AGI - Quattro guardie carcerarie in Russia sono state uccise nella rivolta messa in atto da un gruppo di detenuti, armati di coltelli, e che in dei video non verificati ufficialmente si sono identificati come militanti dell'Isis. La ribellione nella colonia penale di massima sicurezza Ik-19 di Surovikino, a circa 140 chilometri da Volgograd, è l'ultima grave crisi di sicurezza vissuta dalla Russia in appena cinque mesi. Il gruppo di sequestratori, che aveva preso in ostaggio otto secondini, avrebbe chiesto un riscatto di due milioni di dollari e un elicottero per volare in Georgia. La crisi si è risolta con l'intervento della Guardia nazionale russa che ha neutralizzato i quattro rivoltosi, i quali sono però riusciti a uccidere quattro dipendenti della colonia penale.
La Guardia nazionale ha pubblicato un video che mostra agenti delle truppe speciali in uniformi mimetiche, armati e con i volti pixelati, molti minibus bianchi senza contrassegni accanto alla prigione e due ambulanze. "I criminali hanno inflitto coltellate di varia gravità a quattro dipendenti del carcere, tre di loro sono morti. Altri quattro, che hanno resistito, sono stati ricoverati in ospedale, uno di loro è morto in ospedale", riferisce la versione ufficiale del Servizio penitenziari federale.
Footage from the Russian National Guard at the Surovikino colony, where special forces freed the hostages.#Russia pic.twitter.com/Me9EWBEsPE
— (@cheguwera) August 23, 2024
Degli 'insorti' non si molto: secondo l'agenzia Tass, tre erano stati condannati per traffico di droga e un altro per omicidio colposo durante una rissa. Il governatore di Volgograd, Andrei Bocharov non ha rilasciato dichiarazioni sull'identità dei sequestratori, ma ha accennato alle segnalazioni secondo cui si tratterebbe di cittadini di Paesi dell'Asia centrale. "Non permetteremo a nessuno di provare a incitare la discordia etnica", ha tenuto subito a sottolineare il governatore, a riprova di quanto sia delicato il tema.
Filmati non verificati circolati online mostrano i sequestratori che gridano "Allahu Akbar" e tengono in mano coltelli e bandiere che ricordano quelli dell'Isis. "Gli ufficiali delle forze dell'ordine sono stati catturati. Coloro che hanno oppresso, umiliato e torturato i fratelli musulmani sono stati uccisi. Li abbiamo trattati allo stesso modo", si sente dure da una voce fuori campo in uno dei video. Secondo alcune fonti non confermate, l'attacco voleva vendicare i terroristi arrestati per l'attentato islamista alla sala concerti Crocus City Hall, poco fuori Mosca.
La gravità della questione ha costretto il presidente russo, Vladimir Putin, a parlare della crisi durante una riunione del Consiglio di sicurezza russo, dove ha ascoltato le relazioni del ministro dell'Interno e dei vertici della Guardia nazionale e del Servizio penitenziario. Quello del carcere di Volgograd è l'ultimo di una serie di episodi di violenza interetnica avvenuti in Russia dopo l'attentato al Crocus City Hall, rivendicato dalla branca dell'Asia centrale dell'Isis, e in cui sono morte 145 persone.
Per quella strage sono in custodia cautelare in attesa di processo quattro cittadini del Tagikistan. A giugno, detenuti affiliati all'Isis avevano organizzato un assedio simile in una prigione nella regione meridionale di Rostov; anche allora, le forze speciali russe sono intervenute, uccidendo cinque sequestratori e liberando le guardie carcerarie. Sempre a giugno, almeno 21 persone sono state uccise in attacchi terroristici coordinati a Derbent e Makhachkala, le due città più grandi della repubblica russa del Caucaso settentrionale del Daghestan.
Due sinagoghe, due chiese ortodosse e un posto di polizia sono stati attaccati simultaneamente da uomini armati, uccidendo 16 poliziotti e almeno altre cinque persone, tra cui un prete ortodosso. Non vi è stata rivendicazione, ma l'Isis ha elogiato gli attacchi. Gli attentati a Mosca e in Daghestan hanno suscitato forti critiche nei confronti delle autorità e dei servizi segreti per non essere riusciti a prevenirli. L'Isis ha più volte promesso di colpire la Russia per il suo sostegno al leader siriano Bashar al-Assad, che ha condotto una campagna militare per stroncare il gruppo islamista in Medio Oriente.