AGI - Per quasi mezzo secolo si è aggirato come un fantasma nei boschi più fitti e nei luoghi più impervi ed isolati della Turchia. Per decenni ha evitato accuratamente ogni contatto con gli esseri umani che lo avevano cacciato al punto da ritenerlo estinto.
Era il 1975 quando il leopardo anatolico (panthera pardus tulliana) venne dichiarato estinto in Turchia, relegato a comparire su antichi mosaici bizantini, poche foto in bianco, pelli esposte nei musei e nelle memorie dei cacciatori e dei pastori più anziani.
Eppure qualcosa non tornava. Negli ultimi anni gli avvistamenti e le voci sulla presenza di questo maestoso felino sono continuate. Segnalazioni rare e mai confermate, capi di bestiame sbranati e foto sfocate indistinguibili, eppure sufficienti a convincere alcuni biologi che in Turchia il leopardo anatolico estinto non era, al contrario, era solo diventato più cauto per garantirsi la sopravvivenza.
Pochi mesi fa il ministero dell'ambiente ha diffuso le prime immagini scattate da fototrappole e ammesso che si, il leopardo anatolico vive ancora in Turchia. Oggi arriva la conferma che non si tratta di maschi alla ricerca di nuovi territori che sconfinano da Paesi vicini, ma di una popolazione di almeno 10 individui che vive negli angoli più remoti dei monti Tauri, ironia della sorte le stesse cime visibili dalle celebri spiagge della provincia di Antalya. Il governo turco ha intanto fissato a 840 mila euro la multa per chi avesse l'idea di ucciderne un esemplare. Una cifra tale da frenare anche i grilletti più facili.
Un passo in avanti importante per un Paese che nel 1937 aveva dichiarato il leopardo animale "cacciabile in ogni momento dell'anno" stabilendo una ricompensa per gli abbattimenti. Negli stessi anni divenne una celebrità il cacciatore Hasan 'Mantolu', "Hasan dal Mantello", che uccise almeno 15 leopardi e girava sempre con una pelle di questo animale addosso. Ora la sfida non riguarda piu' l'eliminazione, ma la sopravvivenza di questo animale che scienziati e ministero monitorano attentamente attraverso circa 400 fototrappole.
I primi risultati della ricerca sono stati tenuti a lungo segreti dagli scienziati, poi è arrivata l'ammissione da parte del governo, oggi la presenza del leopardo in Turchia non è più un mistero, ma un elemento che aggiunge ricchezza agli ecosistemi del Paese.
"Abbiamo identificato 10 individui diversi, purtroppo tutti maschi. Ora l'obiettivo è verificare la presenza di femmine e cuccioli per confermare che la popolazione sia vitale. Tutto lascia pensare che ci siano. Le femmine sono più caute e girano meno dei maschi", ha detto oggi Yasim Unal, professore di Ecologia della Fauna Selvatica dell'Università di Isparta.
Unal crede anche che estendere la distribuzione delle fototrappole possa portare a nuovi avvistamenti in nuovi territori. Si tratta di felini di grandi dimensioni, 1,6 metri di lunghezza per 60 kg di peso, in quanto tali solitari e capaci di muoversi su un territorio molto vasto in cui non accettano la presenza di altri individui. "Negli anni ci sono sempre stati casi di esemplari che sconfinavano dal Caucaso, ma anche da Iraq e Iran alla ricerca di nuovi territori, ma si trattava di diverse sottospecie - ha detto Unal -. Questa popolazione è al cento per cento turca e siamo convinti che si tratti di una sottospecie anatolica distinta, ritenuta estinta e un tempo diffusa in tutto il Paese".
Inserito nella lista rossa dello IUCN il leopardo anatolico è un patrimonio che tutta la Turchia sente il dovere ora di preservare.
Le salatissime multe fissate dal governo sono solo il primo passo. I ricercatori non hanno indicazioni sul luogo dove le foto sono state scattate per lasciare in pace gli animali. In questo momento non solo i cacciatori, ma anche i fotografi costituirebbero un elemento di disturbo. E' allo stesso tempo cruciale che questi luoghi rimangano fuori dalla portata del turismo e mantengano un ecosistema intatto, con un numero di prede sufficiente a sfamare i leopardi e tenerli lontani dagli allevamenti, in modo da ridurre conflitti con l'uomo.
"Ancora non possiamo fare stime e parlare di una popolazione, al momento i primi risultati sono stati soddisfacenti, ma la strada per garantire la sopravvivenza di questi animali è ancora lunga", ha messo in guardia Unal, in prima linea per consentire a questo iconico felino di vivere sulle montagne della Turchia e non finire relegato nella memoria degli anziani, poche foto in bianco e nero e sulle rappresentazioni di mosaici di epoche lontane.