La Corea del Nord ha deciso che chiuderà a maggio il sito nucleare di Punggye-ri, nel nord-est del Paese, in linea con quanto annunciato la settimana scorsa, quando era stata resa nota anche la sospensione dei test missilistici. Kim Jong-Un ha assicurato che la chiusura del sito avverrà sotto gli occhi degli ispettori della Corea del Sud e degli Stati Uniti, e dei giornalisti (Kim si sta affermando anche come il primo leader nord-coreano a mostrare una relativa disinvoltura con la stampa).
Punggye-ri ha avuto un ruolo cruciale nello sviluppo del programma nucleare nordcoreano, ed era stato usato per i sei test condotti dal regime, di cui l'ultimo il 3 settembre scorso. Aveva mostrato un forte rallentamento nell'attività e una riduzione del personale intorno alla metà di marzo scorso, mentre si profilava all’orizzonte la possibilità di un vertice tra il leader nord-coreano e il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (che dovrebbe avvenire entro giugno anche se non sono ancora stati resi noti luogo e data).
Nel corso degli anni erano state molte le speculazioni sul sito e sull'area circostante, tutte difficilmente verificabili, a cominciare dalla possibile radioattività del suolo, a causa dell'intensa attività atomica.
I sismologi cinesi hanno stabilito che il sito non fosse più operativo giacché la montagna aveva dato segni di cedimento dopo l’ultimo, potentissimo, test. Una versione che contrasta con il sito di analisi nord-coreano 38 North, secondo cui, invece, Punggye-ri sarebbe ancora operativo.
Più che un reale segnale da cui cogliere la disponibilità di Kim a rinunciare al suo arsenale nucleare, gli analisti cinesi vedono nella chiusura di Punggye-ri una mossa tesa a conquistare la fiducia della comunità internazionale, dopo la stretta di mano e il caloroso abbraccio con cui i leader delle due Coree, Moon Jae-in e Kim Jong-un, venerdì 27 aprile, hanno suggellato la promessa di arrivare alla pace entro la fine dell’anno (ponendo fine a 65 anni di guerra) e raggiungere la “completa denuclearizzazione” della penisola.
Un punto, questo, rimasto poco chiaro: Kim non ha formalmente specificato come intenda perseguire il processo di denuclearizzazione, che, secondo gli esperti, non corrisponde alla rinuncia delle armi atomiche, come invece chiedono da tempo gli Stati Uniti.
La dichiarazione di Panmunjon parla di “denuclearizzazione” della penisola in termini generici, senza entrare nel dettaglio. Gli analisti restano scettici sulle reali intenzioni di Kim, che difficilmente potrebbe rinunciare al suo arsenale nucleare dopo aver conquistato lo status di potenza nucleare. “Del resto le grandi potenze nucleari non hanno bisogno di testare”, aveva detto il professore di Bologna Antonio Fiori all’Agi in un’intervista dei giorni scorsi. “E attenzione: Kim ha annunciato lo stop ai test missilistici e lo smantellamento del sito nucleare di Punggye-ri, non ha detto che abbandonerà il nucleare", aveva sottolineato Fiori.
Non è escluso che Kim abbia in mente di allungare i tempi il più possibile, con l’obiettivo di liberarsi dalle sanzioni e rilanciare la riforma economica. Non solo: ponendo la questione della denuclearizzazione in termini globali, è probabile che egli intenda rinunciare all'arsenale solo quando a farlo saranno anche altri Paesi.
Cosa intende Kim per denuclearizzazione
La Corea del Nord ha ripetuto nel corso degli anni che potrebbe prendere in considerazione la possibilità di rinunciare al suo arsenale nucleare se gli Stati Uniti rimuovessero le proprie truppe dalla Corea del Sud e ritirassero il cosiddetto ombrello nucleare di deterrenza dalla Corea del Sud e dal Giappone.
Alcuni esperti sono convinti che la volontà di Trump di incontrare Kim abbia consegnato alla Corea del Nord una vittoria diplomatica, dal momento che gli Stati Uniti avevano insistito per anni sul fatto che qualsiasi summit di questo tipo fosse preceduto da misure nordcoreane per la denuclearizzazione. Ma il presidente americano ha accettato subito l’invito a sorpresa del leader di Pyongyang senza precondizioni, commettendo un clamoroso errore, secondo gli studiosi interpellati dall'Agi.
