AGI - Nel video pubblicato sul suo profilo, Mark Zuckerberg parla di un "ritorno alle origini", quasi a voler prevenire le critiche con un romantico richiamo ai primordi dei social media, quando Internet era ancora un continente libero e selvaggio. La radicale decisione di Meta di abolire il fact-checking sulle sue piattaforme, Facebook e Instagram in primis, è invece solo l'ultima mossa dell'azienda, di certo la più clamorosa, per avvicinarsi alle richieste di Donald Trump, pronto a reinsediarsi alla Casa Bianca. Il controllo effettuato da organizzazioni terze (tra cui l'agenzia France Presse e, in Italia, Pagella Politica) sulla veridicità delle notizie pubblicate sulle reti sociali del gruppo verrà invece sostituito da "community notes" simili a quelle utilizzate su X, ovvero da interventi di altri utenti che correggono o contestualizzano il post controverso. Non è chiaro se, come avviene ora, i messaggi ritenuti poco affidabili verranno penalizzati dall'algoritmo. "Ci libereremo dei fact-checker che sono stati troppo schierati politicamente e hanno distrutto più fiducia di quanto ne abbiano creata, specialmente negli Stati Uniti", ha spiegato Zuckerberg nel messaggio con cui ha annunciato la rivoluzione, che sarà in un primo momento limitata agli Stati Uniti.
Meta è stata per lungo tempo un bersaglio dei repubblicani, che l'hanno accusata di privilegiare le narrazioni di stampo progressista e di censurare i conservatori, una parzialità confermata più volte da ex dipendenti. Ed è lo stesso Zuckerberg ad ammettere che "le ultime elezioni sembrano un punto di svolta culturale che, ancora una volta, dà la priorità all'espressione". Addirittura la divisione trust and safety verrà trasferita dalla progressista California alla roccaforte repubblicana del Texas, allo scopo, sottolinea il fondatore di Facebook, "di aiutarci ad avere fiducia nello svolgere questo lavoro in luoghi dove ci sia meno preoccupazione riguardo l'orientamento delle nostre squadre". Non solo: i contenuti politici saranno meno penalizzati nelle bacheche degli iscritti, che avranno anzi la possibilità di scegliere quanto fruirne.
L'addio al fact-checking è l'ultima tappa della marcia di avvicinamento di Zuckerberg a Trump, che era stato bandito dalla piattaforma dopo l'insurrezione di Capitol Hill del 6 gennaio 2021 per poi esservi riammesso nel 2023. Lo scorso novembre Zuckerberg aveva cenato con il presidente eletto nel suo resort a Mar-a-Lago e in seguito aveva donato un milione di dollari al fondo per la sua inaugurazione. La volontà di riconciliazione è stata ancora più esplicita nelle recenti nomine ai vertici di Meta. La settimana scorsa il repubblicano Joel Kaplan, ex capo dello staff della Casa Bianca ai tempi della presidenza di Bush figlio, era stato nominato responsabile degli Affari Globali al posto del liberale Nick Clegg, ex vicepremier britannico.
"Troppi contenuti innocui vengono censurati, troppe persone vengono recluse per errore nella 'prigione di Facebook'", aveva dichiarato Kaplan in una nota dopo la nomina, asserendo che i meccanismi di moderazione di Menlo Park fossero andati "troppo lontano". Nulla di più ironico se si considera che i fact-checker furono reclutati da Zuckerberg proprio nel 2016, subito dopo l'elezione di Trump che in molti ritennero influenzata dalla diffusione di notizie false sulle reti sociali. È invece notizia di ieri l'inserimento nel consiglio di amministrazione di Meta di un amico personale di Trump, Dana White, presidente dell'Ultimate Fighting Championship.
I love social media. And I’m excited to be a small part of the future of AI and emerging technologies. @Meta pic.twitter.com/Amh5W728og
— danawhite (@danawhite) January 6, 2025
La ricerca di una sintonia con il magnate appare evidente anche nell'attacco all'Unione Europea contenuto nel video, nel quale Zuckerberg ha denunciato "il crescente numero di leggi che istituzionalizzano la censura e rendono difficile costruire qualcosa di innovativo lì". L'attacco alle norme di Bruxelles che minacciano le piattaforme di multe se non manterranno rigore nella moderazione riecheggia, sia pur con toni meno virulenti, gli strali lanciati più volte dal patron di X, Elon Musk, contro le istituzioni comunitarie. Anzi, Zuckerberg ha promesso che Meta "lavorerà con il presidente Trump per contrastare governi stranieri che prendono di mira le aziende americane per censurare di più". E l'imprenditore quarantenne non poteva scegliere momento migliore per mostrarsi paladino del libero pensiero. In questi giorni proprio Musk è infatti accusato da molti trumpisti duri e puri, come Laura Loomer, di aver censurato le critiche contro il piano, sostenuto dal capo di SpaceX, per aprire all'immigrazione di migliaia di ingegneri e tecnici specializzati dall'India.