AGI - A quasi sei mesi dal voto di giugno, per l'atto secondo della Commissione von der Leyen manca solo l'ultimo metro. Non è detto, però, che l'ultimo test non possa riservare sorprese. Per provare a capire quindi se - e cosa - rischia la presidente della Commissione europea nel voto finale di conferma per il collegio dei commissari, occorre ripescare il pallottoliere. Si parte dai tre gruppi della "maggioranza pro-europeista", quelli che la scorsa settimana hanno siglato il documento che ha permesso di sbloccare lo stallo sui veti incrociati per Raffaele Fitto e Teresa Ribera: Partito popolare europeo (Ppe, 188), Socialisti e democratici (S&d, 136), Renew Europe (77).
Nel Ppe, che esprime 14 commissari oltre alla stessa von der Leyen, non si dovrebbero registrare grandi defezioni oltre alla delegazione spagnola (22 deputati), orientata verso l'astensione a causa della presenza proprio di Ribera in un ruolo di primissimo piano; e quella slovena (5) anch'essa contrariata nei confronti della propria commissaria, Marta Kos. Voteranno sì anche i francesi, tra i contrari dello scorso luglio. Tra i 188 deputati totali del Ppe, quindi, è possibile aspettarsi 160/165 sì. Tra i socialisti, invece, la situazione è più frastagliata.
Verso il no i francesi (13) e una parte dei belgi (4, gli altri dovrebbero astenersi); mentre l'astensione potrebbe essere una scelta più equilibrata per molti, tra cui i tedeschi (14). Sui 136 deputati di S&d, almeno 100 si' dovrebbero essere garantiti. Tra i liberali (77 deputati) si contano poche defezioni, tra cui i belgi (5). Ci si può aspettare 65/70 voti.
Sui 401 deputati della maggioranza, quindi, si contano tra i 325 e i 335 voti. A questi 401, pero', non corrispondono i 401 voti raccolti da von der Leyen in occasione della sua conferma alla presidenza della Commissione, a luglio. In quell'occasione, infatti, in suo soccorso erano intervenuti i Verdi, che però adesso appaiono spaccati: il co-presidente del gruppo Bas Eickhout ha parlato di una "leggera maggioranza" per il sì, con 25 deputati circa che si erano espressi a favore della conferma e altri 8 indecisi. Dovrebbero essere favorevoli le delegazioni tedesca (15 deputati), i nordici (3 danesi, 2 finlandesi e 3 svedesi) e i due deputati dei baltici.
Se dovessero recuperare all'ultimo minuto qualche indeciso, ci si attesterebbe sui 25/30 deputati. Infine, un supporto arriverà anche dal lato destro dell'emiciclo. La delegazione di Fratelli d'Italia (24 deputati) ha già annunciato il suo voto favorevole, a differenza dell'altro grande partito del gruppo dei Conservatori e riformisti (Ecr), ovvero il Pis polacco.
Altre delegazioni del gruppo dovrebbero unirsi a Fdi, come quella belga (3) e quella ceca (3), portando il totale a circa 30 voti favorevoli. In definitiva, Ursula von der Leyen arriva alla vigilia dell'ultimo voto di conferma con un bottino tra i 380 e i 400 voti. Abbastanza per superare agevolmente la soglia di conferma (maggioranza semplice dei voti espressi, a differenza dei 361 richiesti a luglio), ma non tali da dare un segnale politico positivo. Storicamente, infatti, le Commissioni guadagnano voti tra il primo e il secondo voto, anche per effetto delle delegazioni nazionali che esprimono i commissari.
La stessa von der Leyen fu eletta con 383 voti nel 2019, per poi vedere la propria maggioranza salire a 461 deputati nel voto sul collegio. Nel 2014 Juncker guadagnò un solo voto, ma partendo già da una maggioranza piuttosto ampia (da 422 a 423). Non è mai successo, finora, che una Commissione perdesse consensi tra i due voti. E tutto questo dopo aver allargato a tutti gli effetti la maggioranza sia a sinistra (Verdi), che a destra (Ecr). Per evitare un inizio tutt'altro che incoraggiante, c’è ancora una notte di tempo.