AGI - Kamala Harris compie 60 anni. Un compleanno speciale che la vede in corsa per l'elezione alla Casa Bianca contro il candidato repubblicano Donald Trump. A poche settimane dal voto, Harris ambisce a diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti. La sua storia è stata raccontata nell'autobiografia "Le nostre verità" uscita nel 2021 per La Nave di Teseo. Figlia di due attivisti, madre indiana e padre giamaicano, quella di Kamala è stata, fin dalla tenerissima età, una vita spesa nelle lotte per i diritti civili e per i diritti degli immigrati. La mamma, considerata una stella polare per la 49esima vicepresidente degli Stati Uniti, era una ricercatrice che per tutta la vita si è spesa nello studio sul cancro al seno, per poi finire la sua vita sconfitta proprio da una malattia. Tanto che proprio le ultime righe del libro sono dedicate a lei "quando sono bloccata di fronte a una decisione difficile, mi chiedo 'cosa penserebbe mia mamma?' E in quel modo tu sei qui con me. La mia più sincera speranza è che questo libro aiuti coloro che non ti hanno mai incontrata a capire che persona eri. Quello che ha significato essere Shyamala Harris. E quello che significa essere sua figlia".
Quello che Harris descrive nelle pagine della sua vita è un'esistenza che fin dalla primissima infanzia è stata spesa alla lotta, ai diritti, all'affermazione delle comunità di riferimento più in difficoltà. Le prime marce di Kamala sono in passeggino. Da qui la scelta di studiare diritto, laurearsi ed entrare subito a lavorare nell'ufficio del procuratore distrettuale della contea di Alameda, per poi essere eletta come procuratore distrettuale di San Francisco. Nel 2003, in una delle sue prime campagne, si presentava nei parcheggi dei supermercati con un'asse da stiro come banchetto, come le era stato suggerito dalla madre. Sotto il suo ufficio, in cinque anni, a San Francisco, il tasso di condanna per reati gravi cresce del 50%, le condanne per spaccio di droga del 56%. In quegli anni si occupa anche di quella, che noi chiameremo "Law&Order", ovvero dell'unità vittime di strada dove tratterà casi di maltrattamenti, violenza sulle donne, prostituzione minorile. Insomma dei più deboli tra i deboli.
Non sono comunque anni facili per una donna di colore in una posizione di potere. Nel libro non viene mai detto chiaramente, ma la descrizione dei contesti è chiara. Come quella volta che eletta a San Francisco arrivando nel suo nuovo ufficio, lo trovò completamente vuoto se non fosse per una sedia al centro della stanza. Di fronte a quella scena, senza perdersi d'animo, si sedette e disse "Sono qui per la poltrona". L'immagine fa parte di una di quelle scelte a corredo fotografico del libro. Nella carriera all'interno delle istituzioni, come procuratore generale della California ha perseguito grandi crimini internazionali, ha cercato una mediazione, difficilissima, con le banche dopo l'esplosione della bolla finanziaria del 2008 che aveva portato molte famiglie a non essere più in grado di pagare i propri mutui; si è opposta allo smantellamento dell'Obamacare a tutela delle fasce più povere della popolazione per un'assistenza sanitaria minima; ha reso noti i primi dati sul pregiudizio razziale nelle corti di giustizia; si è lottata per il riconoscimento del matrimonio ugualitario in California che ha ispirato la legge Obama.
Harris è stata la seconda donna di colore a essere eletta al Senato americano e la prima donna, la prima persona di colore, la primo indo-americana a essere nominata vicepresidente. Quella di questi 60 anni è una storia di tetti di cristallo rotti, della consapevolezza che l'impegno personale e un entusiasmo difficile da scalfire potessero davvero cambiare le cose. In "Le nostre verità" però emerge anche un altro aspetto di questa donna figlia di immigrati pronta a entrare alla Casa Bianca, che questa carriera luminosa non sarebbe stata possibile senza il sostegno della sua comunità, di suo marito Doug Emhoff (che si prepara a essere il primo first gentleman degli Stati Uniti) dei suoi figliocci che la chiamano "Mamala", per i quali la domenica sera ritaglia uno spazio familiare fatto di una cena domestica e infine della sua amata sorella Maya. Se il 5 novembre questa donna varcherà la soglia della Casa Bianca lo decideranno gli americani, ma senz'altro la sua vita è lo specchio del sogno americano.