AGI - Come l'Idra, anche Hamas fa ricrescere in men che non si dica le proprie teste quando vengono tagliate. Ogni capo ucciso da Israele viene rimpiazzato in pochi giorni e per questo il danno fatto al movimento in termini di gestione dell'ufficio politico è relativo.
Con la morte di Haniyeh sono due le personalità che si affacciano sulla scena per prendere il suo posto, anche se non è dato sapere in che tempi: Khalil al-Hayya, nato nel 1960 a Gaza, è membro del Politburo di Hamas e vice capo del politburo regionale di Hamas nel territorio plaestinese dal 2017. Ha guidato la lista del gruppo "Gerusalemme è la nostra promessa" che avrebbe dovuto partecipare alle elezioni legislative annullate del maggio 2021.
Al-Hayya ha ricoperto diversi incarichi nei sindacati degli studenti e dei lavoratori ed è stato eletto al Consiglio legislativo palestinese (PLC) nel 2006. Ha svolto un ruolo chiave nella negoziazione di un cessate il fuoco con Israele durante la guerra di Gaza del 2014. Diversi membri della sua famiglia sono stati uccisi da Israele, tra cui sua moglie e tre figli durante un tentativo di eliminarlo nel 2007.
Moussa Abu Marzouk, nato nel 1951 nella città di confine di Rafah a Gaza, ha contribuito a fondare Hamas nel 1987 ed e' membro del suo Politburo. E' anche il vice capo del politburo "esterno" del gruppo e una figura di spicco nei colloqui di riconciliazione con Fatah. Marzouk ha iniziato la sua carriera politica negli Emirati Arabi Uniti, dove ha contribuito a fondare una branca della Fratellanza Musulmana palestinese.
In seguito si è recato negli Stati Uniti, dove ha creato numerose istituzioni e fondazioni islamiche, tra cui alcune incentrate sulla causa palestinese. E' membro fondatore dell'Università islamica di Gaza. E' stato deportato due volte dalla Giordania nel 1995 e nel 1999 per il suo lavoro con Hamas e la Fratellanza Musulmana; la prima volta è stato estradato negli Stati Uniti, dove l'FBI lo ha arrestato e trattenuto senza accusa fino al 1997, quando è stato rimandato in Giordania; e nel 1999, quando è stato deportato in Siria. Ha lasciato la Siria nel 2012 e da allora vive tra Gaza, l'Egitto e il Qatar.
C'è anche un terzo nome, quello di Khaled Meshal, il "martire vivente", che ha sempre ambito a essere una sorta di 'Arafat islamista'. Nonostante abbia annunciato più volte il proprio ritiro dalla scena politica, rimane uno dei membri fondatori di Hamas ed è sempre stato una figura attiva al fianco di Haniyeh, che ha accompagnato sia nell'incontro di Istanbul dello scorso aprile con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, sia nei negoziati per un cessate il fuoco.
Meshal, esattamente come Haniyeh, vive da anni in esilio e il fatto di non essere confinato a Gaza gli permetterebbe di continuare a intrattenere rapporti e relazioni con gli Stati amici, un lavoro che ha continuato a svolgere all'ombra di Haniyeh negli ultimi anni. Nato in Cisgiordania, ma cresciuto in Giordania dove la sua famiglia si era spostata in seguito alla Guerra dei Sei Giorni, Meshal si è poi trasferito.
Con la fondazione di Hamas nel 1987 Meshaal divenne segretario della sezione del movimento con base in Kuwait, salvo essere poi costretto a lasciare il Paese nel 1990 e tornare in Giordania, ad Amman. Proprio nella capitale giordana nel 1997 Meshal sopravvisse a un tentativo di assassinio da parte di due agenti israeliani. Un piano ideato ai tempi del primo governo del premier israeliano Benjamin Netanyahu, ma che fallì.
I due, entrati nel Paese con passaporto canadese falso, iniettarono una dose di veleno con effetto progressivo nell'orecchio del leader di Hamas durante un evento pubblico, ma furono arrestati. Il re giordano Hussein negozio' con Netanyahu e ottenne che Israele fornisse l'antidoto al veleno. Un episodio che conferì a Meshal l'aura di "martire vivente" e gli permise di scalare i ranghi di Hams dopo l'uccisione da parte di Israele del leader spirituale, lo sceicco Yassin e del successore Abdel Aziz al Rantisi nel 2004.
Sotto la guida di Meshal, Hamas riuscì a ottenere la clamorosa affermazione delle elezioni del 2006. Nel 2017 ha lasciato la leadership del partito per divenire il capo dell'ufficio politico all'estero, che ha poi lasciato dopo l'elezione di Haniyeh.