AGI - Prima d'ora Tel-Aviv non aveva mai attaccato direttamente i ribelli Houthi nello Yemen, un Paese distante quasi 1800 chilometri dalle sue coste. È invece successo oggi, dopo una riunione del gabinetto di sicurezza convocata all'ultimo, per giunta nello Shabbat ebraico, giornata durante la quale i fedeli, come i numerosi ministri osservanti del governo di Benjamin Netanyahu, sono tenuti ad astenersi dal lavoro e da numerose altre attività quotidiane.
I raid aerei israeliani, secondo vari media arabi, sono stati condotti con caccia F-35 e hanno colpito, come ha rivendicato Israele, "obiettivi militari": depositi di stoccaggio del petrolio e alcune infrastrutture elettriche di Hodeida, città portuale yemenita controllata dai ribelli.
Gli attacchi, hanno riferito testimoni del posto citati dai media arabi, sono durati almeno una decina di minuti e hanno provocato vasti incendi con almeno "80 feriti", di questi "molti ustionati gravi", secondo quanto riferito dal ministero della Sanità yemenita controllato dagli Houthi che tuttavia non ha menzionato morti.
Il raid rivendicato dall'Idf israeliano è stato definito come una ritorsione contro il "regime terroristico Houthi" responsabile di "centinaia di attacchi contro Israele" condotti negli ultimi mesi.
A scatenare la risposta israeliana, tuttavia, è stato soprattutto l'ultimo attacco (il primo mortale condotto sul suolo israeliano) messo a segno dai ribelli filo iraniani con droni scagliati contro Tel-Aviv, venerdì. Un attacco che ha provocato feriti e ucciso una persona nella Capitale.
Le prove raccolte, secondo gli esperti israeliani, dimostrano che il drone era di fabbricazione iraniana (un modello Samad-3) di buona fattura e capacità tanto da colpire molto vicino al consolato statunitense, l'ex sede dell'ambasciata statunitense a Tel Aviv. Prima di questo venerdì i droni o i missili degli Houthi contro Israele erano sempre stati intercettati. Ed è forse proprio questo il fattore che ha scatenato la ritorsione.
Mentre l'Idf continuava a indagare sulla defaillance del proprio sistema di sicurezza, il premier Netanyahu - dopo aver informato Washington - ha convocato in tempi record, in tarda mattinata, la riunione del gabinetto di sicurezza per dare il via libera a un "attacco mirato" contro "obiettivi militari" Houthi nello Yemen. Una rappresaglia in piena regola come anche Washington e Londra, nei mesi scorsi, hanno messo in atto dopo gli attacchi Houthi alle navi commerciali in transito nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden, senza pero' mai riuscire a fermare la milizia sostenuta dall'Iran che di fatto controlla più della metà dello Yemen
Alla vigilia del raid contro Hodeida - hanno riferito fonti israeliane - il ministro della Difesa Yoav Gallant ha informato il suo omologo statunitense, Lloyd Austin, anticipando l'imminente risposta all'attacco degli Houthi. Circostanza confermata oggi dalla stessa Casa Bianca che, in un comunicato, ha ribadito il diritto di Tel-Aviv all'autodifesa senza tuttavia confermare il coinvolgimento diretto delle proprie forze armate nella pianificazione e nell'esecuzione dell'attacco israeliano in territorio yemenita.
Certo è che le dichiarazioni degli Houthi e del Premier israeliano Benjamin Netanyahu, sulla scia dei raid di sabato, segnano indiscutibilmente una svolta nel conflitto mediorientale materializzando lo scenario di un'escalation militare regionale che finora avevano paventato soprattutto esperti e analisti della regione.
Un attacco mortale con un drone a Tel Aviv, lanciato con successo dagli Houthi sostenuti da Teheran e la risposta altrettanto rapida e mirata di Tel-Aviv contro lo Yemen controllato dagli Houthi, "segnano una pericolosa escalation" sostiene Alex Selsky, analista del Middle East Forum, già consigliere di Netanyahu.
Parlando ai microfoni di "Iran International", Selsky lascia intendere che cio' che sta avvenendo è la prova provata "che non si tratta di una guerra tra Israele e gli alleati regionali dell'Iran, ma piuttosto di un conflitto più ampio che viene combattuto in Israele in quanto simbolo degli Stati Uniti e dell'Occidente in Medio Oriente".
"Questo dimostra ancora e ancora - ha proseguito - che non si tratta solo di Gaza, non si tratta solo del Libano e non si tratta solo di Israele: riguarda gli Stati Uniti e l'Occidente". A suo avviso infatti, i droni lanciati dagli Houthi contro Israele non possono riuscire, "senza un minimo di coordinamento e un massimo di istruzioni da parte dell'Iran... e non può essere fatto senza che l'Iran sia sostenuto dai suoi maggiori alleati: Russia e Cina", ha dichiarato Selsky.
L'analisi di Selsky trova purtroppo riscontro nelle parole degli "attori" in conflitto. "L'entità sionista pagherà il prezzo per aver preso di mira le strutture civili, e affronteremo un'escalation con un'escalation", ha detto Mohammed al-Bukhaiti, membro del politburo Huthi, in un post sui social media mentre il portavoce dei ribelli, poche ore dopo, ha promesso che gli Houthi non si fermeranno e "continueranno ad attaccare obiettivi civili e strutture nemiche" anche mettendo a rischio la sicurezza di Tel-Aviv.
D'altra parte Netanyahu, senza mezze termini, ha chiarito in un messaggio televisivo che il suo Paese "si difenderà con qualsiasi mezzo" lanciando un monito ai nemici d'Israele: "non commettete errori (perchè) ci difenderemo con tutti i mezzi, su tutti i fronti". Il premier israeliano ha consegnato in toni perentori anche un avvertimento all'Occidente: è tempo di prendere posizione - ha detto - perchè "chiunque desideri vedere un Medio Oriente stabile e sicuro dovrebbe schierarsi contro l'asse del male dell'Iran e sostenere la lotta di Israele contro Teheran e i suoi alleati, in Yemen, a Gaza, in Libano e ovunque".
"Il passo insensato compiuto dal nemico sionista preannuncia una nuova, pericolosa fase di un confronto molto importante in tutta la regione", ha tuonato infine un comunicato il gruppo libanese Hezbollah. Come sempre a invitare tutti alla moderazione è intervenuto l'Egitto, uno dei tre Pesi chiave nella difficile mediazione per il cessate il fuoco a Gaza.
"Un'escalation - ha evidenziato il ministero degli Esteri egiziano - spingerebbe l'intera regione in un circolo vizioso di conflitto e instabilità". Ancora una volta, il Cairo ha invitato tutte le parti alla "calma" e a "esercitare la moderazione" per non cadere nel caos regionale.