AGI - Verdetto atteso e clamoroso in Giappone dove un detenuto è stato assolto dopo 56 anni nel braccio della morte. Lo ha annunciato la Corte di Shizuoka al termine del processo di riesame. Iwao Hakamada, un giapponese di 88 anni che ha trascorso 56 anni in carcere, è stato accusato di aver ucciso il suo capo e tre membri della sua famiglia nel 1966. Fu condannato a morte due anni dopo.
Numerosi dubbi hanno sempre impedito che la pena venisse applicata. La storia dell'ex pugile è un simbolo per i sostenitori dell'abolizione della pena di morte in Giappone, meno numerosi, secondo i sondaggi, nell'arcipelago, rispetto ai favorevoli. Centinaia di persone si sono messe in fila davanti al tribunale di Shizuoka (a ovest di Tokyo) per cercare di ottenere un posto per il verdetto atteso nel primo pomeriggio.
Hakamada, ex dipendente di un'azienda produttrice di miso (soia fermentata), all'epoca aveva inizialmente confessato di essere l'autore degli omicidi per poi ritrattare denunciando i metodi brutali subiti durante gli interrogatori. Tuttavia, la sua condanna a morte fu confermata nel 1980 dalla Corte Suprema giapponese.
I suoi avvocati hanno sempre sostenuto che le prove siano state probabilmente fabbricate all'epoca dalla polizia o dagli investigatori per giustificare il suo arresto e la sua condanna. Nel 2014, un tribunale ammise i dubbi sulla sua colpevolezza dopo che i test genetici avevano minato le prove al centro del caso dell'accusa: il DNA trovato su vestiti insanguinati non corrispondeva al suo.
Ma la strada per ottenere un processo di revisione per la persona che si ritiene abbia trascorso più tempo nel braccio della morte al mondo è stata particolarmente lunga e tortuosa. I condannati a morte in Giappone vengono spesso avvertiti all'ultimo momento che saranno impiccati poche ore dopo (l'impiccagione l'unico metodo di pena di morte accettato nell'arcipelago). I politici non hanno alcuna intenzione di abolire la pena di morte.