AGI - "L'Italia come tutti i Paesi europei non conta individualmente, non può che proiettare il proprio ruolo rafforzando il legame con l'Ue e rinsaldando il rapporto transatlantico, ma senza devolvere le proprie responsabilità alla dimensione multilaterale": è questa la rotta che traccia l'ambasciatore Giampiero Massolo in un'intervista all'AGI per illustrare il nuovo saggio 'Realpolitik' sull'interesse nazionale in un mondo sempre più privo di punti di riferimento, scritto insieme al giornalista Francesco Bechis e dal 10 maggio nelle librerie.
"Le forze politiche", aggiunge, "devono convergere sulle questioni di fondo a partire dall'appartenenza all'Occidente e dalla distinzione tra gli alleati, con cui si può dissentire ma si condividono i valori di fondo, e i semplici partner". "L'idea del libro è offrire una lettura delle dinamiche delle relazioni internazionali offrendo uno strumento per guardare al mondo come è e non come vorremmo che fosse", premette Massolo, già segretario generale della Farnesina e direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis). "Oggi non c’è un singolo Paese che può definire da solo tutti i temi dell'agenda globale", spiega, "viviamo in un mondo anarchico con molteplici minacce in cui sfide e conflitti sono tutti potenzialmente esistenziali, si pensi a una guerra tra Usa e Cina, tra Stati Uniti e Russia o tra Israele e Iran, così come lo sarebbe lasciare l'Europa senza difesa o non fare nulla contro i cambiamenti climatici o per governare l'Intelligenza artificiale".
La buona notizia, osserva Massolo, è che "di fatto ciascun conflitto reca in sé fattori mitiganti derivanti dal fatto che ci sono forze che tirano in direzioni opposte". I singoli Paesi devono però attrezzarsi per questo nuovo scenario, "rafforzandosi come Stati, pensando alla difesa, rendendo resilienti i loro sistemi economici".
Per il presidente di Mundys le due grandi crisi internazionali, Ucraina e Medio Oriente, hanno dinamiche diverse. "In Ucraina tende allo stallo", osserva, "nessuna delle due parti è in grado di prevalere del tutto sull'altra e quindi alla fine si arriverà a un assetto che potrà essere negoziato da Kiev con Mosca oppure un semplice congelamento dello stato di fatto, alla coreana".
"Aiutare l'Ucraina non serve a fargli vincere la guerra ma a mettere in sicurezza quattro quinti del suo territorio", sottolinea Massolo, "l'Europa non può permettersi che da qui a 3-4 anni Putin ricominci la sua politica di aggressione: per questo deve evitare che il prossimo presidente degli Stati Uniti, quale che sia, accetti una 'quick-fix' per l'Ucraina a spese degli europei, e al tempo spesso prepararsi perché comunque vada a finire la guerra la prospettiva è di una contrapposizione, e non di una collaborazione, con Mosca".
In questo senso andrà trovata una sintesi anche sull'autorizzazione a Kiev all'uso delle armi europee per colpire installazioni in Russia da cui partono gli attacchi: "Dal punto di vista della coerenza la difesa dell'Ucraina passa da lì", avverte Massolo. Sulla dinamica del conflitto nella Striscia di Gaza e delle sue ripercussioni regionali, invece, l'ex presidente dell'Ispi vede i presupposti per "l'evoluzione verso un nuovo assetto del Medio Oriente con l'estensione degli Accordi di Abramo" tra Israele e i Paesi arabi moderati sunniti.
Ci sono infatti "gli interessi convergenti di Israele a una sicurezza garantita dagli Usa e sostenuta dal fronte arabo, dei Paesi arabi sunniti, in primi l'Arabia Saudita, per le armi di Israele e la difesa Usa, e quello dei palestinesi per il riconoscimento e la prospettiva dei due Stati che solo gli Usa possono garantire". "Lo stesso Iran, se non cambiano gli equilibri Ayatollah-Pasdaran, ha interesse alla revoca delle sanzioni e non può trascurare il rapporto con la sua opinione pubblica e un'opposizione che non è organizzata ma rappresenta gran parte del Paese", osserva Massolo. La vera incognita riguarda il premier Netanyahu che "ha un'agenda personale incompatibile con la fine del conflitto".