AGI - La conferma che nessuno avrebbe voluto ricevere è arrivata: i piccoli Bibas sono morti. Hamas ha annunciato oggi che i due fratellini e la loro madre sono fra i quattro morti che restituirà giovedì. Sabato invece il gruppo palestinese libererà gli ultimi sei ostaggi ancora vivi. La storia di Shiri, 33 anni, e dei piccoli Ariel e Kfir, all'epoca rispettivamente di 4 anni e di nove mesi, aveva commosso il mondo. Kfir era il più piccolo degli ostaggi sequestrati durante il massacro del 7 ottobre 2023. Le foto dei bimbi, entrambi dai capelli rossi, sono diventate uno dei simboli della tragedia. I tre furono portati via dal kibbutz di Nir Oz insieme al quarto membro della famiglia, Yarden, 35 anni, liberato il primo febbraio dopo 16 mesi di prigionia. Subito dopo il suo ritorno Yarden, che proprio oggi ha lasciato l'ospedale in cui era stato ricoverato nelle ultime settimane, aveva implorato il governo di far di tutto per far tornare sua moglie e i suoi bambini. Nonostante il braccio armato di Hamas - le Brigate Ezzedin al Qassam - avesse annunciato già nel novembre del 2023 la morte di tre dei quattro membri dalla famiglia Bibas, di origini argentino/peruviane, Israele non aveva mai confermato la notizia.
Quando la voce della restituzione dei cadaveri ha iniziato a circolare, oggi, il governo ha chiesto di non far circolare indiscrezioni, ma a fornire la lista è stato il capo dei negoziatori di Hamas, Khalil Al Hayy. E nonostante tutto, di nuovo Israele ha scelto la linea del riserbo. A questa incertezza la famiglia Bibas sembra aggrapparsi ancora. "Siamo sconvolti", hanno fatto sapere, ma "finché non riceveremo la conferma definitiva, il nostro viaggio non è finito". Sabato saranno invece gli ultimi sei ostaggi israeliani ancora vivi a far ritorno a Gaza. Tra loro anche l'etiope-israeliano Avera Mengistu e il beduino Hisham al-Sayed, che nulla hanno a che fare con la tragedia del 2023: erano entrati volontariamente a Gaza, rispettivamente nel 2014 e nel 2015, dove furono catturati. Per ogni ostaggio israeliano, saranno rilasciati 77 detenuti palestinesi, come previsto dall'accordo. Tra loro, 47 dei mille prigionieri che erano stati scambiati nel 2011 con il soldato israeliano Gilad Shalit, in mano ad Hamas da 5 anni, e che erano stati poi nuovamente arrestati.
A quanto riferito dai media, Israele si è finalmente impegnato a consentire l'ingresso a Gaza di carovane e attrezzature pesanti, in modo graduale e controllato, come previsto all'intesa. Ma solo una volta che Hamas avrà rispettato l'impegno a restituire gli ostaggi pattuiti Intanto si ragiona sul dopo. La fase uno dell'intesa scade il primo marzo e, a dispetto dei timori che con il ritorno di tutti gli ostaggi vivi la guerra possa ricominciare, Israele ha assicurato che questa settimana inizieranno i negoziati per la fase due. E si guarda anche al medio-lungo periodo. Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Saar, ha chiarito che Israele esige "una completa smilitarizzazione della Striscia di Gaza" una volta conclusa la guerra: "Non accetteremo la presenza continuata di Hamas o di qualsiasi altro gruppo terroristico". E questa è anche la clausola principale che Saar ha posto per valutare il piano arabo da 20 miliardi di dollari per la ricostruzione di Gaza preparato dall'Egitto, alternativa all'idea del presidente americano Donald Trump di svuotare Gaza dai suoi abitanti e farne un paradiso turistico.
Nella proposta, che il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi discuterà giovedì a Riad, non c'è posto per Hamas. Si prevedono la formazione di un comitato nazionale palestinese per governare Gaza senza il coinvolgimento di Hamas e la partecipazione internazionale alla ricostruzione senza spostare i palestinesi all'estero. Per la ricostruzione serviranno almeno tre anni. Secondo l'influente senatore repubblicano statunitense Lindsey Graham, il piano degli alleati arabi "consentirebbe ai palestinesi di andarsene se lo desiderano, ma se non lo desiderano, potranno restare mentre è in corso la ricostruzione". Questo, ha sottolineato, potrebbe "mostrare al presidente Trump come gestire la questione palestinese senza cacciare via tutti".