AGI - La Nuova Caledonia è a ferro e a fuoco per la ribellione degli indipendentisti contro una riforma elettorale votata dal Parlamento francese, che ha spinto il presidente Emmanuel Macron a decretare lo stato di emergenza. Dopo due notti di disordini, sparatorie con armi di grosso calibro, il bilancio è di quattro morti, tra cui un giovane agente. L'epicentro della rivolta è Nouméa, la capitale, dove l'aeroporto è stato chiuso fino a nuovo ordine. Al termine di una riunione del Consiglio di Difesa e Sicurezza Nazionale, convocato d'urgenza a Parigi, scombussolando l'agenda del governo, il presidente ha denunciato "l'intollerabile violenza che sarà affrontata con una risposta implacabile per assicurare il ritorno dell'ordine repubblicano", ribadendo "la necessità di riprendere il dialogo politico". Il primo ministro, Gabriel Attal, ha dichiarato che proporrà una data per un incontro a Parigi "nelle prossime ore" con le parti coinvolte per "continuare il dialogo" e "costruire" una "soluzione politica globale". Tuttavia, ha sottolineato il premier, al momento "la priorità è ripristinare l'ordine, la calma e la serenità".
Un homme est mort, qui portait l’uniforme de la République.
— Gabriel Attal (@GabrielAttal) May 15, 2024
Un homme est mort, abattu sauvagement, alors même qu’il servait son pays.
Un homme est mort, qui avait toute la vie devant lui.
Rien ne pourra jamais justifier la violence.
Rien n’excusera jamais que l’on s’en…
"Quando un gendarme viene attaccato, è la Repubblica a essere presa di mira. I colpevoli saranno trovati e pagheranno per questo crimine", ha detto il ministro per le regioni d'Oltremare, Marie Guévenoux, che ha espresso la sua "immensa emozione" per la morte di un gendarme di 22 anni in Nuova Caledonia. L'agente, che apparteneva allo squadrone di Melun (Seine-et-Marne), è stato colpito da un colpo di arma da fuoco alla testa, nel settore di Plum, non lontano da Nouméa, nel sud dell'arcipelago. Le altre vittime, secondo l'alto commissario della Repubblica in Nuova Caledonia, Louis Le Franc, sono state ferite da colpi d'arma da fuoco presumibilmente esplosi da miliziani e persone armate, nel tentativo di difendersi dalla polizia o dalla gendarmeria, deplorando una situazione "insurrezionale".
In Nuova Caledonia "si va dritti verso la guerra civile", ha avvertito l'Alto Commissario francese. Ieri sera, l'Assemblea nazionale ha adottato il contestato progetto di riforma costituzionale che estende l'elettorato in Nuova Caledonia. I lealisti chiedono l'adozione del testo, mentre gli indipendentisti kanak ne chiedono il ritiro. Il presidente Macron aveva annunciato che avrebbe convocato il Congresso "prima della fine di giugno" per ratificare questa riforma, a meno che i partiti pro-indipendenza e lealisti non fossero riusciti a raggiungere un accordo su un testo piu' completo entro quella data. Al momento cinque raggruppamenti politici locali - l'Union cale'donienne-Front de libe'ration nationale kanak et socialiste (UC-FLNKS) e i nazionalisti, l'Union nationale pour l'inde'pendance (UNI), Les Loyalistes, Rassemblement e Eveil oce'anien (EO) - hanno emesso un comunicato stampa congiunto "invitando solennemente l'intera popolazione alla calma e alla ragionevolezza".
Per il quotidiano Le Monde, il caos nel quale si trova ora la Nuova Caledonia è il risultato del "drammatico fallimento di un metodo". In realtà la riforma del corpo elettorale dell'arcipelago è la 'goccia' che ha fatto traboccare il vaso. "Quello che poteva sembrare un lento processo verso la democrazia è sfociato in un virtuale clima di guerra civile, perché permangono forti disuguaglianze ai danni del popolo kanak. Il contesto economico, segnato dalla crisi del nichel, non è buono, i giovani disperano di trovare un futuro e il governo, invece di fare il possibile per favorire un accordo tra le parti, ha dato l'impressione di propendere per una delle due parti", ha analizzato il quotidiano francese. La decisione del presidente Macron di affidare la gestione del dossier al ministro dell'Interno, Ge'rald Darmanin, quando Matignon - l'ufficio del premier - aveva sempre condotto i negoziati dopo Michel Rocard, è stata accolta male.
La nomina a segretario di Stato nel 2022 della presidente non indipendentista della Provincia del Sud, Sonia Backe's, ha aumentato i sospetti, cosi' come la nomina a relatore del progetto di legge costituzionale di un altro lealista eletto dalla Rocca, Nicolas Metzdorf, in un momento in cui la sfida è riuscire a definire i futuri legami della Nuova Caledonia con la Francia, in un quadro di decolonizzazione. Nei mesi scorsi tre ex primi ministri, Jean-Marc Ayrault, Manuel Valls e Edouard Philippe, avevano lanciato l'allarme, invano. In realtà è la storia che si ripete, drammaticamente e ineluttabilmente. L'insurrezione odierna, guidata da giovani rivoltosi fuori dal controllo dei leader pro-indipendenza che avevano chiamato alla mobilitazione contro il testo, giunge a 40 anni dall'inizio della quasi-guerra civile che portò alla morte di 19 kanak e due soldati durante l'assalto alla grotta di Ouvéa, il 5 maggio 1988. All'epoca, fu la definizione dell'elettorato a creare un gap incolmabile tra lealisti e indipendentisti. Da allora, tre referendum hanno confermato la volontà degli abitanti della Nuova Caledonia di rimanere francesi, senza riuscire a superare la diffidenza tra le comunità.
Durante questo lungo processo, solo coloro che erano iscritti nelle liste elettorali prima dell'accordo sono stati autorizzati a votare. Di conseguenza, quasi un elettore su cinque è attualmente escluso dalle urne. Il testo votato dal Parlamento corregge parzialmente questa disuguaglianza aprendo l'elettorato a tutti i nativi e alle persone che vivono in Nuova Caledonia da almeno 10 anni. Nonostante tutto, mantenendo il progetto di legge davanti all'Assemblea nazionale ieri e mettendolo ai voti, l'esecutivo di Attal, sostenuto dalla maggioranza, dalla destra e dall'estrema destra, ha voluto dare una lezione di fermezza ai rivoltosi: non si cede alla violenza. Inoltre, ha cercato di assicurarsi rapidamente una base giuridica in vista delle prossime elezioni provinciali, che dovranno tenersi al massimo entro il 2025, visto che il testo è già stato approvato dal Senato. "Ma si tratta di una vittoria di Pirro, perché nulla sarà possibile senza un accordo ampio che comprenda questioni economiche, sociali e istituzionali", ha concluso 'Le Monde'.