AGI - La vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris ha lanciato la sua campagna elettorale con un duro attacco personale a Donald Trump e ha giurato di vincere a novembre nonostante le "montagne russe" dell'uscita di scena del presidente Joe Biden. Harris sta marciando diretta verso la nomination: secondo i media statunitensi, ha già ricevuto il sostegno di un numero sufficiente di delegati democratici per vincere la nomina presidenziale del suo partito. Secondo le stime della Cnn, Harris è ora sostenuta da ben più dei 1.976 delegati, su quasi 4.000, di cui avrà bisogno per vincere la nomination al primo scrutinio. Un risultato del quale si è definita "orgogliosa".
II sostegno di Biden
Biden intanto ha rinnovato l'invito a sostenere Harris intervenendo in collegamento telefonico alla riunione del quartier generale della campagna elettorale a Wilmington, nel Delaware. "Voglio dire alla squadra: abbracciatela. E' la migliore", ha detto Biden. "So che la notizia di ieri è sorprendente e difficile da sentire, ma era la cosa giusta da fare", ha aggiunto a proposito della sua decisione di ritirarsi. Il presidente Usa si è quindi impegnato a continuare a lavorare su temi chiave fino alla fine del suo mandato, inclusa la fine della guerra a Gaza.
Rivolgendosi a Trump, Harris ha fatto riferimento al suo passato ruolo di procuratore capo della California, dicendo che "ha affrontato colpevoli di ogni tipo". "Predatori che hanno abusato di donne. Truffatori che hanno derubato i consumatori. Imbroglioni che hanno infranto le regole per il proprio tornaconto. Quindi ascoltatemi quando dico che conosco il tipo di Donald Trump", ha affermato tra gli applausi.
"Quando lottiamo, vinciamo", ha detto la vicepresidente lanciando quello che potrebbe diventare uno dei suoi slogan elettorali in contrapposizione al "fight fight fight", lotta lotta lotta, lanciato da Trump subito dopo essere sopravvissuto a un attentato dieci giorni fa. "Abbiamo 106 giorni e vinceremo", ha detto Harris. "E' stata una montagna russa e siamo tutti pieni di emozioni contrastanti... Devo solo dire che amo Joe Biden", ha dichiarato.
Le battaglie di Harris
Harris si è anche impegnata a concentrarsi sulla questione politicamente esplosiva dell'aborto, dopo che Trump ha elogiato la decisione della Corte Suprema del 2022 di rovesciare il diritto federale di lunga data alla procedura.
Con l'obiettivo di diventare la prima donna presidente nella storia degli Stati Uniti, la 59enne Harris ha ottenuto il sostegno di un numero apparentemente inattaccabile di democratici. In particolare tra loro c'è la potente ex portavoce della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi, che ha affermato di sostenere Harris "con immenso orgoglio e ottimismo illimitato".
E, a sopresa, è arrivato anche il giudizio positivo di David Axelrod, storico consigliere di Barack Obama, l'ex presidente degli Stati Uniti che ancora non ha annunciato il suo sostegno alla vicepresidente. Commentando l'intervento di Harris dal suo quartier generale, il primo da potenziale nominata, Axelrod è parso colpito, e ha lodato la vicepresidente. Anche la principale federazione sindacale Afl-Cio ha dato il suo appoggio formale.
La mobilitazione dei donatori
I donatori si sono mobilitati a sostegno di Harris, versando la cifra record di 81 milioni di dollari alla sua campagna nelle 24 ore successive al ritiro di Biden. Un assistente di Harris ha fatto sapere che la vicepresidente incontrerà il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu questa settimana durante la sua visita a Washington, separatamente dall'incontro programmato da Biden, che rientrerà nel pomeriggio alla Casa Bianca e dovrebbe vedere 'Bibi' giovedi'. Harris non parteciperà al discorso di Netanyahu al Congresso mercoledi' a causa di un evento precedentemente programmato a Indianapolis. E oggi terrà un evento elettorale a Milwaukee, nel Wisconsin, uno degli Stati in bilico del Midwest.
Cinque nomi per il possibile vice
Intanto si sono ridotti a cinque, più probabilmente quattro, i nomi dei candidati a vice di Harris: il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro, quello dell'Illinois JB Pritzker, quello del Kentucky Andy Beshear, il governatore del North Carolina Roy Cooper e il senatore dell'Arizona Mark Kelly. Dall'elenco dei "magnifici sette" sono usciti, al momento, la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer e quello della California Gavin Newsom, che hanno detto chiaramente di non essere disposti a candidarsi.