragli per una stabilizzazione. "Con Hamas gli israeliani hanno sostanzialmente regolato i conti da un punto di vista militare", osserva l'ex segretario generale della Farnesina. "La ragione che ritardava un cessate il fuoco era duplice per Netanyahu", spiega, "da un lato non essere costretto a negoziare un ritiro dalla Striscia in cambio della vita degli ostaggi e la seconda era non fare la pace troppo presto per non fare un favore a Biden sfavorendo Trump".
"Ora questo si è risolto con la vittoria di Trump e non a caso Trump e Netanyahu si consultano al telefono ripetute volte e Hamas non è più in grado militarmente di condizionare niente e nessuno e una forma di cessate il fuoco viene quasi da sè e una forma di liberazione degli ostaggi negoziata al minimo possibile potrebbe essere una logica soluzione. Come sempre il diavolo è nei dettagli però mi sembra che ci stiamo avvicinando".
Per Massolo "lo stesso discorso vale per Hezbollah: Israele lo ha sconfitto militarmente anche se ha accettato implicitamente che abbia un ruolo ancorché minoritario nella vita politica libanese ed è proprio per evitarne il riarmo che si sta espandendo sulle alture del Golan e oltre per chiudere agli iraniani quel corridoio. Anche con Hezbolah questi cessate il fuoco possono essere abbastanza a portata di mano".
Sul fronte russo-ucraino il 2025 potrebbe portare almeno un cessate il fuoco: "difficile ipotizzare un vero e proprio negoziato", spiega Massolo, "troppi morti, troppi drammi, e molta difficoltà a portare al tavolo negoziale soprattutto Putin che in questo momento ritiene di avere una situazione di vantaggio sul terreno". Tuttavia la "fase di esaurimento sul terreno" per entrambi gli schieramenti e la stanchezza delle opinioni pubbliche occidentali potrebbero offrire a Donald Trump "un'occasione" per imporre il cessate il fuoco. "Resta sul tavolo con tutta la sua attualità il tema delle garanzie di sicurezza all'Ucraina e quindi all'Europa intera, questo però è un tema che si porrà nel corso dell'anno e non immediatamente".
Difficile fare previsioni sulla presidenza Trump: "Sicuramente ci sarà un inasprimento dei toni nei confronti della Cina, il Congresso è unanime su questo, d'altra parte ci sarà un tentativo di non coinvolgere gli Stati Uniti nei conflitti ma di agire mettendo sul piatto il prestigio Usa per evitare che si perpetuino conflitti suscettibili di coinvolgere gli Stati Uniti e per questo entro certi limiti la presidenza Trump rischia di avere un effetto stabilizzante che sicuramente non è nelle attese della vigilia".
Per Massolo "chi non deve dormire sugli allori è l'Europa che verrà messa davanti alle proprie responsabilità". "L'idea che si possa viaggiare gratis è finita", aggiunge, "servirà un accrescimento delle spese per la difesa è da ritenere necessario e più in generale un accrescimento del protagonismo sulla scena internazionale. Il timore è che l'Europa una volta di più non si a porsi come un 'unicum' ma ceda alla lusinga di andare in ordine sparso, lusinga che Trump incoraggerà molto attivamente per evitare di trovarsi davanti un blocco sociale ed economico unito". "La sfida", avverte, "è soprattutto per i Paesi europei a cominciare dal nostro".