AGI - Il mito di Santa Claus, o Babbo Natale, è nell'immaginario collettivo legato alle distese innevate e ai boschi del nord Europa. In realtà a ispirarne il mito è stata la figura di San Nicola, nato a Patara di Licia nel 270 d.C., a pochi chilometri da una delle più belle (e frequentate) spiagge della Turchia. San Nicola divenne il vescovo greco della città di Myra, oggi Demre, anch'essa località della costa turca. Nella cittadina di Demre la chiesa di San Nicola è un'attrazione per turisti di tutto il mondo, un luogo di culto per ortodossi e cattolici dove sono ancora visibili mosaici e affreschi, ma soprattutto il sarcofago danneggiato dove i pirati italiani, prima baresi e poi veneziani, nel 1087 ne trafugarono le 'presunte' ossa. La morte del Santo avvenne però diversi secoli prima, intorno al 343 d.C.
Circostanze e rivendicazioni incrociate che hanno mantenuto per anni vivo il mistero. Un tema su cui gli archeologi turchi sono da qualche anno determinati a fare chiarezza e mettere a tacere chi è convinto che le ossa si trovino a Bari o a Venezia. Gli scavi turchi vanno avanti dal 1989 e ora un nuovo sarcofago sembra poter rivelare la verità sulle reliquie del Santo. "Gli ultimi scavi, a sorpresa, ci hanno messo di fronte a un sarcofago lungo due metri, situato a una profondità di circa un metro e mezzo in una struttura a sud del cortile della chiesa. Una scoperta straordinaria. Ora è fondamentale risalire alla data della sepoltura e decifrare le scritte per avere la conferma su chi vi è stato sepolto", spiega la direttrice dello scavo, Ebru Fatma Findik.
L'archeologa dell'università di Hatay sottolinea l'importanza della scoperta "per l'intera cristianità". "Secondo diverse fonti il corpo del Santo sarebbe stato sepolto in un luogo sacro nelle vicinanze della chiesa. Il fatto che un sarcofago così importante sia venuto alla luce in questo punto è in linea con questi scritti", ha dichiarato entusiasta Findik. Sono tante le leggende che circondano la figura di San Nicola. In base alle informazioni disponibili in Santo si distinse durante il proprio vescovado a Myra per i doni elargiti ai bambini delle famiglie più indigenti e per l'aiuto ai poveri. Opere che lo resero amatissimo. La storia inizia a essere avvolta nel mistero quando nel 1087 le truppe musulmane cingono d'assedio la città.
Inizia così una corsa tra Bari e Venezia per tornare in patria trionfanti con le preziose reliquie del santo. Siamo in una epoca in cui la "corsa alle reliquie" era una questione di prestigio, onore e supremazia tra le città cristiane. Una ciurma di 72 marinai partiti dal porto di Bari anni prima, mentre si trova ad Antiochia, oggi Antakya, nell'estremo sud della Turchia, viene a conoscenza dell'ubicazione dei resti del Santo. La notizia arriva però anche i potenti veneziani. I baresi arrivano per primi, superano le resistenze dei monaci bizantini, sfondano la cripta da dove prelevano tutto il possibile prima di fuggire in fretta e furia sulle loro galee, circondati dalla rabbia degli abitanti.
Gli influenti veneziani non digerirono la batosta; a confermarlo un manoscritto di un monaco nella biblioteca marciana, che racconta di una scorribanda avvenuta in seguito a quella dei baresi, con i marinai che rientrano trionfanti nel porto della Serenissima con le ossa di tre santi, tra cui appunto "San Nicola Magno". La disputa relativa la doppia traslazione ha infiammato per anni studiosi e fedeli. Vani sono stati i tentativi di porre fine alle polemiche. Basti pensare che prima nel 1953 a Bari e in seguito nel 1992 a Venezia, furono eseguite analisi sulle spoglie custodite nelle due città da parte dell'anatomopatologo Luigi Martino, dell'Università di Bari.
Martino decretò la "compatibilità" tra le reliquie del santo custodite nelle due estremità dell'Adriatico. In pratica, i baresi avrebbero preso cranio, spalle e altre parti del presunto santo, sottratte in fretta dalla cripta, lasciando i resti del corpo ai veneziani, arrivati molto dopo. Una conclusione che non ha dato pace né ai fedeli baresi, né ai fedeli veneziani, né tantomeno ai turchi che da anni affermano, non privi di orgoglio nazionalistico, che i pirati italiani rubarono dal sarcofago sbagliato.
"Abbiamo analizzato tutti i documenti scritti tra il 1942 e il 1966 e abbiamo ragione di pensare che baresi e veneziani abbiano rubato le ossa di un altro prete, mentre quelle del Santo si trovano in una cripta più nascosta", aveva dichiarato 4 anni fa l'archeologo turco Cemil Karabayram. La scoperta del nuovo sarcofago sembra, per ora, dare ragione ai turchi, anche se difficilmente placherà l'eterna disputa sulla vera sorte delle spoglie del Santo nato in Turchia, ma divenuto un simbolo in tutto il mondo.