La Cina è pronta ad aprire un nuovo collegamento ferroviario con l’Italia. Le autorità logistiche della ferrovia che collega Chongqing a Duisburg (Yu’Xin’Ou), una delle prime strade ferrate per il trasporto delle merci dal Sud Ovest della Cina all’Europa, stanno valutando la possibilità di creare un punto di smercio a Milano. Lo ha detto Li Bin, vice direttore alla logistica della municipalità di Chongqing, megalopoli sudoccidentale da oltre 30 milioni di abitanti, snodo strategico dell’iniziativa Belt and Road (Una Cintura una Via, 一带一路), il progetto infrastrutturale da oltre cento miliardi di dollari lanciato dal presidente Xi Jinping nel 2013 per integrare l’Asia e l’Europa via terra e via mare.
Dopo l’annuncio del nuovo trasporto merci a partire da settembre da Chengdu a Pavia, passando da Varsavia, e che servirà il capoluogo lombardo, i piani di espansione tranviaria di Pechino con l’Italia non si fermano: “Vogliamo arrivare a Milano entro quest’anno”, ha detto Li Bin all’AGI nel corso di una intervista organizzata da Radio Cina Internazionale con altri giornalisti italiani. “Abbiamo avuto contatti preliminari con il consolato italiano e apriremo presto un canale ufficiale con Trenitalia”.
La linea attraversa sei Paesi ed è lunga 11,170 chilometri
Inaugurata il 18 gennaio 2011, lunga 11,170 chilometri, la ferrovia Yu'Xin'Ou (渝新欧) colle
La conferma dell’interesse cinese a investire sulle ferrovie italiane arriva dal console italiano di Chongqing, Sergio Maffettone: “Stiamo spingendo le autorità che gestiscono la ferrovia intercontinentale a visitare Milano, Trieste, Verona, per verificare la sede migliore per l’apertura di un ramo della linea nel Sud Europa”. L’interesse c’è. Una data non ancora. Il nome cinese Yu'Xin'Ou è un bel programma: “Xin” (新) indica il Xinjiang e “Ou” (欧) l’Europa (Ouzhou), mentre “Yu” (渝) è l’abbreviazione di Chongqing derivante dall’antico nome del fiume Jialing, che l’attraversa insieme allo Yangzte. Il carattere ha il doppio significato di “scorciatoia” e “cambiamento” e suona oggi come un lasciapassare.
Perché raggiungere l'Italia via terra diventa strategico per Pechino
Milano, Trieste o Verona. La posizione dell’Italia nel Mediterraneo è strategica per Pechino, che dopo aver comprato il Pireo sta cercando nuovi itinerari d’accesso all’Europa. Proprio nei giorni scorsi una delegazione del Ministero dei Trasporti cinese ha fatto tappa a Trieste in occasione del 14th Implementation Meeting of Eu-China Maritime Agreement (10-12 luglio), confermando l’impegno della Cina a valutare un investimento sui porti italiani, come emerso nel corso della recente partecipazione del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni al Forum internazionale di Pechino sulla Via della Seta (14-15 maggio).“La leadership cinese ha dichiarato esplicitamente l’intenzione di volere investire su Trieste e Genova. Avverrà. C’è una data x; c’è un impegno”, aveva affermato il presidente del Consiglio. E non c’è concorrenza con il porto del Pireo: “Sono progetti diversi che possono essere sviluppati in modo diverso e parallelo”.
Gentiloni ha dunque garantito all’Italia l’ingresso a pieno titolo nella Nuova Via della Seta. Del resto la partecipazione italiana potrebbe fruttare al fisco incassi per circa un miliardo e mezzo di euro. Il governo italiano vuole offrire ai cinesi una via complementare alla ferrovia che Pechino ipotizza di costruire per collegare il porto greco all’Europa attraverso i Balcani, e suggerisce di sfruttare anche i sistemi portuali e ferrati già esistenti - e già pronti - come Trieste. “I porti italiani non sono alternativi ma complementari al Pireo” ha spiegato l’ambasciatore italiano Ettore Sequi “sia perché sono immediatamente disponibili ed estremamente ben collegati, mentre dal Pireo occorre ancora costruire adeguati e onerosi collegamenti ferroviari attraverso i Balcani; sia perché è difficile far transitare solo attraverso un porto l'assai ingente numero di container che dall'Asia giungono nel Mediterraneo”. E la presenza a Pechino del presidente del Consiglio “ha dato un segno plastico dell’interesse e della serietà con cui l’Italia guarda a questo progetto”. Porti e ferrovie rientrano nella stesso disegno. Non sono in concorrenza: servono mercati diversi. Per quei prodotti di valore che devono essere spediti velocemente, quali elettronica e auto di lusso, il treno è più conveniente della nave. “Si risparmiano circa 35-40 giorni”, stima Li Bin, che ci riceve nel suo ufficio in via del Popolo nel centralissimo distretto di Yuzhong. “Il treno è perfetto per i beni di nicchia dove il costo del trasporto incide sul prezzo finale”, spiega Maffettone. Chongqing ha una fortissima industria automobilistica, l’anno scorso è cresciuta dell’11,35%. Fiat e Iveco sono presenti con investimenti produttivi da 8 anni. Maserati punta a una crescita del fatturato del 47% quest’anno.
