Nike ha ormai una certa esperienza nel cogliere la palla al balzo e attuare strategie di comunicazione istantanee per rafforzare il proprio brand. Un modo anche per contrastare dure critiche sulle pessime condizioni di lavoro dei suoi operai, tra cui bambini, in paesi quali Cina, Thailandia, Corea del Sud, Vietnam e Cambogia.
Potrebbe proprio rientrare in questa strategia la decisione di aver scelto un giovane nigeriano per realizzare una edizione limitata chiamata ‘Nike by Native’ in tessuto locale adire. Questa per la Nike è in realtà la seconda collaborazione con il paese dell’Africa occidentale, dopo il successo della maglia della nazionale nigeriana ai Mondiali di calcio in Russia dello scorso anno. Non appena messo in vendita, il kit per i mondiali erano andati a ruba mentre sui mercati di Lagos proliferano copie.
(foto di @ToyeSokunbi , redattore di 'The Native Magazine' (Nigeria)
Questa volta la multinazionale statunitense si è rivolta all’influente rivista culturale ‘The Native Magazine’, diretta da Seni Saraki, con l’obiettivo di rendere omaggio ad una nazione che va matta per il calcio. Il risultato è stato una t-shirt ispirata all’adire, tessuto tipico nigeriano, che fa riferimento al calcio giocato in molte strade della Nigeria, chiamato ‘Monkey Post’, con i copertoni delle macchine utilizzati come porte. Sulla manica della maglia nera con sfumature bianche, Saraky ha disegnato un ‘+234’, prefisso telefonico della Nigeria. Come se non bastasse sul retro della maglia è scritta la parola ‘Ile’, che significa ‘Casa’ in lingua locale Yoruba.
“Un tributo alle migliaia di nigeriani della diaspora che vivono all’estero ma mantengono stretti legami con la loro famiglia qui. Nella collaborazione con Nike abbiamo voluto realizzare una t-shirt rappresentativa di tutti i cittadini in modo che i nigeriani possano essere orgogliosi di indossarla, ovunque nel mondo. Una cosa mai vista prima”, ha dichiarato Saraki all’emittente CNN. Anche questa volta Nike ha fatto un successione: in solo 14 ore dalla messa in vendita on-line, la t-shirt ‘Native’ è andata esaurita. Altre sono andate a ruba in poche ore in un pop-up shop di Lagos.
Saraki è il tipico giovane africano multitasking che oltre alla rivista dirige un’accademia di calcio nella sulla regione natale di Kwara (centro-nord). Della squadra di persone che hanno partecipato alla creazione della t-shirt fanno parte altri fondatori della rivista ‘Native’: Suleiman Shittu, Teniola 'TeeZee' Zaccheaus, Olushola Fagbemi e Ademide Edgal. ‘Native’ era nata come rivista cartacea per poi diventare piattaforma digitale centrata su musica e ‘lifestyle’ in Nigeria e nei vicini paesi africani.
“L’interesse della Nike per la Nigeria è molto strategico per posizionare il brand e guadagnare terreno tra i giovani di meno di 30 anni, che rappresentano la metà dei 180 milioni di abitanti”, ha analizzato Charles O’Tudor, esperto di marketing. Tuttavia da questa politica ci sarà un ritorno di immagine positivo anche per il Paese. “Favorirà l’immagine della Nigeria all’estero. Altri brand cominceranno ad interessarsi a icone nigeriane. La cosa positiva è che questo slancio non viene dal governo ma dal settore privato.
In Occidente i media raccontano solo cose negative invece c’è del positivo. Investendo in Nigeria e i Africa vuol dire che un marchio mondiale crede nelle loro capacità”, ha sottolineato O’Tudor.
Del resto è già successo: nel 2018 il magazine maschile ‘GQ’ ha proclamato la squadra di calcio della Nigeria ai Mondiali russi come quella “più stilosa”. A far parlare di sé l’anno scorso è stato anche Wizkid, noto come 'Starboy', star nigeriana dell’Afrobeat, per il quale la Nike ha creato una esclusiva t-shirt di calcio.
“Tutti segnali che la Nigeria è all’avanguardia nello scambio culturale globale, che si tratti dello sport, della musica e della moda. La gente è eccitata e vogliamo vedere i nostri concittadini tornare a casa per capitalizzare”, ha commentato fiducioso Saraki.