AGI - L'attività diplomatica del presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha cambiato decisamente marcia in seguito alla caduta del regime della famiglia Assad in Siria. Erdogan in pochi giorni ha incontrato il Segretario di Stato americano Anthony Blinken, il presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e lo sceicco del Qatar Al Thani, il premier libanese Najib Mikati ad Ankara e oggi volerà al Cairo per parlare con il presidente egiziano Abdel Fettah Al Sisi. Bollente è stata negli ultimi giorni anche la linea telefonica di Ankara: il segretario generale della Nato Mark Rutte, Von Der Leyen, la premier italiana Giorgia Meloni, ma anche il premier austriaco e il presidente francese Emmanuel Macron hanno voluto parlare con Erdogan.
La fine del conflitto in Siria, coinciso con il disimpegno della Russia e dell'Iran, ha lasciato Ankara come principale attore capace di influire sul destino del post Assad. La Turchia non solo ha ospitato in questi anni il più alto numero di profughi siriani (4 milioni), ma ha avuto il merito di non scendere mai a patti con il regime di Damasco, oltre ad aver addestrato e preparato l'Esercito Libero Siriano che ha partecipato attivamente al rovesciamento del regime. Erdogan ha dettato la propria ricetta a tutti i propri interlocutori: integrità territoriale, Siria neutrale, che non sia una minaccia né per Iran né per Israele, ma zero tolleranza verso Isis e curdi di Ypg. Obiettivi per realizzare i quali serve evitare un effetto Libia, vale a dire agire per una Siria stabile, neutrale e unita; non sarà facile considerando una popolazione di circa 20 milioni e 13 anni di guerre e violenze. In particolare il ritorno dei profughi è un obiettivo condiviso con i Paesi Europei e con la Commissione Europea, come dimostra il traffico di telefonate degli ultimi giorni.
Tuttavia per accelerare il rientro dei profughi servono investimenti infrastrutturali che riportino il Paese alla 'normalità'. "Con l'Ue abbiamo collaborato, ora però servono progetti a medio e lungo termine, rimettere in piedi le infrastrutture di base per accelerare il rientro dei profughi", ha detto ieri Erdogan a von der Leyen. La presidente della Commissione Europea lo ha evidentemente ascoltato e ha annunciato poco dopo che l'Ue stanzierà un miliardo di euro da utilizzare con la Turchia per far ripartire elettricità, servizi essenziali, acqua e infrastrutture. Complicata ma non impossibile si presenta la missione di Erdogan al Cairo per discutere con Sisi del nuovo governo siriano. Il capo di stato egiziano non vuole un governo islamista alla guida della Siria e teme Hayat Tahrir al Sham (Hts); Erdogan si giocherà le sue carte anche perché, come ha dichiarato il ministro degli Esteri Hakan Fidan, anche lui atteso al Cairo: "Nessuno conosce Hts come la Turchia". Per la ricostruzione Erdogan però sa che deve coinvolgere le monarchie del Golfo. Dopo il via libera ottenuto ieri dallo sceicco Al Thani Ankara è in pressing su Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti che potrebbero presto aggiungersi al Qatar e cooperare con Ankara per rimettere in piedi la Siria. Come ha ricordato Erdogan, "dopo 13 anni il Paese non si rialzerà da solo". Per questo servono i soldi dell'Unione Europea e i petrodollari delle monarchie del Golfo