L’apertura di uno scalo ferroviario di Chongqing in Italia “non solo darebbe un forte impulso all’esportazione del Made in Italy in Cina”, ha dichiarato Maffettone “ma entrerebbe nella strategia dell’Italia a livello nazionale che punta a valorizzare il sistema portuale. La visita del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio al seguito del presidente Mattarella, nel febbraio scorso, ci fa sperare che questa collaborazione crei delle concrete opportunità per le nostre imprese sia sul piano della logistica sia sul piano del commercio”.
Una nuova ragnatela di infrastrutture
Le merci viaggiano via terra sfruttando la nuova ragnatela di infrastrutture che la Cina sta costruendo. Le rotte si moltiplicano: ci si muove da Chengdu a Rotterdam, da Chengdu a Lodz, da Suzhou a Varsavia, da Zhengzhou ad Amburgo, da Yiwu a Madrid e oggi anche a Londra. In tutto sono circa 50 le linee che si diramano da queste rotte e 22 le città cinesi collegate. Nel dicembre dell’anno scorso il Consiglio di Stato ha annunciato un nuovo piano di investimento di 3,5 trilioni di yuan (503 miliardi di dollari) entro il 2020 per costruire 30mila chilometri di nuove linee ad alta velocità che andranno ad aggiungersi agli attuali 19mila.
I cinesi di Chongqing non hanno una roadmap, stanno studiano le alternative. Verona è interessante per la direttrice Brennero. Ma si guarda soprattutto a Milano e a Trieste.
La lombardia è la regione più amata dai cinesi
Tra il 2000 e il 2016, l'Italia si è piazzata al terzo posto tra le destinazioni degli investitori cinesi nel vecchio continente, a quota 12,8 miliardi di euro, dietro la Gran Bretagna (a 23,6 miliardi) e la Germania, in seconda posizione a 18,8 miliardi di euro. Basta citare alcune tra le maggiori operazioni: ChemChina su Pirelli, Hutchinson Whampoa su H3G, Shanghai Electric su Ansaldo. E poi ancora: il calcio, prima l’Inter e poi Milan. E poi ancora, Lenovo e Huawei. Al 2016 “sono 168 gli investitori cinesi in Italia, in crescita del 7%, e 74 le società di Hong Kong, per un totale di 242 gruppi”, dice all’AGI Alberto Rossi, responsabile Marketing Operativo e Analista CeSIF, Centro Studi per l'Impresa della Fondazione Italia Cina. Secondo il rapporto annuale Cina 2017 “le aziende italiane partecipate sono 509 e fatturano 12,2 miliardi di euro, occupando 21,501 dipendenti. Di queste, il 43% sono lombarde, in crescita rispetto al 38,3% del 2015”. La Lombardia si conferma dunque la regione più amata dai cinesi. Seguono Lazio (16,6%), Emilia Romagna e Veneto (7,3%).
L’attrattività di Milano per gli investitori cinesi è presto spiegata. “La Via della Seta non è solo un progetto logistico-infratrutturale”, ha detto Rossi. La ricerca dei terminali marittimi e terrestri è la prima tappa di un piano più ampio: “Belt and Road è soprattutto il progetto di nuova globalizzazione che punta a tutelare gli interessi cinesi all’estero”. Si tratta chiaramente di una visione che apre numerose opportunità per i porti e le ferrovie. Ma attenzione: è sbagliato limitarsi all’idea che la Cina stia cercando solo nuove rotte commerciali. “Pechino è nel pieno del processo di conversione del modello economico da una eccessiva dipendenza alle esportazioni a una maggiore promozione dei consumi interni. Risultato, l’export incide sempre meno sul tasso di crescita del Pil: l’anno scorso i consumi interni hanno inciso per il 64,6%, gli investimenti per il 42,2% e l’export per il -6,8%”, ha detto Rossi. Il cambiamento dell’economia è evidente anche se si guardano i dati dell’interscambio: “Nel 2016 la Cina ha esportato nel mondo 2,98 mila miliardi di dollari, in calo del 7,7 rispetto al 2016. L’import è passato a 1.587miliardi con un calo del 5,5%”. La Cina punta sui consumi interni e sull’innovazione della manifattura, gli obbiettivi del piano Made in China 2025. Senza dimenticare che la Via della Seta è anche un modo per indirizzare la sovraccapacità produttiva, tipicamente per l’acciaio, verso nuovo mercati.
