AGI - La guerra in Ucraina sta provocando carestie a migliaia di chilometri di distanza dai campi di battaglia. È quanto emerge da uno studio guidato dal Center for Systems Integration and Sustainability (CSIS) della Michigan State University, pubblicato su Communications Earth & Environment. “L’aspetto più sorprendente della nostra ricerca – spiega Nan Jia, autrice principale dello studio – è la sua capacità di collegare un conflitto regionale ai suoi impatti di vasta portata sull’accessibilità alimentare globale”. Quasi tre anni di guerra nel “granaio del mondo” hanno distrutto i terreni agricoli e costretto i lavoratori che coltivano, raccolgono e trasformano una grande quantità di grano, orzo e avena a fuggire. In combinazione con i divieti di esportazione da altri paesi, tutto questo ha portato a effetti a catena nel commercio globale sconvolgendo i sistemi di approvvigionamento alimentare.
Per comprendere fin dove si sono propagati gli effetti del conflitto ucraino sul flusso di approvvigionamento alimentare, gli autori del nuovo studio si sono basati su immagini satellitari per quantificare la perdita di terreni coltivabili e su un metodo olistico chiamato metacoupling framework e network analysis per analizzare le connessioni tra quanto accaduto in Ucraina e altre regioni del mondo. Lo studio ha rivelato che per quanto riguarda grano, orzo e avena, la guerra ha avuto un impatto molto maggiore sui paesi lontani rispetto ai paesi confinanti con l’Ucraina e ha danneggiato in modo sproporzionato i paesi poveri. Tra questi, nazioni a basso reddito in Africa, come Sierra Leone, Repubblica Democratica del Congo e Somalia. Tuttavia, in mezzo a questa sfida, lo studio ha anche rivelato un motivo di speranza: nel tempo, i principali paesi esportatori come Stati Uniti, Canada e Australia hanno intensificato i loro sforzi, colmando in parte le lacune lasciate dall’Ucraina.
“Rivelando le vulnerabilità nascoste nei sistemi alimentari globali – ha affermato Jia – il nostro studio sottolinea la necessità della cooperazione internazionale per garantire la sicurezza alimentare. I decisori politici e le organizzazioni globali possono utilizzare queste intuizioni per costruire reti alimentari più resilienti, investire nella produzione locale nei paesi vulnerabili e creare strategie per mitigare gli impatti delle crisi future”.