AGI - Il tema di un governo di unità nazionale è tornato a circolare con insistenza in Israele, alla luce dello stallo nei negoziati e al contempo delle vaste proteste di piazza che chiedono all'esecutivo di Benjamin Netanyahu di raggiungere un accordo con Hamas che riporti a casa i 101 ostaggi ancora prigionieri a Gaza. A spingere per l'allargamento della compagine governativa, con l'ingresso dell'opposizione, c'è il presidente Isaac Herzog: in una dichiarazione lunedì sera, il capo di Stato ha esortato "il sistema politico a fare squadra e sostenere con tutte le sue forze la liberazione di tutti gli ostaggi", mettendo l'accento sul fatto che "insieme si debba fare ogni passo possibile per spingere i decisori a riportarli a casa". Ma Lapid stamane ha pubblicamente chiuso la porta all'idea, spiegando che "non esiste una proposta del genere, Netanyahu non la vuole". "Ho proposto un governo di unità il pomeriggio del 7 ottobre in una conversazione con Netanyahu, e più tardi in una conferenza stampa", ha proseguito il leader di Yesh Atid. Nonostante lo reputi "un pessimo primo ministro, l'uomo peggiore come primo ministro che possiamo avere in questo periodo", Lapid ha ricordato di avergli reiterato altre "trenta volte da allora" l'offerta di "una 'rete di sicurezza' per chiudere un accordo". Unica condizione posta, la cacciata dei ministri dell'estrema destra Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich.
"Il governo con Ben-Gvir e Smotrich non è stato imposto a Netanyahu, questo è il governo che vuole, questi sono i partner che vuole. È tempo che il pubblico capisca: vuole stare con loro perché è un bene per le sue questioni legali", ha sottolineato il leader dell'opposizione. E come ribadito da fonti interne di Yesh Atid, citate da Haaretz, "se il primo ministro fosse serio, allora invierebbe un emissario e indicherebbe certi punti, il genere di cose che si fanno in questi casi. Ma Netanyahu non ha fatto nulla e ha risposto alle proposte di Lapid con disprezzo e indifferenza". A favore di un esecutivo di unità lavora Shas: voci riportate dai media parlano da qualche tempo di un impegno sottotraccia del partito ultraortodosso sefardita per indebolire o addirittura far rimuovere proprio il ministro per la Sicurezza nazionale e leader dell'estrema destra Ben-Gvir, ferocemente contrario a qualsiasi intesa sugli ostaggi e considerato l'imbarazzante 'piromane' che crea problemi in patria e all'estero con dichiarazioni incendiarie. Su Shas si è fatto sentire anche il Forum dei familiari dei rapiti, che nelle ultime settimane - dopo il recupero dei corpi di sei giovani ostaggi giustiziati da Hamas e l'ondata di orrore e rabbia che ne è seguito - ha aumentato le critiche nei confronti di Netanyahu e le pressioni sul leader del partito ultraortodosso Aryeh Deri, così come sul partito ultraortodosso ashkenazita United Torah Judaism. Sembra che Shas sia pronto a far fuori Ben-Gvir ma difenda con forza la permanenza nel governo di Smotrich.
"Chiunque voglia il meglio per gli ostaggi e il loro ritorno a casa deve sostenere questo sforzo. Non si tratta di (dare) un sostegno vitale a Netanyahu, ma al Paese", ha riferito una fonte interna a Haaretz. Quanto al resto dell'orizzonte politico dell'opposizione, Avigdor Lieberman - in passato alleato di governo, divenuto poi acerrimo nemico - non intende affatto offrire aiuto a Netanyahu. Quanto a Benny Gantz, si sta ancora riprendendo dalla recente esperienza governativa, dopo aver deciso lo scorso ottobre - in seguito al massacro di Hamas - di entrare nella coalizione per spirito di servizio, tranne poi uscirne a giugno a causa di dissidi con il premier sulla guerra e soprattutto per la mancanza di una strategia postbellica per Gaza. Tuttavia, nel partito Unità Nazionale dell'ex ministro e capo di Stato maggiore, c'è chi crede fermamente nell'idea di un esecutivo allargato: il deputato Matan Kahana, una carriera politica a metà strada tra il centro e la destra, è convinto che non potendo "rovesciare il blocco di 64 voti della coalizione in Parlamento, l'unico modo per salvare Israele e' fare un governo di unita' fino alle elezioni". D'altra parte, Kahana è anche consapevole che "Netanyahu preferisca dipendere da Ben-Gvir e Smotrich, che non vogliono elezioni, piuttosto che da Lapid e Lieberman che le vogliono". Alla prossima tornata elettorale il capo del Likud, messo sotto accusa per il disastro del 7 ottobre e per la controversa gestione della guerra con Hamas, inclusi gli negoziati per liberare gli ostaggi, potrebbe pagare un alto prezzo.