Milano per i cinesi è il cuore dell'innovazione tecnologica, del design e del lusso
Ciò detto, la performance dell’Italia è positiva e l’anno scorso ha ridotto il deficit commerciale nei confronti della Cina, che scende sotto i dieci miliardi di dollari, grazie a un aumento delle esportazioni (+4%) e una diminuzione dell’import (-3%) rispetto al 2015. Milano è per i cinesi il principale sbocco di riferimento sia come capoluogo lombardo, sia per l’interscambio sia per gli investimenti. “E’ il cuore dell’innovazione tecnologica, del design e del lusso”, ha concluso Rossi. “Come disse l’ex ambasciatore cinese in Italia Ding Wei, ‘Roma la capitale, Milano il capitale”.
Trieste, hub strategico per il trasporto ferroviario e navale
Trieste è una meta strategica per collegare treni e navi. L’Italia vuole offrire ai cinesi l’alternativa dei porti italiani, l’Alto Adriatico e l’Alto Tirreno, che il governo sta riqualificando. Soprattutto da quando, con il decreto attuativo del 27 giugno scorso, è diventata ufficialmente porto franco internazionale (cioè libero da dazi doganali o con regolamentazione dei tassi favorevoli) unico in Europa. Nella sfida delle nuove rotte internazionali il porto franco del Friuli-Venezia Giulia si sta posizionando bene: “I fondali profondi fino a 18 metri le consentono già di accogliere le navi provenienti dall’Asia”, ha ribadito Maffettone. E proprio con Duisburg, punto di approdo più utilizzato per lo scalo delle merci cinesi in partenza da Chongqing, Trieste ha firmato il 9 giugno scorso un accordo di cooperazione per lo sviluppo di aree logistiche intermodali.
Treni che trasportano soprattutto merci elettroniche di largo consumo
I treni merce che partono dalla Cina trasportano soprattutto prodotti elettronici e laptop, di cui Chongqing è leader mondiale (ne ha prodotti 55 milioni nel 2014, il 25% del totale), tessili e arredamento. Dalla Germania tornano carichi di componenti automobilistici e pezzi di ricambio, latte in polvere, cosmetici e birra. Il maggiore cliente tedeschi è la casa Ford; tra i cinesi spiccano Foxconn, la fabbrica di Shenzhen dove si producono gli iPhone, e il gigante dell’e-commerce Jd.com. “Stiamo trattando anche con Alibaba”, dice Li Bin. I container affollano il centro logistico di Chongqing, stazione di partenza dei treni merce, dove è situato il chilometro zero. L’area di carico e scarico delle merci non è accessibile, ma durante la visita al deposito il capo magazziniere ci spiega che “il 90% delle merci arrivate oggi sono state ordinate online”.
I dipendenti in uniforme arancione stanno stoccando pacchi pieni di una famosa marca tedesca di latte in polvere, Aptimil. Il traffico è in aumento: dal 2011 a oggi sono partiti e tornati oltre 1140 treni. Nel 2016 hanno viaggiato 432 treni, 279 in andata e 153 di ritorno 153. “Un gap che vogliamo riequilibrare”, ha detto Li Bin. I primi anni i treni dalla Germania alle volte non partivano perché erano vuoti: “I ritorni rappresentavano solo il 20% del totale, oggi puntiamo al 60%”, ha detto Li. “Cresce l’importazione di birra polacca e di vino francese e vogliamo promuovere anche i vini italiani”, un mercato che nel 2015 è cresciuto del 39%. Ma per Li gli squilibri commerciali dipendono anche dalle sanzioni europee contro la Russia.
