AGI - La prima cosa che le persone di buon senso hanno pensato è stata che se fosse stata una messa in scena, non si sarebbe arrivati a rischiare così tanto. Ma il web, si sa, non è un posto abitato solo da persone di buon senso e così fin dai primi minuti dopo l'attentato a Donald Trump, le teorie del complotto hanno inondato Internet. Con numerose varianti: da quelli che parlavano di un attentato commesso su "ordine" del presidente Biden o dello "Stato profondo", a quelli che denunciavano una "farsa" intesa a rendere l'ex presidente un eroe.
Ad esempio, il video di una spettatrice "sospetta" che inalberava un cartello con su scritto "Biden" o una foto di agenti del Servizio Segreto sorridenti mentre portano via Donald Trump sanguinante sono circolati massicciamente su X, soprattutto in inglese, francese o portoghese, come "prova" che l'attacco è stato "organizzato" e "pianificato". Non importa se la donna portasse con ogni probabilità lo stesso cartello dei suoi vicini - "Joe Biden, sei licenziato" - e che la foto degli agenti sia stata ritoccata con Photoshop, come stabilito da un'analisi dell'AFP. È circolato ampiamente anche il video - rivelatosi una bufala - di un uomo che si filmava nella sua macchina e lasciava intendere di essere il killer. Per non parlare del commentatore sportivo radiofonico romanista finito nella centrifuga delle fake news e individuato da siti improbabili come l'autore dell'attentato.
Per il ricercatore di scienze politiche Julien Giry, l'isteria collettiva del fine settimana intorno non è una sorpresa. "Semmai è l'assenza di teorie del complotto che avrebbe costituito una sorpresa, quasi un'anomalia", dice, "tanto più che la moltitudine di immagini, ufficiali e amatoriali, dell'evento offre la possibilità di creare una narrazione alternativa". L'attentato in sè, aggiunge Giry, "dà credito al fatto che si tratta di un uomo minacciato da quello 'stato profondo' che vuole combattere dando battaglia a forze occulte troppo potenti".
Il "deep state" è una credenza popolare nei circoli cospirazionisti di estrema destra americani, in particolare nel movimento QAnon, che sostiene che esista una sorta di stato segreto parallelo, che tira le fila del mondo a beneficio degli interessi di gruppi di privati. Il giornalista Anthony Mansuy, specialista dell'ambito del complotto americano, sottolinea "la reazione piuttosto incredibile degli ambienti centristi e democratici", che hanno subito denunciato la farsa, con la parola chiave #staged (messo in scena).
Quasi subito, gli account pro-democratici assicuravano che il sangue sul volto di Trump era finto e che i servizi segreti avevano orchestrato tutto con l'ex presidente. Il che dimostra, secondo Anthony Mansuy, "che nessuno è immune alle fantasie delle teorie del complotto". "L'evento può sollevare domande", aggiunge, "ma cadiamo nella cospirazione quando intraprendiamo una crociata basata su elementi non verificati". Micidiale, dice, la "combinazione di tre fattori messi insieme dalla macchina del complotto: attivismo molto forte, trauma socio-politico e degrado sistemico", che spinge gli individui, "quando non si fidano più dei media, a chiedersi chi trae vantaggio da un dato crimine".
La facilità di accesso ai social network, aggiunge, può galvanizzare le persone inducendole all'idea che "stiamo tutti partecipando all'indagine/isteria collettiva". "Stiamo assistendo a segnali di aumento del cospirazionismo in entrambi gli schieramenti politici americani", spiega Imran Ahmed, direttore del Center for Combating Online Hate, intervistato dal Washington Post. "Le teorie del complotto forniscono una storia semplice e danno a tutti una ragione per non affrontare la realtà".