AGI - Nel raid aereo della notte a Teheran non è stato solo ucciso il leader di Hamas, ma è stato sferrato un pugno violento su molteplici tavoli negoziali che ora rischiano di saltare: da quello sulla liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza a quello sul nucleare iraniano. Ne è convinta Paola Caridi, esperta del movimento islamico e autrice per Feltrinelli del volume 'Hamas - dalla resistenza al regime'.
L'eliminazione di Ismail Haniyeh, dice Caridi all'Agi, non è un problema per Hamas quanto per la regione: "per dove è avvenuta e per quando è stata compiuta: all'indomani dell'insediamento di Masoud Pezeshkian, un presidente iraniano riformista pronto a riaprire il dialogo con l'Occidente e il negoziato sul nucleare". Da non sottovalutare, mette in evidenza la studiosa di relazioni internazionali, il valore simbolico che ha per la cultura orientale l'uccisione di un ospite in un Paese che si era fatto garante della sua sicurezza.
"Teheran non può non rispondere" dice Caridi, "questo è stato un durissimo colpo all'immagine di un presidente appena insediato. Non è come l'attacco sul consolato iraniano a Damasco al quale il regime rispose con una rappresaglia moderata cui segui' una contro-risposta altrettanto moderata di Israele. Qui siamo di fronte a un chiaro tentativo da parte di Netanyahu di gettare la regione nel caos. Di certo ora non sentiremo più parlare delle torture dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane né della prospettiva dell'apertura di un fronte nord con Hezbollah e con il Libano".
Secondo la giornalista e saggista "non è detto che tutto l'establishment della sicurezza israeliana fosse d'accordo" con l'eliminazione di Haniyeh in un territorio terzo, ma non è la prima volta che lo stato ebraico tenta di uccidere un capo di Hamas all'estero e ne paga le conseguenze.
"Nel 1997 Netanyahu diede l'ordine di ammazzare Khaled Meshal (predecessore di Haniyeh, ndr) ad Amman, ma gli agenti del Mossad fallirono per l'intervento delle guardie del corpo e poi della polizia giordana" ricorda Caridi. "Per Israele fu un boomerang pazzesco: fu imposto a Netanyahu di dare l'antidoto (gli agenti catturati avevano cercato di iniettare un veleno nel collo di Meshal) e re Hussein chiese e ottenne anche la liberazione dello sceicco Ahmad Yassin, allora detenuto in Israele".
Solo gli Usa e l'Europa, che finora non ha fatto niente, possono fermare l'escalation
Ma se il rischio di far sprofondare la regione nel caos è così alto, perché azzardare una mossa simile? "È un modo per Netanyahu per dire 'abbiamo vinto, stiamo ammazzando tutti i responsabili della strage del 7 ottobre" dice Caridi, "ora bisogna capire quale sarà la risposta di Teheran, se sarà affidata a Hezbollah, agli Houthi e ai gruppi iracheni oppure se entrerà in gioco l'Iran in prima persona. Ma anche da quale sarà la reazione nei campi profughi palestinesi in Libano e delle fazioni al loro interno".
E se c'è qualcuno che può arrestare la discesa nel precipizio, non sono i Paesi della regione. "Solo gli Usa e l'Europa, che finora non ha fatto niente, possono fermare l'escalation" dice la studiosa, "ma un ruolo può averlo anche la Cina".
Haniyeh metteva insieme il ruolo di politico, predicatore e uomo di governo
Ma cosa ha rappresentato Hanyeh per Hamas e cosa rappresenta la sua morte. "È stata la persona più vicina allo sceicco Yassin, ed è stata la prima figura di governo di Hamas non solo all'interno di Gaza" dice Caridi, "Quando Hamas vinse le elezioni legislative dell'Anp fu immediatamente indicato come primo ministro: aveva in sé un ruolo politico ma anche una capacità di dialogare con le altre parti politiche palestinesi, cosa che non fu possibile perché la rottura fu subitanea. È lui che ha rappresentato il potere territoriale di Hamas e poi sempre di più il regime. Tutti i capi di Hamas hanno esercitato il loro potere dall'estero, sia perché fuori da Gaza, ospito di un Paese terzo si ritiene sia più difficile essere uccisi e poi perché è da lì che l'ufficio politico del movimento può esercitare il proprio ruolo sulla scena internazionale. È originario di un campo profughi, ha sempre vissuto in una casa modesta dove la sua famiglia è rimasta e dove una sessantina tra parenti di vario grado sono stati uccisi. È simbolico che il figlio, parlando oggi della sua morte, abbia usato le stesse parole sul valore del proprio sangue rispetto a quello degli altri palestinesi, che il padre aveva pronunciato ad aprile, quando tre dei suoi dieci figli furono uccisi con i nipotini".
Caridi evidenzia i parallelismi che legavano Haniyeh a Yahya Sinwar, capo militare di Hamas cui Israele dà la caccia dal 7 ottobre nei tunnel di Gaza e con Khalil Hayya "probabile sostituto, numero due del politburo e pure lui formatosi nell'università islamica di Gaza", così come Abu Marzouk, altro possibile successore. "Però" sottolinea la studiosa, "Haniyeh metteva insieme il ruolo di politico, predicatore e uomo di governo. Il negoziato sugli ostaggi lo vedeva protagonista e anche quello sulla governance palestinese nel dopoguerra. Ammazzarlo significa togliere di mezzo una persona che era protagonista in molti tavoli".