AGI - Solo alla fine alza all'improvviso il tono della voce, erompe nel celebre grido di battaglia "Viva la libertad, carajo!" e torna per pochi secondi il Javier Milei capopolo, quello della motosega nelle piazze. Nei quaranta minuti precedenti, tra gli arazzi di Palazzo Wedekind, il presidente argentino era tornato invece a indossare i suoi vecchi panni accademici, dopo aver ricevuto a Roma il Premio Internazionale Milton Friedman, in quanto primo capo di Stato a incarnare le idee del grande economista liberale.
Al termine della cerimonia promossa dall'Istituto Milton Friedman, dall'organizzazione Students for Liberty e dal quotidiano 'Il Tempò, che nell'edificio di Piazza Colonna ha sede, Milei, che fu professore di macroeconomia e autore di decine di paper, ha tenuto una vera e propria lezione nella quale ha descritto prima lo sviluppo della Teoria Generale di John Maynard Keynes, definito una "mente brillante che lavorava per i cattivi", poi la sua progressiva demolizione a opera del Nobel per l'Economia 1976 di cui è dichiarato seguace.
In Keynes, teorico dell'intervento pubblico in economia quale regolatore di domanda e offerta, Milei vede "il male", il volto oppressivo di quello Stato che "disprezza" in quanto "anarco-capitalista" e nelle cui istituzioni è entrato "per distruggerlo" a colpi di deregolamentazione, da buon "fondamentalista della scuola austriaca". La creazione di una "domanda artificiale", in ossequio alla teoria keynesiana, è, secondo Milei, esattamente quello che ha "trasformato in un disastro uno dei Paesi più ricchi del mondo", cioè l'Argentina. Un disastro "dopo il quale era chiaro che non si poteva andare avanti: ed è apparso un presidente libertario: eccomi qua!".
La "distruzione della teoria del valore" propugnata da Keynes è per Milei una vera e propria "offesa intellettuale" alla quale riparò il più brillante dei 'Chicago boys' quando "ha iniziato a distruggere la teoria generale e riparare i danni che aveva arrecato". L'intuizione di Friedman è, per Milei, inconfutabile: è l'aumento della quantità di moneta che fa salire i prezzi, e l'inflazione, per decenni il flagello dell'Argentina, è un fenomeno non legato al mercato dei beni ma "puramente monetario, generato da un eccesso di offerta di denaro". Una teoria che Milei rivendica di aver dimostrato proprio con la sua azione di governo. "L'unico modo per tagliare l'iperinflazione è tagliare la quantità di denaro in circolazione, sanare il bilancio della banca centrale", ha asserito il presidente argentino, "avevamo un deficit altissimo, in sei mesi, con un aggiustamento senza precedenti, il tasso di inflazione è passato dal 17.000% annuo al 2%".
Ed è solo l'inizio, ha promesso: "Entriamo nel nuovo anno con l'impegno del deficit zero e di zero emissioni di debito, ci sarà zero politica fiscale e monetaria attiva e se ci sarà crescita abbasseremo le tasse". "Eravamo uno dei Paesi più impresentabili del mondo, ora abbiamo guadagnato 70 posti nella classifica sulla libertà economica", ha proseguito, "leviamo di mezzo più Stato, diamo più libertà alle persone e creeremo ancora più crescita. Mi mancano 3.500 riforme e trasformerò l'Argentina in uno dei Paesi più liberi del mondo".
"Faremo sì che l'Argentina torni a essere grande, si trasformi in una potenza", ha concluso, riecheggiando il noto slogan trumpiano. Seguito da un altro slogan ormai celebre: "Viva la libertad, carajo!". Poi il bagno di folla per un selfie con i ragazzi di Students for Liberty e il congedo. Direzione Palazzo Chigi, per l'incontro con la premier Giorgia Meloni.