AGI - Per fermare l'escalation tra Israele ed Hezbollah, la comunità internazionale - guidata da Francia e Stati Uniti - è scesa in campo con una proposta di tregua di 21 giorni per dare tempo e modo alle diplomazie di lavorare per un accordo. Da Israele è arrivato però l'altolà: il premier Benjamin Netanyahu, volato a New York per intervenire all'Assemblea Generale dell'Onu, ha fatto sapere tramite il suo ufficio che lo Stato ebraico va avanti a colpire con forza in Libano, così come a Gaza. "Non ci sarà alcun cessate il fuoco nel nord. Continueremo a combattere Hezbollah con tutte le nostre forze fino alla vittoria e al ritorno dei residenti del nord alle loro case in sicurezza", gli ha fatto eco il ministro degli Esteri, Israel Katz, che attualmente sostituisce il capo di governo mentre è all'estero. Indiscrezioni di stampa hanno sostenuto che il premier avesse fatto un'apertura nei confronti di una tregua, acconsentendo anche a un rallentamento dei bombardamenti mentre se ne negoziavano i termini, tranne poi fare marcia indietro pubblicamente sotto le pressioni dei falchi dell'esecutivo. Contraria a fermare le operazioni dell'Idf è in primis l'estrema destra del ministro per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, che è arrivato a minacciare di far uscire il suo partito Otzma Yehudit dalla coalizione se passera' un cessate il fuoco permanente. Contrari anche esponenti del Likud e il leader di New Hope, Gideon Sa'ar, indicato la settimana scorsa come potenziale nuovo ingresso nel governo: "Solo Hezbollah ne trarra' beneficio", ha sostenuto.
Dall'opposizione si è fatto sentire il leader di Yesh Atid, Yair Lapid, che ha esortato ad accettare una tregua ma di soli 7 giorni, non 21, in modo da "non permettere a Hezbollah di ripristinare i suoi sistemi di comando e controllo". "Non accetteremo alcuna proposta che non includa la rimozione di Hezbollah dal nostro confine settentrionale. Qualsiasi proposta avanzata deve consentire agli abitanti del nord di tornare immediatamente sani e salvi nelle loro case e portare alla ripresa dei negoziati per la liberazione degli ostaggi" nelle mani di Hamas, ha precisato il leader dell'opposizione. "Qualsiasi violazione del cessate il fuoco, anche minima, porterà Israele ad attaccare nuovamente con tutte le sue forze e su tutte le parti del Libano", ha aggiunto. Dopo un incontro con il capo di Stato maggiore, Herzi Halevi, e altri vertici della sicurezza e dell'intelligence, il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha approvato "la continuazione dell'attività offensiva" contro Hezbollah in Libano. Il capo della Difesa, insieme agli altri, ha anche assistito in diretta a un nuovo attacco mirato israeliano a Beirut, nel quartiere meridionale roccaforte del gruppo filo-iraniano. Secondo fonti interne, l'obiettivo era il comandante dell'unità droni di Hezbollah, Mohammed Srur, noto come Abu Saleh, del quale l'Idf ha annunciato l'uccisione.
IAF fighter jets struck infrastructure along the Syria-Lebanon border used by Hezbollah to transfer weapons from Syria to Hezbollah in Lebanon, which the terrorist army used against Israeli civilians.
— Israel Defense Forces (@IDF) September 26, 2024
The IDF will continue to strike and act against the Hezbollah terrorist… pic.twitter.com/rZ9JaueH4I
Tra gli attacchi lanciati dai caccia israeliani, anche un raid contro un'infrastruttura al confine tra Siria e Libano che secondo l'Idf era utilizzato da Hezbollah per contrabbandare armi e un altro contro un edificio nei pressi di Baalbek che ospitava lavoratori siriani e le loro famiglie, facendo 23 morti. Secondo fonti della sicurezza di Damasco, dall'inizio della campagna di intensi bombardamenti sul Libano, oltre 22.000 persone sono fuggite in Siria, oltre la meta' siriani. Intanto, continuano a cadere razzi sul nord di Israele: stamane oltre 30 sono stati lanciati dal Libano verso Acri e la baia di Haifa, mentre nel pomeriggio altri quaranta hanno preso di mira l'Alta Galilea, alcuni intercettati, altri caduti in zone aperte, senza fare danni o vittime, ma innescando fuochi.