AGI - Terremoto politico in Francia dopo la schiacciante sconfitta, prevista, alle elezioni europee del partito del presidente Emmanuel Macron e della vittoria fuori misura dell'estrema destra di Rassemblement National e del suo candidato Jordan Bardella. Se il sorpasso nella tornata elettorale era stato messo in conto da tutti, quello che non era prevedibile era invece la decisione-shock del presidente che ha, poco dopo i risultati preliminari, annunciato lo scioglimento dell'Assemblea nazionale e la convocazione delle elezioni legislative il 30 giugno e il 7 luglio.
Una scommessa ultra-rischiosa nel suo secondo mandato quinquennale, presa solo sei volte nella Quinta Repubblica, otto volte in tutta la storia della Francia, e non sempre con esiti positivi. L'ultimo scioglimento, deciso da Jacques Chirac nel 1997, aveva visto la sinistra conquistare la maggioranza dei seggi, dando luogo alla nomina del socialista Lionel Jospin a Matignon e alla coabitazione.
In piena serata elettorale il capo di Stato ha sorpreso i francesi con un discorso improvviso, affermando di aver deciso di "restituire loro la scelta del futuro parlamentare attraverso il voto". Poi la riunione del governo all'Eliseo con l'intenzione, come affermato dal suo entourage, di illustrare al Paese nei prossimi giorni "l'orientamento" delle sue scelte.
Questo scioglimento è una "decisione seria, pesante", ma "è soprattutto un atto di fiducia", ha assicurato Macron che potrebbe a questo punto essere costretto a una convivenza con l'opposizione, in caso di vittoria della RN, a pochi giorni dall'apertura dei Giochi Olimpici a Parigi e nel pieno di un'intensa attività di politica estera con due guerre in corso.
In vista di una nuova coalizione, Rn intanto è già ai blocchi di partenza: "Siamo pronti a esercitare il potere se i francesi avranno fiducia in noi", ha lanciato la sfida Marine Le Pen, tre volte candidata all'Eliseo. Il suo "puledro" Jordan Bardella, artefice della "feroce sconfessione" inflitta al capo dello Stato, è ora il favorito di Matignon, a soli 28 anni.
Con il 31,5-32% dei voti secondo gli istituti Ipsos e Ifop, il presidente della RN ha infatti sferrato un duro colpo alle elezioni europee, offrendo al partito della fiamma il miglior punteggio in un'elezione nazionale (escluso il secondo turno). Una vittoria che, con dieci punti in più rispetto al punteggio già elevato del 2019 (23,34%), contribuirà in modo decisivo all'ascesa al potere del campo nazionalista e sovranista al Parlamento europeo.
Rn sembra infatti destinato a inviare a Strasburgo un contingente di 30 eletti, sugli 81 concessi alla Francia. La lista macronista di Valérie Hayer, eurodeputata uscente poco conosciuta dal grande pubblico, difficilmente riuscirà ad averne più di 15: è relegata molto indietro rispetto alla RN con meno della metà dei voti, tra il 14,5% e il 14,9. %, pur conservando il secondo posto davanti ai socialisti.
Il presidente ha però intenzione di giocare duro nelle prossime settimane durante le elezioni legislative, con il chiaro rischio di perdere molti deputati. Il segretario generale di Renaissance Stèphane Sèjourné ha tracciato le prime linee della prossima campagna, dicendo all'AFP che il campo Macron "darà la nomina" ai deputati uscenti "parte del campo repubblicano" e desidera anche "investire in un progetto chiaro" attorno alla maggioranza presidenziale. Ma nulla garantisce che il Partito socialista o i repubblicani accetteranno questa mano tesa.
A sinistra, i socialisti guidati da Raphael Glucksmann (PS-Place publique) sono arrivati terzi nel voto con il 14-14,2% dei voti, più del doppio del risultato del 2019. "Lo scioglimento chiesto da Jordan Bardella resterà una macchia" sulla presidenza Macron, ha sottolineato l'eurodeputato.
La sconfitta è soprattutto un amaro fallimento personale per il capo dello Stato. Lui che recentemente lasciava intendere di non voler trarre lezioni nazionali da un'elezione europea, alla fine ha fatto proprio il contrario, e ora corre il rischio di dover guidare il Paese con un premier di Rassemblement National. Le opposizioni non lo hanno risparmiato: il tecnico del PS Olivier Faure ha ritenuto di essersi "squalificato", mentre Eric Ciotti (LR) ha assicurato che questi risultati annunciavano "la fine del macronismo".
I precedenti
Prerogativa presidenziale nella Costituzione del 1958, lo scioglimento dell'Assemblea nazionale, annunciato oggi dal presidente francese Emmanuel Macron, è il sesto sotto la Quinta Repubblica ed è avvenuto solo otto volte in più di cento anni di storia nel Paese. Le prime furono nel 1877 e nel 1955, ma furono un fallimento per i governi che le avevano decise in Consiglio dei ministri. Nella Quinta repubblica il generale de Gaulle e Francois Mitterrand ne pronunciarono due ciascuno, seguiti ogni volta da una vittoria elettorale della maggioranza presidenziale. Quella decisa da Jacques Chirac nel 1997, invece, aveva visto la sinistra conquistare la maggioranza dei seggi, dando luogo alla nomina di Lionel Jospin a Matignon e alla coabitazione.
De Gaulle sciolse l'Assemblea nel 1962 in seguito all'adozione di una mozione di censura su iniziativa dei socialisti, del MRP e degli indipendenti, contrari a una revisione costituzionale volta a stabilire l'elezione del presidente della Repubblica mediante suffragio universale diretto. I gollisti emersero rafforzati dalle elezioni del novembre 1962, che permisero al presidente di formare intorno a lui una vera maggioranza. Il 30 maggio 1968, de Gaulle sciolse nuovamente l'Assemblea eletta un anno prima al termine della lunga crisi sociale - gli "eventi" del maggio 68 - che aveva scosso il governo. Le elezioni di giugno provocarono un'ondata di destra, con i soli gollisti che ottennero la maggioranza assoluta.
Il 22 maggio 1981 Francois Mitterrand sciolse l'Assemblea nazionale eletta nel marzo 1978 dove la destra aveva la maggioranza assoluta. Alla fine delle elezioni di giugno i socialisti ottennero la maggioranza assoluta. Rieletto nel 1988, Mitterand sciolse il 14 maggio l'Assemblea eletta nel marzo 1986, dove la destra deteneva la maggioranza assoluta. Le elezioni che seguirono questa volta diedero solo la maggioranza relativa ai socialisti.
Nel 1997 fu la volta di Jacques Chirac. "Lo scioglimento non è mai stato fatto per comodita' del presidente, ma per risolvere una crisi politica", dichiaro' nel 1996. Ma a partire dal marzo 1997, alcune voci si sono levate a destra, in particolare quella del segretario generale del L'Eliseo Dominique de Villepin, per chiedere elezioni legislative prima della scadenza normale del marzo 1998. Il peggioramento della situazione economica, allora erroneamente previsto da molti esperti, era il loro argomento principale: tanto vale organizzare le elezioni prima che le cose peggiorino. Il 21 aprile, il capo dello Stato annunciò lo scioglimento dell'Assemblea, sostenendo che la Francia aveva bisogno di "nuovo slancio". La sinistra stava lanciando la campagna attorno al nuovo concetto di "sinistra plurale", riunendo PS, PCF, radicali di sinistra, Verdi e Movimento dei Cittadini. Al ballottaggio, a giugno, ottenne la maggioranza di 319 seggi, aprendo la strada alla coabitazione fino al 2002, la piu' lunga della Quinta Repubblica