La necessità di ridurre la dipendenza dalle rotte marittime
Secondo i dati statistici elaborati dalle dogane cinesi, i treni hanno trasportato 42mila TEU per un valore di oltre 18miliardi di yuan, registrando una crescita del 25% anni su anno. Si prevede che entro il 2017 il numero dei treni salirà a 500. Seppure in crescita, i numeri del trasporto ferroviario impallidiscono di fronte al valore delle spedizioni marittime. Secondo i dati del World Shipping Council relativi al 2013, ogni anno tra Asia ed Europa viaggiano via nave container per un valore stimato di oltre 20 milioni di TEU. Aumentare le connessioni ferroviarie con l’Europa è strategico per Pechino non solo per attrarre investimenti nelle remote province occidentali, ma anche per ridurre la dipendenza dalle vie del commercio marittime, principale canale per l’importazione di energia, in un’epoca in cui le acque del Mar Cinese Orientale e Meridionale sono agitate a causa della querelle su diverse isole contese.
La ferrovia è gestita da Yuxinou (Chongqing) Logistics Co., Ltd, compagnia logistica nata nel maggio del 2012 in joint venture tra gli enti cinesi Transport Holding Chongqing (CQCT) e China Railway International Multimodal Transport (CRIMT), la russa JSC Russian Railways Logistics, la tedesca Schenker China Ltd. E la kazaka JSC Kaztransservice. La compagnia ha adottato uno modello di sdoganamento unico, cioè le merci vengono sdaziate solo all’arrivo, e ciò ha consentito di “ridurre i costi del 50%”. Oggi "trasportiamo anche la posta" e per il futuro c’è l’ipotesi di “introdurre treni charter per gruppi turistici”.
Chongqing, uno snodo fondamentale sulla Via della Seta
Chongqing è uno degli snodi principali della Nuova Via della Seta. La città-provincia della Cina sudoccidentale cresce a due cifre (10,7 %) e con i suoi 30 milioni di abitanti si classifica al nono posto tra le regioni con il più alto tasso di urbanizzazione (+60,9%). Da quando nel 1997 Pechino l’ha slegata da Chengdu, capoluogo della provincia del Sichuan, il suo nuovo status amministrativo di municipalità (Zhixiashi, 直辖市) l’ha resa potente come una provincia. E ha rafforzato il controllo diretto di Pechino su una città storicamente strategica, dagli anni in cui fu capitale temporanea durante la seconda guerra mondiale grazie alla forte industria bellica, agli anni dell’ex leader Bo Xilai che la ripulì dai criminali e promosse politiche sociali a favore degli immigrati, dando via a un revival del maoismo che lo portò all’espulsione dal Partito e all’ergastolo nel 2012: il più grande scandalo politico degli ultimi venti anni.
Attraversata dal Fiume Azzurro (Yangtze) e dal suo affluente Jialing, è il maggiore porto fluviale cinese (Guoyan) collegato direttamente al Mar Cinese Orientale (Shanghai) e quindi alle rotte del Pacifico. Oltre a essere il capolinea di uno dei maggiori collegamenti ferroviari con l’Europa. E il governo cinese, che con la politica del “Go West” ha riversato massicci investimenti nelle zone più arretrate del Paese, l’ha scelta per guidare il risveglio dell’economia dell’entroterra, rimasta indietro rispetto alla crescita dei primi venti anni di riforma e apertura (gaige kaifang) a vantaggio delle province orientali. Riequilibrare l’est e l’ovest della Cina presuppone una maggiore apertura ai mercati internazionali. La risposta è la Nuova Via della Seta, che ha consolidato l’influenza di Chongqing nella proiezione globale di Pechino. Strade, ferrovie, porti, aerei: le merci affluiscono qui da molti canali.
E anche l’Italia rientra in questo disegno. In estate verrà firmato l’accordo per il parco industriale sino-italiano nel distretto di Liang Jiang (两江), punto nevralgico della nuova area pilota di libero scambio di Chongqing (Free Trade Zone, FTZ) inaugurata lo scorso aprile dal Consiglio di Stato e dove Pechino ha già annunciato un nuovo investimento di 80,2 miliardi di yuan (11,6 miliardi di dollari) per creare un nuovo polo manifatturiero e finanziario. Attraversando la città dove piove sempre, il taxi taglia la nebbia e ci lascia al civico 1 di Xingguang Dajie (重庆星光大街). Ci ritroviamo davanti a una specie di arco di trionfo: i gradini di marmo portano a un’enorme porta bianca sotto cui si erge la statua di un cavallo al galoppo, di colore rosso lacca. “Quello che vedete riprodotto è il carattere Chuang (闯), che significa “procedere con coraggio”, ci spiega Zheng Hang, vice direttore dell’ufficio di amministrazione del nuovo distretto, che ci accoglie in cima alla scalinata. L’ideogramma si compone di due radicali (microparticelle che costituiscono i caratteri): “men”, 门, porta, e “ma”, 马, cavallo. Finezze cinesi. Tutte le strade portano a Chongqing.