AGI - Domenica 20 ottobre in Moldavia i cittadini sono chiamati alle urne per un doppio appuntamento decisivo per il futuro del Paese: le elezioni presidenziali e il referendum sull'adesione all'Ue per inserire l'obiettivo nella Costituzione nazionale. Una consultazione che interessa il Cremlino molto da vicino, quindi a rischio interferenza da parte della Russia, per cercare di arginare la sua perdita di influenza sul Paese. Le elezioni presidenziali decideranno se la presidente Maia Sandu avrà un secondo mandato. Sandu, leader democratica e filo-occidentale, è la favorita, ma dovrà affrontare l'opposizione, tra cui Ilan Shor, un oligarca filo-russo supportato dal Cremlino, il cui blocco politico, Sor, tenta di rallentare l'integrazione europea della Moldova, promuovendo un ritorno all'influenza russa. Gli altri candidati in lizza sono in tutto 16, una cifra che non ha precedenti nella storia della Repubblica. Sandu, presidente in carica dal 2020, cercherà quindi la riconferma, ma a differenza delle scorse elezioni si candida da indipendente, con il supporto del Pas (Partito di Azione e Solidarieta'). Essendo l'unica candidata pro-europea e anti-russa a godere di fama nazionale, Sandu dovrebbe accedere al ballottaggio senza grandi problemi. Più difficile invece pensare a una vittoria già al primo turno, considerando la situazione politica del Paese. Infatti i candidati anti-Sandu sono numerosi e molto diversi tra loro, tutti pronti a contendersi l'elettorato euro-scettico e filo-russo. Tra loro c'è l'ex primo ministro Vlad Filat, che oltre all'esperienza politica vanta quella carceraria, per una condanna quadriennale per corruzione e abuso d'ufficio. Il deputato Vasile Bolea, è appoggiato dal più noto Ilian Shor, condannato a 15 anni. Irina Vlah, ex governatrice dell'auto-proclamata Repubblica di Gaugazia, è da sempre vicina alle istanze di Mosca. Alexandr Stoianoglu, ex Procuratore Generale della Moldavia, è accusato nel 2022 di concussione e abuso d'ufficio. In questo momento, Stoianoglu sembra essere il più accreditato al secondo turno. Infatti, l'ex presidente e leader del Psrm (Partito Socialista della Repubblica Moldava) Igor Dodon, da cui ci si aspettava la candidatura diretta, ha deciso di fare un passo indietro cedendo il posto a Stoianoglu. Questo dovrebbe permettere al neocandidato di ottenere i voti dei socialisti, la seconda forza politica del Paese. Se così sarà, in fase di ballottaggio - in agenda per il 3 novembre - si riproporrà la sfida classica tra il Pas e Psrm, che negli ultimi anni, nelle figure di Sandu e Dodon, ha polarizzato la scena politica della Moldavia.
La possibile adesione alla Ue
Lo stesso giorno delle elezioni presidenziali si tiene anche il referendum costituzionale. I cittadini sono chiamati a esprimersi sul tema più caldo della politica moldava: l'adesione all'Unione Europea. Sulla scheda figurerà la scritta "Sostieni la modifica della Costituzione in vista dell'adesione della Repubblica di Moldova all'Unione europea?", con accanto due opzioni, "Si'" o "No". Se dovesse vincere il "Si'", la costituzione verrebbe modificata per "confermare l'identità europea del popolo moldavo e l'irreversibilità del percorso di integrazione europea, dichiarando quest'ultimo un obiettivo strategico della Repubblica Moldava". Se, al contrario, il referendum non dovesse passare, la Costituzione non subirebbe modifiche; in tal caso, un nuovo referendum potrà essere organizzato solo due anni dopo il voto del 20 ottobre. La polarizzazione politica intorno al voto presidenziale è la stessa che riguarda le posizioni sul referendum. Da un lato il Pas di Maia Sandu è il partito che ha proposto il referendum. Dall'altro Igor Dodon ritiene illegale l'iter che ha portato all'organizzazione del referendum, chiedendone il boicottaggio o meglio il "no".
Secondo gli ultimi sondaggi, al momento il sostegno al 'si'' è pari al 56,5%, mentre solo il 25,2% sarebbe dichiaratamente contrario. In Moldavia i partiti filo-russi godono ancora di un notevole sostegno dell'elettorato, in particolare nella regione separatista della Transnistria e in quella di complicata gestione della Gagauzia. La regione moldava della Transnistria a maggioranza russofona, che confina a Est con l'Ucraina, si è separata unilateralmente dalla Moldova a seguito del crollo dell'Unione Sovietica. Il referendum del 2006, non riconosciuto dalla comunità internazionale, per la prima volta ha sancito la volontà di farsi annettere dalla Russia.
Il conflitto ucraino-russo
Dall'inizio dell'invasione russa in Ucraina, il 24 febbraio 2022, sono aumentate le tensioni nella Repubblica di Moldova, con attacchi a Tiraspol e lungo il confine con l'Ucraina. Il 9 febbraio dello scorso anno lo stesso presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, aveva informato per primo i 27 leader Ue del piano del Cremlino per "rompere l'ordine democratico e stabilire il controllo" russo in Moldavia. La presidente moldava Sandu aveva anche lei confermato il tentativo di Mosca di "un cambio di potere a Chisinau", attraverso "azioni violente, mascherate da proteste della cosiddetta opposizione", con il coinvolgimento anche di "cittadini stranieri". Il dito era puntato contro il Movimento per il Popolo che riunisce diversi gruppi filo-russi come Sor, il partito di Ilan Shor, oligarca moldavo sanzionato nell'ottobre 2022 dagli Stati Uniti per la sua vicinanza al governo russo, oggi in esilio in Israele. Dopo l'ulteriore allarme lanciato a Bruxelles dalla ministra degli Interni moldava, Ana Revenco, sul fatto che "la Repubblica di Moldova si trova sulla strada di Mosca per rompere la stabilita' e l'unione in Europa", sette persone legate al Cremlino sono state arrestate durante le proteste antigovernative guidate da Sor, che tra l'altro intimavano le dimissioni della presidente Sandu.
Dal 24 aprile 2023 è stata istituita la missione civile di partenariato in Moldova (Eupm Moldova) con l'obiettivo dichiarato di rafforzare la sicurezza del Paese contro crisi e minacce ibride, tra cui la protezione dell'integrità territoriale del Paese. È di poco più di un mese fa la notizia allarmante della richiesta delle autorità dell'autoproclamata Repubblica filo-russa di "protezione" a Mosca dal governo di Chisinau, che ricorda in modo inquietante quanto accaduto nei giorni precedenti all'invasione dell'Ucraina il 24 febbraio 2022, con il riconoscimento da parte della Russia delle Repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk, nel Donbass ucraino.