AGI - La situazione umanitaria sempre più drammatica a Gaza suscita tensioni tra Israele e il suo principale alleato: secondo i media israeliani, il segretario di Stato americano Antony Blinken e il capo del Pentagono Lloyd Austin hanno inviato una lettera allo Stato ebraico chiedendogli di "adottare misure nei prossimi 30 giorni per migliorare la situazione umanitaria a Gaza", avvertendo che in caso contrario ci saranno "conseguenze" sulla "fornitura di armi".
Un tema importante per Israele che, secondo il Financial Times, deve affrontare una carenza di razzi e missili intercettori proprio mentre si trova nel mezzo della guerra contro Hamas a Gaza ed Hezbollah in Libano e si prepara per una possibile escalation con l'Iran. Nonostante le rassicurazioni di Boaz Levy, ad di Israel Aerospace Industries, sulla produzione serrata "24 ore su 24, sette giorni su sette", per Ehud Eilam, ex ricercatore presso il ministero della Difesa israeliano, "è solo questione di tempo prima che Israele inizi a rimanere senza intercettori e debba dare priorita' al modo in cui vengono schierati".
L'amministrazione Usa ha successivamente confermato le indiscrezioni di stampa: il portavoce del Dipartimento di Stato americano Matthew Miller, durante una conferenza stampa, ha detto che Blinken e Austin hanno inviato una lettera all'inizio di questa settimana al governo di Israele in cui avvisano Tel Aviv che la continua assistenza alla sicurezza di Israele da parte degli Stati Uniti sara' a rischio se non verranno apportati cambiamenti significativi per migliorare la crisi umanitaria a Gaza entro 30 giorni.
"Abbiamo bisogno di vedere ulteriori cambiamenti da parte del governo di Israele", afferma Miller, aggiungendo che ci sono implicazioni secondo la legge statunitense e Washington spera che Israele apporti i cambiamenti delineati nella lettera. Miller ha aggiunto che la lettera era una corrispondenza privata che gli Stati Uniti non avevano intenzione di rendere pubblica, ma poiché il contenuto è trapelato ha confermato e contestualizzato il messaggio di Washington, lasciando intendere che dietro la pubblicazione ci fossero funzionari israeliani. Miller ha anche dichiarato ai giornalisti che gli Stati Uniti sanno che è possibile far arrivare aiuti umanitari a Gaza e che è possibile superare gli ostacoli burocratici e logistici.
Da giorni organizzazioni internazionali rilanciano l'allarme per le condizioni di vita nella Striscia, particolarmente critiche dopo l'avvio di nuove operazioni dell'Idf nel nord e "le peggiori restrizioni agli aiuti dall'inizio della guerra", come ha affermato James Elder, portavoce dell'Unicef. La parte settentrionale "non ha avuto cibo, nessun aiuto alimentare in arrivo per tutto ottobre", ha dichiarato, sottolineando l'"inversione assoluta" rispetto all'inizio dell'anno quando c'è stata "una vera spinta per aprire nuove rotte e punti di accesso". L'ultimo bilancio fornito dal ministero della Salute, gestito da Hamas, riporta 42.344 morti, di cui 55 nelle ultime 24 ore, e 99.013 feriti.
Sempre in tema di relazioni tra i due alleati, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto sapere che Israele prenderà in considerazione l'opinione degli Stati Uniti ma deciderà la sua risposta all'attacco iraniano in funzione del suo "interesse nazionale". La dichiarazione segue un articolo del Washington Post, secondo cui il capo di governo ha rassicurato la Casa Bianca la settimana scorsa che qualsiasi contrattacco sarà limitato a siti militari, non nucleari ne' petroliferi.
A Teheran intanto è riapparso in pubblico, dopo settimane di assenza, il comandante della Forza Quds dei Pasdaran, Esmail Qaani, che ha partecipato alla cerimonia funebre del generale Abbas Nilforoushan, ucciso il mese scorso in un raid israeliano in Libano insieme al leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Ad alimentare il mistero era il fatto che fonti iraniane di recente avevano riferito che Qaani si era sentito male durante un interrogatorio in Iran nell'ambito dell'indagine lanciata dai Pasdaran per capire come si era infiltrato il Mossad nella leadership del gruppo libanese filo-iraniano.
Da Beirut, si è fatto sentire il numero due di Hezbollah, Naim Qassem, sottolineando che i conflitti in corso a Gaza e in Libano non si possono dividere e "la soluzione per Israele è smettere di sparare, un cessate il fuoco".
"Dato che il nemico israeliano ha preso di mira tutto il Libano, abbiamo il diritto, da una posizione difensiva, di prendere di mira qualsiasi luogo" in Israele, "sia al centro, al nord o al sud", ha aggiunto Qassem.
Il gruppo sciita ha annunciato di aver preso di mira con una salva di missili ieri sera i "sobborghi di Tel Aviv" e di aver abbattuto un drone israeliano. Il ministero della Salute ha riferito che ieri in 41 hanno perso la vita in Libano a causa degli attacchi israeliani, compresi 21 ad Aitou nel nord del Paese, e tredici ospedali sono stati completamente o parzialmente chiusi.
Il premier libanese Najib Mikati ha ribadito che il suo governo vuole un cessate il fuoco e "l'attuazione della risoluzione Onu 1701", che prevede il ritiro dei miliziani di Hezbollah a nord del fiume Litani. In quest'ottica, Beirut è pronto a rafforzare la presenza dell'esercito nel sud del Paese in caso di un cessate il fuoco, ha assicurato il capo dell'esecutivo, sostenendo che "lo Stato è pronto a imporre la sua sovranità su tutto il territorio".
"Il governo sta facendo tutto ciò che è in suo potere per rimuovere qualsiasi pretesto in mano agli israeliani", ha proseguito Mikati, indicando che "da una settimana e' stata rafforzata la sicurezza all'aeroporto" di Beirut, dove "tutto viene ispezionato" per evitare il trasferimento di armi dall'Iran a Hezbollah.
Tensioni anche con la Francia
Tensioni tra il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente francese Emmanuel Macron. I due leader hanno avuto in mattinata un colloquio telefonico per discutere del conflitto tra Israele e Hezbollah. Secondo quanto riferisce una fonte all'AFP, Macron, in una riunione successiva del governo francese, avrebbe attaccato il premier israeliano.
"Il signor Netanyahu non deve dimenticare che il suo paese è stato creato da una decisione dell'ONU", ha detto Macron alla riunione settimanale del governo riferendosi alla risoluzione adottata nel novembre 1947 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite sul piano di dividere la Palestina in uno stato ebraico e uno arabo.
"Pertanto, questo non è il momento di ignorare le decisioni dell'ONU", ha aggiunto il capo dell'Eliseo.
"Un promemoria al presidente della Francia - è stata la risposta di Netanyahu affidata a una nota - non è stata la risoluzione delle Nazioni Unite a fondare lo Stato di Israele, ma piuttosto la vittoria ottenuta nella Guerra d'Indipendenza con il sangue di eroici combattenti, molti dei quali erano sopravvissuti all'Olocausto, compresi quelli del regime di Vichy in Francia".