AGI - È la mattina del 19 novembre 2023. La guerra a Gaza è scoppiata da un mese e gli Houthi, in solidarietà con Hamas, assalgono con un elicottero la Galaxy Leader, una nave porta-veicoli britannica con legami israeliani. L'equipaggio viene sequestrato e per oltre un anno rimane nelle mani del gruppo yemenita. Questo è il primo di una serie di attacchi mirati a bloccare le rotte marittime e a scatenare il panico nel Mar Rosso. Da quel momento il conflitto in Medio Oriente diventa anche una guerra commerciale con un conto da pagare sempre più salato.
A rivelare all'AGI le preoccupazioni e le conseguenze economiche di una nuova escalation nel Mar Rosso, è Fabio Martignoni, titolare della Trismare Italia Srl, azienda che da 70 anni si occupa di spedizioni internazionali.
Fino a novembre 2023 nel Mar Rosso, tra lo stretto di Bab el-Mandeb e il Canale di Suez, passa circa il 12% del traffico marittimo internazionale nonché il 40% dell'import-export marittimo italiano. Ma con l'inizio degli attacchi del gruppo yemenita vengono prese di mira le navi occidentali e in un anno in quel tratto si perde oltre metà del traffico mercantile. Dallo scoppio della guerra in Medio Oriente, le grandi aziende di trasporti, preoccupate dagli attacchi degli Houthi alle portacontainer, hanno deciso di deviare il tragitto delle loro navi che devono spostarsi tra il mar Mediterraneo e l'oceano Indiano circumnavigando l'Africa, con un incremento di diverse migliaia di chilometri.
"Le deviazioni delle rotte dal Mar Rosso al Capo di Buona Speranza hanno provocato un aumento dei noli nell'ordine del 15% - 25% rispetto ai normali costi via Suez, con un incremento stimato di circa 500 - 800 dollari per Teu".
L'illusione di una prima tregua raggiunta a novembre tra Hamas e Israele sembrava in grado di far ripartire le navigazioni in quel tratto di mare. Ma l'escalation degli ultimi giorni, sia a Gaza che di riflesso nel Mar Rosso, fa ripiombare nella paura il mondo dei trasporti, delle imprese e più in generale di tutta l'economia.
Martignoni spiega che l'incremento dei costi è dovuto principalmente "all'aumento del transit time".
"Se prendiamo una delle tratte più frequenti 'Shangai - Genova', via stretto di Gibilterra, circumnavigando l'Africa e passando dal Capo di Buona Speranza, sono richiesti 50 giorni contro i circa 36 richiesti transitando da Suez. In generale si può considerare una crescita dei transit time sino a 14 giorni. Tempo in più che si traduce in un aumento dei noli. Ad esempio attualmente container da 40' ha un prezzo medio di 4700 dollari l'uno".
Alla fine a subire le conseguenze più gravi è il consumatore finale che nella catena di approvvigionamento globale paga il bene di più.
"L'aumento dei costi di trasporto comporta navigazioni più lunghe e un maggiore consumo di carburante, che le compagnie marittime - sottolinea il titolare della Trismare - applicano ai clienti tramite noli più costosi e che di conseguenza generano un aumento del prezzo ai consumatori finali".
E il problema è principalmente europeo, perché "il costo del trasporto verso la Cina è rimasto invariato e con noli a poche decine di euro, mentre ad aumentare è il tragitto verso l'Europa. Questo è motivato sia dal fatto che la domanda di esportazioni verso paesi come Cina e India è molto bassa, sia perché esiste la necessità di fare rientrare i container verso questi Paesi per successive esportazioni".
Nemmeno l'aumento dei sistemi di difesa per difendersi dagli attacchi degli Houthi ha scoraggiato i ribelli yemeniti dall'attaccare le navi.
"Alcune si sono dotate di filo spinato, altre hanno aumentano la velocità in alcuni tratti per evitare di essere attaccati da aggressori, ma la soluzione alla fine è stata semplicemente evitare quel tragitto".
Senza dimenticare la missione Aspides, che però ha strettamente carattere difensivo e ha l'obiettivo di proteggere le imbarcazioni europee senza però impegnarsi in controffensive. C'è poi un altro aspetto da non sottovalutare.
"Il passaggio delle navi dal Capo di Buona Speranza genera congestione in porti strategici del Sudafrica, ad esempio Città del Capo o Durban, creando ulteriori ritardi - evidenzia Martignoni.
"Quindi oltre alle migliaia di chilometri in più da percorrere, va considerato l'ulteriore tempo che si perde quando le navi rimangono ferme in questi porti generando ritardi aggiuntivi nelle consegne".
L'alternativa può essere un maggior utilizzo del trasporto aereo, ma questa opzione, spiega Martignoni, "può andare bene esclusivamente per merci piccole e di alto valore, tenendo conto tuttavia che il prezzo del trasporto è estremamente superiore rispetto a quello marittimo".
Una possibile e momentanea alternativa oggi è rappresentata invece dal trasporto via treno che in questa situazione di emergenza "sta in parte rimpiazzando quella che era la tradizione del trasporto via mare dalla Cina all'Italia", ma che in ogni caso - se prendiamo ad esempio la tratta Xian-Milano - "ha un prezzo di circa il doppio rispetto al servizio marittimo".