AGI - Per il secondo giorno consecutivo, palestinesi di Gaza sono scesi in strada a protestare contro Hamas, chiedendo la fine della guerra. Dopo le manifestazioni di ieri a Beit Lahiya e nel campo profughi di Jabalia e a Khan Yunis, stamane a decine si sono radunati nel quartiere Shejaiya di Gaza City e di nuovo a centinaia a Beit Lahiya al nord, gridando "fuori Hamas".
Dalla ripresa delle operazioni militari israeliane nella Striscia, 830 persone sono state uccise per un totale di almeno 50.183 morti dall'inizio del conflitto, in maggioranza civili. Le condizioni di vita sono drammatiche nell'enclave e la popolazione è stremata dopo 17 mesi di guerra. Dopo aver vinto le elezioni nel 2006, l'anno dopo Hamas ha preso il potere a Gaza spodestando il partito Fatah legato al presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen e da allora non si è più tenuta alcuna votazione.
I livelli di malcontento nella Striscia sono difficili da valutare, anche a causa della repressione di Hamas verso il dissenso, e le manifestazioni di protesta sono estremamente rare. Munther al-Hayek, portavoce di Fatah a Gaza, ha esortato il gruppo militante a "farsi da parte per il bene pubblico". La settimana scorsa una medesima esortazione era stata lanciata, sempre da al-Hayek, in nome della salvaguardia dell'esistenza della popolazione palestinese.
Di fronte agli intensi bombardamenti sulla Striscia, il gruppo militante ha avvertito le forze armate israeliane a non tentare di recuperare gli ostaggi perché finirebbero uccisi. "Stiamo facendo tutto il possibile per mantenere in vita i prigionieri, ma i bombardamenti casuali sionisti stanno mettendo a repentaglio le loro vite. Ogni volta che l'occupazione tenta di recuperare i suoi prigionieri con la forza, finisce per riportarli indietro nelle bare", ha affermato.
Dalla Knesset, è arrivata la contro-minaccia del premier israeliano Benjamin Netanyahu: "Più Hamas persiste nel suo rifiuto di rilasciare i nostri ostaggi, più forte sarà la pressione che eserciteremo", ha assicurato, citando tra le misure da intraprendere anche "la confisca dei territori". La settimana scorsa era stato il ministro della Difesa Israel Katz a minacciare l'annessione di parti di Gaza se non fossero stati liberati i 58 rapiti ancora prigionieri.
Stamane da Gaza sono stati sparati due missili, rivendicati dalla Jihad islamica: uno è stato intercettato e l'altro è caduto in una zona aperta vicino al confine, senza fare vittime o danni. Poco dopo il portavoce arabo dell'Idf, Avichay Adraee, ha esortato gli abitanti di una serie di quartieri di Gaza City a evacuare verso sud, denunciando il lancio di "razzi da aree civili".
Intanto da Beirut il premier Nawaf Salam ha affermato che nessuno in Libano vuole la normalizzazione con Israele, assicurando che prosegue la pressione diplomatica della comunità internazionale e dei Paesi arabi sullo Stato ebraico affinché cessi i suoi attacchi.