AGI - La cena informale dei leader Ue di ieri si è chiusa senza un accordo per ragioni di forma e di sostanza. La forma è stata criticata perché i Paesi della maggioranza si sono opposti a quelli dell'opposizione, anche nei negoziati. La cena dei Ventisette che doveva iniziare alle 18 è slittata di oltre tre ore perché è stata preceduta da una serie di incontri ristretti tra i negoziatori della maggioranza. In sostanza, buona parte del confronto è stata portata avanti dai sei negoziatori per i tre gruppi: Donald Tusk (premier Polonia) e Kyriakos Mitsotakis (premier Grecia) per il Ppe; Olaf Scholz (cancelliere Germania) e Pedro Sanchez (premier Spagna) per il Pse ed Emmanuel Macron (presidente Francia) e Mark Rutte (premier Paesi Bassi) per i liberali. Gli altri dodici-tredici leader di partiti non affiliati (o di opposizione) si sono sentiti esclusi dalla partita. Le ragioni di sostanza riguardano invece gli equilibri e i pesi interni alla stessa maggioranza. Da una parte ci sono i vincitori (il Ppe), dall'altra quelli che vengono ritenuti gli sconfitti (socialisti, in Germania soprattutto, e liberali).
Il Partito popolare europeo, forte dei 190 seggi rivendica qualcosa in più rispetto a quanto concordato e a quanto già ha. Non bastano la Presidenza della Commissione - con Ursula von der Leyen - e la Presidenza del Parlamento europeo, con Roberta Metsola. Vuole anche la seconda parte del mandato della Presidenza del Consiglio europeo. Nell'intento dei popolari il socialista, ex premier portoghese, Antonio Costa, dovrebbe farsi da parte dopo due anni e mezzo alla guida dell'assise dei leader. Una condizione inaccettabile per gli alleati che accusano il Ppe - almeno secondo fonti diplomatiche - di ingordigia di poltrone. D'altronde lo stesso Presidente Ppe (di partito e di gruppo), Manfred Weber, lo ha fatto capire oggi: "Dalle elezioni emerge un'Europa di centrodestra e di questo va tenuto conto negli incarichi apicali, non si puo' andare avanti come se non fosse successo nulla". Il Pse ribatte: "I negoziati non devono coinvolgere famiglie politiche di estrema destra" 'Famiglie' è declinato al plurale: quindi nessuna trattativa con l'Ecr di Meloni e l'ID di Le Pen e Salvini. Rimanendo nella sostanza, il partito dei Conservatori (Ecr, guidato da Giorgia Meloni) tallona i liberali per la terza posizione all'emiciclo di Strasburgo e rivendica il diritto ad avere un posto al tavolo. "Le regole sono chiare, le candidature ai vertici delle istituzioni europee devono rispettare gli interessi politici e geografici. La Repubblica Ceca e' al centro dell'Europa: il nostro portafoglio futuro deve riflettere ciò", ha reclamato il premier conservatore ceco, Petr Fiala.
Politici e diplomatici sono ora al lavoro per affinare quell'accordo - mantenendo i nomi già emersi - per evitare che crolli tutto come avvenne nel 2019. "Non credo si replicherà quello scenario, il quadro attuale è molto più chiaro", ha rassicurato Rutte. L'obiettivo è avere il via libera formale al Consiglio europeo del 27-28 giugno per poter arrivare al voto in Parlamento nella prima plenaria, 16-19 luglio. Non è escluso però che qualche nome salti. A sentire Weber i leader ieri hanno confermato il sostegno per von der Leyen. Rimangono perplessità su Costa (eventuali colpi di coda dell'indagine per corruzione che ha portato alle dimissioni del suo governo senza comunque toccarlo direttamente e alcuni dubbi sulla sua fermezza a favore dell'Ucraina) e sulla premier estone, Kaja Kallas (in pole per diventare Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera) troppo presa dalla guerra russa in Ucraina e distratta su Sud Europa e Sud America che interessano tanto agli Stati del Mediterrano. La strategia del pacchetto ha pero' un prezzo. I tre nomi attuali rispondono ai criteri di equilibrio di genere (due donne e un uomo), di origine geografica (una estone, una tedesca e un portoghese) e di colore politico (popolare, socialista e liberale). Difficile intervenire su uno senza rischiare di compromettere anche gli altri.