AGI - Un nuovo incubo inquieta l'Iraq con il nome di Allahiyah, un gruppo nato da una costola dell'Islam sciita che attrae giovani con pratiche poco convenzionali, li assorbe nel movimento per poi indurli al suicidio. Le attività del gruppo, conosciuto anche come "Qurban", che significa "sacrificio", hanno catturato l'attenzione del governo e dell'opinione pubblica del Paese, che si interroga su come contrastare l'ascesa di una setta che sta assumendo dimensioni preoccupanti.
La parola Allahiyah deriva da una fusione delle parole Ali e divinità in arabo e nasce da una costola dell'Islam sciita alawita, con cui condivide la stessa adorazione mistica nei confronti di Ali, cugino del Profeta Maometto. Si ritiene che la setta sia nata nel 2020 nella città di Bassora e conti su circa 2,500 adepti che agiscono agli ordini di un misterioso clerico, che i media iracheni hanno individuato come Abdul Ali Munim al-Hasani, che però risiede a Mashaad in Iran. Rispetto agli alawiti il nuovo movimento pratica il suicidio, seguendo una pratica a estrazione, e accusa gli sciiti di aver distorto il messaggio che l'Imam Ali voleva veicolare ai fedeli.
All'inizio il gruppo si è fatto notare per diversi video in cui giovanissimi fedeli ballavano al ritmo di musica elettronica ad altissimo volume e cantavano slogan che inneggiavano ad Ali, alla redenzione e al paradiso. Per gli adepti della setta il sacrificio per Ali è infatti considerato "il più alto degli onori". Il percorso prevede l'adesione alla setta, la selezionati per partecipare al "sorteggio finale" e avere la possibilità di poter morire per incontrare l'Imam Ali.
Pratiche che hanno dato il via a un'ondata di suicidi iniziata nel 2021, quando tra Bassora e Dhi Qar sono iniziate le prime morti sospette. Una scia di sangue arrivata fino a questi giorni. Non solo suicidio, ma anche sacrificio: uno dei membri di Allahiyah è stato arrestato lo scorso luglio con l'accusa di omicidio, e ha confessato di "aver sacrificato ad Ali" due membri della propria famiglia. Lo scorso maggio, nella stessa zona, altri 4 giovanissimi iracheni sono stati trovati morti impiccati, dopo essersi suicidati tutti nel giro di pochi giorni. Secondo i media iracheni nel mirino delle indagini sono finiti 25 suicidi sospetti, tutti avvenuti negli ultimi mesi.
Un mantra, quello della salvezza eterna attraverso il sacrificio, che ricorda la promessa con cui l'Isis attirava tra le sue fila nuovi combattenti. Una ricetta che sembra funzionare in un Paese come l'Iraq, in cui il 60% della popolazione ha meno di 25 anni e il tasso di disoccupazione tra i giovani è superiore al 32%. Corruzione e stagnazione economica sono ormai croniche nel Paese e costituiscono lo sfondo ideale per fare proseliti.
Tuttavia l'ondata di suicidi ha scatenato la reazione delle autorità. A fine luglio sono state arrestate 39 persone, sei altri adepti sono stati condannati per istigazione al suicidio, mentre altre 10 sono finite in manette ieri nella provincia di Maysan. Il governo iracheno ha dichiarato la linea della tolleranza zero verso il movimento Allahiyah, tacciato come "infedele ed estremista" anche dal clerico sciita Moqtada al Sadr.