Un portavoce del governo sud-coreano, Yoon Young-chan, ha rivelato al New York Times alcuni dettagli del summit di venerdì scorso. “Non sono il tipo di persona che spara con armi nucleari contro la Corea del Sud, il Pacifico o gli Stati Uniti", avrebbe detto Kim a Moon Jae-in, forse durante il colloqui privati, seduti sulla panchina di legno. "Se ci riuniamo con regolarità con gli americani per cementare la fiducia e loro promettono di non farci guerra o invaderci, perché mantenere un arsenale nucleare e vivere in condizioni così dure?"
Mentre si susseguono altri segnali di “riconciliazione e unità” - Pyongyang dal 5 maggio adotterà lo stesso fuso orario sud-coreano e nei prossimi giorni inizierà a smantellare gli altoparlanti della propaganda - le cancellerie di Corea del Sud, Stati Uniti e Cina sono in fibrillazione. Il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, sarà impegnato in una visita alla Corea del Nord dal 2 al 3 maggio, mentre secondo Mingjing News, il presidente cinese, Xi Jinping, che probabilmente non è intenzionato a perdere la centralità sulla penisola coreana dopo averla riaffermata nel marzo scorso, potrebbe visitare la Corea del Nord prima del previsto, forse a giungo (prima che Kim veda Trump).
Il presidente sud-coreano, Moon, il vero artefice del disgelo, concede a Trump la convinzione che siano state le pressioni americani imposte alla Corea del Nord a convincere Kim a fermare i test missilistici, e a sedersi al tavolo delle trattative, dove il presidente americano spera di avanzare una serie di richieste, sicuro che Pyongyang le accetti. Se Trump resta ottimista sul futuro delle relazioni con la Corea del Nord, e aspetta di incontrare Kim nel giro di 3-4 settimane, proponendo oggi via Twitter Panjumon, il villaggio nella zona demilitarizzata al confine tra le due Coree, come sede dell’attesissimo incontro, i due falchi del presidente preparano il terreno.
Il segretario di Stato Mike Pompeo, noto per i toni duri sul regime nord-coreano, un'intervista in esclusiva all'Abc News, ha parlato di una "reale opportunità" di progresso verso l'obiettivo della denuclearizzazione della penisola coreana, e ha riferito di come durante la sua visita segreta a Pyongyang all'inizio del mese scorso, lui e Kim abbiamo discusso in modo approfondito di un "meccanismo completo, verificabile e irreversibile" di denuclearizzazione. Il consigliere per la sicurezza nazionale americano, John Bolton, ha già in mente un modello: la denuclearizzazione della Libia del 2003-2004, ha detto intervenendo sulla FoxNews.
L'agenzia Bloomberg sottolinea come Kim stia pressando il presidente americano per ottenere un alleggerimento del regime sanzionatorio prima del summit, senza aver ancora avanzato concrete concessioni.
Resta poi da stabilire un protocollo di verifica dei progressi sull'abbandono del nucleare: la Corea del Nord ha cacciato gli ispettori dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (Aiea) nell'aprile 2009, poco prima del secondo test nucleare, e quale sia effettivamente la situazione sul piano delle strutture che producono energia nucleare e' difficile da valutare.
Le attenzioni si concentrano, oggi, sul centro di ricerca nucleare di Yongbyon, che avrebbe dato segnali di attivitaà il mese scorso, destando nuovi dubbi sulle reali intenzioni del regime, prima della chiusura di uno dei reattori, avvenuta a fine marzo, secondo le immagini satellitari consultate dagli analisti del sito web 38 North.
Proprio sul mancato accordo per un protocollo di verifica del programma nucleare, seguito dalla ripresa di attività al complesso di Yongbyon, si erano incagliati definitivamente, alla fine del 2008, i colloqui a sei sul programma nucleare di Pyongyang tra Corea del Nord, Corea del Sud, Cina, Giappone, Russia e Stati Uniti.