AGI - L'Iran voterà domani per il secondo turno delle elezioni presidenziali, che vedranno sfidarsi un candidato riformista, sostenitore dell'apertura verso l'Occidente, contro un esponente del campo ultraconservatore, ex negoziatore intransigente sul programma nucleare: Massoud Pezeshkian, 69 anni, e Said Jalili, 58 anni. Medico di origine azera, semi-sconosciuto prima della sua candidatura, Pezeshkian ha cresciuto tre figli da solo dopo la morte della moglie in un incidente: parlamentare da due decenni, si è espresso apertamente contro la mancanza di trasparenza del governo durante le proteste a livello nazionale innescate dalla morte della giovane curda Mahsa Amini nel settembre 2022. Esperto cardiochirurgo, è stato ministro della Sanità sotto l'ex presidente riformista Mohammad Khatami (1997-2005). È stato esplicito nel criticare il governo sulla questione dell'hijab obbligatorio, ma non è mai arrivato a chiedere l'abrogazione dell'obbligo del velo per le donne. È un sostenitore dell'accordo sul programma nucleare iraniano (Jcpoa) e ha promesso di migliorare le relazioni con gli Stati Uniti, accusando i suoi rivali conservatori di aver rovinato l'economia, non facendo abbastanza per rilanciare il Jcpoa, da cui gli Usa di Trump si ritirarono unilateralmente nel 2018, ma che aveva portato alla revoca di alcune sanzioni.
Pezeshkian ha l'appoggio di Khatami (che nelle parlamentari di marzo si era invece astenuto) e dell'ex ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif. Pur condannando l'amministrazione del presidente defunto Ebrahim Raisi in quanto incapace di risolvere i problemi del Paese, non è mai arrivato a criticare apertamente la Guida Suprema, Ali Khamenei. Ha anche sostenuto i principi fondamentali del regime, secondo cui gli Stati Uniti sono la causa principale delle tensioni nella regione. Jalili, 58 anni, è considerato uno dei politici più oltranzisti del Paese: ex segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza, dal 2007 al 2013 ha guidato la delegazione che ha condotto i negoziati sul nucleare e si è poi fortemente opposto alla ripresa dei colloqui per ripristinare l'intesa del 2015.
Nato a Mashhad come Khamenei, ha conseguito un dottorato di ricerca all’Università Imam Sadegh, palestra ideologica del regime. È soprannominato il "martire vivente" per aver perso una gamba durante la guerra Iran-Iraq come membro dei Basij, la forza paramilitare iraniana che agisce sotto il controllo dei Pasdaran. Membro del Consiglio per il discernimento, principale organo consultivo della Guida Suprema, Jalili ha fallito la corsa alla presidenza nel 2013 e nel 2021. Figure dell'opposizione, in patria come all'estero, hanno chiesto il boicottaggio del voto, giudicando il campo conservatore e quello riformista come due facce della stessa medaglia.