AGI - Dopo l'Ucraina anche in Siria i droni da combattimento si sono conquistati un ruolo centrale nel conflitto. Grazie ad attacchi sferrati con velivoli senza pilota la coalizione di ribelli e islamisti che si oppongono al regime di Damasco guidato da Bashar Al Assad è riuscita in pochi giorni a prendere il controllo di una vasta area, che include la città di Aleppo, l'intera provincia di Idlib e gran parte dell'area di Hama, dove si sta combattendo in queste ore. Un ritorno fulmineo e, fino a ora, inarrestabile, guidato dalla fazione islamista di Hayat Tahrir Al Sham, che in base alle immagini diffuse e alle fonti sul campo, si è avvalsa di un gran numero di droni da combattimento "Shaheen" ("Falco" ndr). Un apporto decisivo: gli Shaheen posso essere caricati con esplosivi e sferrare attacchi di grande precisione grazie a una telecamera che ne permette la guida a distanza. Un mezzo rivelatosi efficace per colpire oltre le linee nemiche, mettere fuori uso i blindati del regime e isolare la prima linea di difesa. In base agli attacchi sferrati si ritiene che gli Shaheen possano colpire fino a circa 50 km di distanza dal luogo del decollo. Uno dei comandanti delle truppe ribelli, Hassan Abdul Ghani, ha recentemente annunciato attraverso la piattaforma X un attacco durante un incontro di alto livello delle Guardie Rivoluzionarie Siriane ad Hama e l'abbattimento di un elicottero da guerra nella stessa provincia, durante la battaglia per il controllo dell'aeroporto.
Si tratta solo degli ultimi attacchi portati a termine con i droni Shaheen, che le immagini diffuse dagli stessi ribelli hanno mostrato più volte in azione, colpire con successo carri armati, aeroporti, blindati, battaglioni delle forze governative e anche il comandante delle truppe di Damasco ad Hama, Uday Ghasa la cui morte è stato confermato dal regime. Dinamiche che riportano alla mente quanto avvenuto durante la guerra in Ucraina, dove proprio i droni si sono rivelati decisivi per infliggere perdite e rallentare l'esercito russo. Similitudini che hanno spinto alcuni osservatori, Russia in primis, ad accusare Kiev di aver fornito supporto ai ribelli che hanno smentito.
La teoria non convince neanche la Turchia, che ha escluso una ingerenza di Kiev in Siria. Hayat Tahrir al Sham ha dichiarato di aver sviluppato la propria flotta a partire dai droni russi e iraniani inesplosi o neutralizzati in seguito agli attacchi sferrati dalle truppe di Damasco con il sostegno militare di Mosca e Teheran. Una spiegazione plausibile, considerando che i ribelli avrebbero avuto 10 anni per sviluppare un proprio arsenale. Come già avvenuto nel conflitto in Ucraina, i pezzi dei droni sono facilmente reperibili anche sul mercato nero e facilmente assemblabili attraverso tutorial che spopolano su Internet. Droni di piccole dimensioni, difficilmente leggibili dai radar, eppure capaci di infliggere perdere considerevoli, spesso decisive, in Ucraina come in Siria.