AGI - "La scelta per l'Iran era tra non far nulla con conseguente perdita di credibilità e una reazione tale da non suscitare un'escalation": così l'ambasciatore Giampiero Massolo, già segretario generale della Farnesina, inquadra in un'intervista all'AGI l'attacco missilistico di Teheran contro Israele. "Israele prepara una reazione calibrata con gli Stati Uniti", aggiunge, "Netanyahu si sente forte e valuta i rischi per capire fino a dove si può spingere".
Proprio dall'intensità della risposta, infatti, dipenderà la possibilità di scongiurare un conflitto diretto tra i due grandi nemici. "Netanyahu ritiene di giovarsi di un conflitto più ampio e non manca chi all'interno lo spinge verso una resa dei conti con Teheran", osserva Massolo, "questa però non sarebbe priva di rischi perchè comprometterebbe la situazione degli ostaggi a Gaza e provocherebbe reazioni asimmetriche dell'Iran piuttosto rilevanti".
"Gli iraniani un conflitto globale e complessivo non lo vogliono perchè ritengono che metterebbe a rischio la sopravvivenza del regime", sottolinea il diplomatico. Teheran, però, doveva dare un segnale per la decapitazione di Hezbollah, il suo più importante 'proxy' in Medio Oriente: "Rispetto all'attacco precedente di meta' aprile sono stati usati missili balistici, più veloci e precisi di quelli da crociera e dei droni, con bersagli asseritamente militari ma con il rischio di danni collaterali, anche se i sistemi di difesa iraniani sono risultati efficaci".
Per quanto riguarda le operazioni contro Hezbollah e l'incursione di terra in Libano, "gli eventi fanno pensare che Netanyahu abbia visto una finestra di opportunità di andare oltre e di mettere Israele in sicurezza, come ha fatto con l'invasione a Gaza". Il premier israeliano "scommette sul fatto che Hezbollah è scombussolata nelle sue linee di comando, accecata nelle comunicazioni. Ha un arsenale ingente anche di missili ad alta precisione ma non è chiaro chi possa dare l'ordine di usarli".
Tra l'altro per l'ex segretario generale della Farnesina "un'eventuale rappresaglia esporrebbe il Libano ad altre azioni militari e "finirebbe per alienare ulteriormente l'opinione pubblica libanese" verso il Partito di Dio sciita, "c'è un risvolto politico-elettorale". "I fatti sul terreno sembrano dare ragione a Netanyahu che ha riguadagnato popolarità", osserva. Ora si tratta di vedere come evolverà nella situazione nella regione. Massolo non intravede soluzioni al conflitto tra Israele e palestinesi ma ritiene vi sia "la possibilità di un ritorno a una dinamica positiva o non negativa per l'Occidente, con la ripresa degli Accordi di Abramo" tra Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan che prima degli attacchi del 7 ottobre si riteneva potessero essere estesi al altri Paesi arabi.
"Una reazione eccessiva israeliana, però, toglierebbe tela da tessere alle monarchie sunnite", avverte l'ambasciatore. L'escalation in Medio Oriente si riverbera anche sulle elezioni presidenziali Usa in programma tra un mese: "La corsa si deciderà su un pugno di voti negli 'Swing States', quindi ogni tema è molto delicato", sottolinea l'ambasciatore, "a rischiare di più sono i democratici perchè il presidente è Biden e la candidata Kamala Harris deve recuperare, sapendo che non può alienarsi il voto dei giovani, per lo più solidali con i palestinesi, ne' quello dell'elettorato filo-israeliano che chiede di non frenare troppo Netanyahu". Per Massolo "il perdurare del conflitto rischia di sfavorirli".