AGI - Gli Stati dell'Ue sono spaccati sull'introduzione dei dazi sulle auto elettriche a batterie importate dalla Cina. Ora la decisione spetta solo alla Commissione europea. Al voto del comitato della difesa del commercio che avrebbe dovuto approvare per cinque anni i dazi - introdotti in via provvisoria a luglio - non è stata raggiunta la maggioranza qualificata necessaria. Sostanzialmente per dare un via libera diretto ai dazi proposti dalla Commissione serviva il voto favorevole del 55% degli Stati che rappresentino il 65% della popolazione. La stessa maggioranza è richiesta per una bocciatura immediata. L'esito del voto è stato invece di dieci favorevoli, cinque contrari e dodici astenuti. Si è così verificato il caso di 'no opinion' che rimanda la decisione nelle mani dell'esecutivo europeo.
La Commissione ha già fatto sapere che deciderà entro e non oltre il 30 ottobre ma nel frattempo continuerà a lavorare "intensamente" con la Cina "per esplorare una soluzione alternativa che dovrebbe essere pienamente compatibile con le norme del Wto, idonea a contrastare il problema delle sovvenzioni pregiudizievoli accertate dall'indagine della Commissione. Nel dettaglio, oltre al 10% attuale, sono stati definiti dazi aggiuntivi per il 35,3% al produttore cinese Saic; 18,8% a Geely e 17% a Byd. Le tariffe riguarderanno anche le aziende occidentali che producono in Cina, come l'americana Tesla, alla quale verrà applicata una tariffa del 7,8%, e altre che hanno collaborato con la Commissione europea durante l'inchiesta sui presunti sussidi di Pechino cui verrà imposta un'aliquota del 20,7%.
"Non abbiamo mai voluto imporre tariffe per il gusto di farlo. Ciò che vogliamo è rimuovere gli effetti dei sussidi dannosi che la nostra indagine minuziosamente dettagliata, compatibile con l'Wto e approfondita, ha identificato. Il motivo per cui continuiamo a negoziare e a farlo in buona fede e in modo significativo e costruttivo con le nostre controparti cinesi è proprio perché vogliamo trovare una soluzione. Siamo aperti a trovare una soluzione", ha precisato il portavoce della Commissione europea per il Commercio, Olof Gill. Nell'ambito di questo dialogo costruttivo, la Commissione - riferiscono fonti Ue - ha deciso di non riscuotere definitivamente i dazi che i Ventisette hanno bloccato provvisoriamente dall'inizio di luglio. Se entro il mese Bruxelles dovesse raggiungere un accordo - che potrebbe essere sia globale ma anche individuale con le aziende interessate - la Commissione europea non annullerebbe l'applicazione delle tariffe, ma le lascerebbe sospese, in modo tale che, se in futuro questo eventuale patto venisse violato, sarebbero reintrodotte senza dover chiedere nuovamente il sostegno degli Stati membri.
Il dossier mette a dura prova l'unità dei Ventisette
È sufficiente consultare il dettaglio della votazione per comprendere l'intensità della spaccatura. I dieci a favore sono stati: Italia, Francia, Polonia, Paesi Bassi, Irlanda, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Lituania e Lettonia. I dodici astenuti sono: Belgio, Repubblica Ceca, Finlandia, Grecia, Spagna, Croazia, Cipro, Lussemburgo, Austria, Portogallo, Romania e Svezia. I cinque contrari: Germania, Ungheria, Malta, Slovenia e Slovacchia. La Spagna a luglio, nel voto sui dazi provvisori, si era espressa a favore. Ma oggi ha virato per l'astensione dopo il viaggio del premier Pedro Sanchez a Pechino a settembre. La Germania fino all'ultimo era indecisa tra astensione (come avrebbero voluto i Verdi) e la contrarietà sposando la causa delle case produttrici. A Berlino la questione è molto sentita. Uno dei primi a reagire e' stato il ministro delle Finanze, il liberale Christian Lindner: "La Commissione non dovrebbe innescare una guerra commerciale con la Cina. Ci serve una soluzione negoziata", ha scritto su X. Per il gruppo Volkswagen "le tariffe sono un approccio sbagliato e non migliorerebbero la competitività dell'industria automobilistica europea".
"Auspichiamo che il negoziato riprenda sia in bilaterale sia in sede di Wto per giungere, come sempre sostenuto, a una soluzione condivisa nel pieno rispetto delle regole internazionali. Noi siamo contrari a ogni ipotesi di 'guerra commerciale' e lavoreremo insieme per evitarla", è la posizione espressa dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Per l'Ungheria l'Ue e' in "una guerra fredda economica" con Pechino. L'Acea, l'associazione dei produttori europei di auto, chiede che la decisione venga presa entro fine mese e ritiene "essenziale avere una strategia industriale globale che garantisca l'accesso a materiali critici ed energia a prezzi accessibili ed espanda le infrastrutture di ricarica e rifornimento dell'idrogeno".
La reazione cinese
Intanto da Pechino il ministero del Commercio ha avvertito che l'applicazione dei dazi "danneggerà la cooperazione commerciale" tra Cina e Ue, pur assicurando "di aver preso atto" della "volonta' espressa da parte europea di continuare a cercare di risolvere il problema" attraverso negoziati. La Camera di commercio cinese in Ue ha invitato a ritardare il piu' possibile l'applicazione. Nel frattempo la Cina ha gia' avviato un'indagine sulle importazioni di carne di maiale e latticini dall'Ue, perche' ritiene che siano sovvenzionate.
L'associazione di settore del cognac in Francia si ritiene gia' sacrificata dall'Europa. "Le nostre richieste di rinvio del voto e di una soluzione negoziata sono state ignorate. Le autorita' francesi ci hanno abbandonato. Non capiamo perche' il nostro settore venga sacrificato in questo modo", ha fatto sapere in una dichiarazione.