AGI - "Su spinta dei partner africani, la Cina sta cercando di riequilibrare le relazioni col continente, orientando la cooperazione verso altri Paesi e altri settori, tra cui la sicurezza, facendo scattare le preoccupazioni dell'Occidente". Al termine del IX Forum sulla cooperazione Cina-Africa (Focac), svoltosi a Pechino, è questa l'analisi all'AGI di Alessandra Colarizi, sinologa, direttrice editoriale di China Files. "Tutti gli annunci sono un buon inizio, ma passare dalle parole ai fatti è tutt'altra cosa. Prima del Forum, Pechino ha rilasciato una serie di dati che dovrebbero confermare il successo delle politiche varate gli anni passati. Validare indipendentemente quei numeri non è cosa semplice e - al netto dell'entusiasmo dimostrato al forum dai leader africani - qualche lamentela per alcune promesse rimaste disattese si è fatta sentire", sottolinea l'esperta della potenza asiatica.
È presto per parlare di un attivismo politico e diplomatico dei leader africani, anche perché molti di loro sono sotto la pressione del rimborso di importanti prestiti concessi da Pechino negli ultimi anni. Ma qualche piccolo risultato lo riportano a casa: dei dieci piani d'azione menzionati dal presidente Xi Jinping spiccano la cooperazione agricola - che trarrà beneficio anche dalla rimozione delle tariffe in 33 Paesi - e quella industriale, due settori che, se realmente potenziati, permetteranno di centrare la creazione di "almeno un milione di nuovi posti di lavoro" per la popolazione locale. "Un punto su cui i governi africani insistono da anni ed effettivamente quanto si prefigge Pechino è l'esito di un percorso cominciato nel 2021 durante il Focac di Dakar", ricorda l'analista. A questo punto, "passano invece in secondo piano le infrastrutture che hanno dominato l'agenda africana di Pechino per 20 anni". Xi ha parlato di 30 futuri progetti legati alla connettività di alta qualità. Non sono noti dettagli, ma è probabile che come ormai da diversi anni la Cina investirà nelle infrastrutture "solo dopo attente valutazioni economiche e solo quando i progetti possiedono un valore strategico, come nel caso della storica ferrovia Tazara (acronimo di Tanzania-Zambia Railway), che collega le miniere dello Zambia alle coste della Tanzania", sottolinea Colarizi.
Il motivo della cautela è da attribuirsi da una parte alla volontà di contenere l'indebitamento dei paesi africani, dall'altra al rallentamento dell'economia cinese che non permette più finanziamenti spericolati. L' importo stanziato, tuttavia, dimostra come ci sia l'intenzione di continuare a investire nel continente, nonostante le attuali difficoltà finanziarie della Cina, i pericoli legati alla sicurezza nonché l'instabilità politica di molti Stati africani: i 50 miliardi di dollari promessi ora sono meno dei 60 miliardi del Focac 2018 ma più dei 40 miliardi dell'edizione del 2021, compromessa dalla pandemia. La sinologa fa poi notare come sta cambiando anche "la disposizione geografica degli interessi cinesi, per decenni focalizzati nel quadrante orientale", osservando nell'ultimo periodo "una crescente attenzione per l'Africa occidentale, non solo come conseguenza del ripiegamento francese: il quadrante gode di una migliore situazione creditizia rispetto ad altre aree interessate dagli investimenti cinesi".
Cosi', sospese le grandi ferrovie nel Corno d'Africa, stanno aumentando invece i progetti portuali cinesi in Costa d'Avorio, dove la crescita del Pil si e' mantenuta intorno al 6%, malgrado le tensioni politiche. Il Golfo di Guinea si presta inoltre all'ampliamento di scali commerciali. Ma anche alla potenziale apertura di un'altra struttura militare complementare alla base di Gibuti sulla costa orientale. "È un avamposto che permetterebbe a Pechino di osservare da vicino (ma non troppo) gli sviluppi nel Sahel e sull'altra sponda dell'Atlantico. Cosa che agita particolarmente gli Stati Uniti", prospetta l'interlocutrice che collabora con diverse testate giornalistiche e l'Aspen Institute.