AGI - Dal 9 all'11 luglio i membri della Nato si incontreranno a Washington per approvare un piano di aiuti senza precedenti all'Ucraina, mai così vicina a entrare nel blocco, e discutere con Giappone, Sud Corea, Nuova Zelanda e Australia quale ruolo può costruirsi l'Alleanza in un Indo-Pacifico sempre più strategico e conteso, mentre crescono gli interrogativi sull'ambiguo ruolo del premier ungherese Viktor Orban, della cui visita a Mosca il segretario generale dell'Alleanza, Jens Stoltenberg, ha chiarito di essere stato informato. Temi cruciali che rischiano però di essere oscurati dal dibattito sulla salute di Joe Biden, che nonostante il disastroso confronto televisivo con Donald Trump appare, per ora, intenzionato a continua a non rinunciare a una nuova corsa alla Casa Bianca.
Durante la conferenza stampa introduttiva del vertice, il segretario generale, prossimo a cedere il timone all'ex premier olandese Mark Rutte, ha dovuto replicare a ben tre domande dirette sulle condizioni psicofisiche del presidente degli Stati Uniti e sulle impressioni raccolte in materia nei suoi ultimi incontri con il leader ottantunenne, l'ultimo dei quali avvenuto appena due settimane fa. Stoltenberg non ha mai toccato l'argomento e si è limitato ogni volta a sottolineare "l'eccellente relazione che ho avuto e continuo ad avere con il presidente americano", lavorare con il quale "è stato un privilegio", e a lodare il ruolo guida svolto dalla sua amministrazione nel quadro dell'alleanza.
Quando un giornalista gli ha chiesto in modo netto se ritenesse che Biden sia nelle condizioni fisiche e mentali di guidare la maggiore potenza nucleare mondiale, Stoltenberg ha ribattuto che "una delle ragioni del successo della Nato è che stiamo tutti fuori dalle questioni politiche interne altrui". L'alto funzionario ha chiarito che non intende in alcun modo esprimersi su "dibattiti politici in corso" in quanto ciò "indebolirebbe l'alleanza" ma non si è sottratto a una domanda, stavolta indiretta, sulle possibili conseguenze di un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.
Al cronista che domandava se non temesse un affievolimento dell'impegno degli Usa dopo le elezioni, Stoltenberg ha ricordato che ben 23 Stati membri hanno portato la spesa militare sopra il 2% richiesto e che la spesa complessiva è aumentata del 18% solo quest'anno, "il maggior incremento in decenni". "Gli alleati stanno spendendo di più", ha osservato, mostrando di aver colto appieno il riferimento. "La condivisione degli oneri economici era stata una questione chiave sollevata dagli Stati Uniti", ha aggiunto, richiamando le critiche durissime di Trump ad alleati che, a sua detta, avrebbero meritato di essere lasciati alla mercé del Cremlino tanto basso era il loro contributo.
"Siamo tutti democrazie, la Nato non è mai data per scontata, non ci sono garanzie ma costituisce un'importante priorità strategica", ha proseguito Stoltenberg, "quando i leader entrano in carica vedono la realtà e si accorgono che una Nato forte gli conviene, in particolare adesso". "Sono ottimista che, nonostante i cambiamenti politici all'interno dell'alleanza, la Nato rimarrà una forza stabile e robusta", ha concluso. La Nato non è quindi preoccupata, almeno a parole, per l'esito delle prossime presidenziali americane. Nondimeno, queste ultime rischiano già di deviare l'attenzione dai contenuti di un vertice tutt'altro che interlocutorio.