AGI - La filiera del cognac francese è "ostaggio" delle tensioni tra l'Unione europea e Pechino, ma sta puntando sull'incontro in corso a Parigi tra Emmanuel Macron e Xi Jinping per ottenere la sospensione di un'indagine antidumping aperta dalla Cina, suo secondo mercato. Il celebre cognac francese, prodotto nella regione delle Charentes, è diventato suo malgrado il "termometro" della diplomazia internazionale, mentre divampano le tensioni commerciali tra le due superpotenze commerciali.
Dallo scorso gennaio, anche il blasonato brandy della regione Charentes, alla stregua di tutti i vini liquorosi importati dal vecchio continente, è finito nel mirino delle autorità cinesi per una presunta infrazione alle regole di concorrenza, che potrebbe comportare un aumento dei dazi doganali. Con un quarto delle bottiglie spedite in Cina, il suo principale mercato dopo gli Stati Uniti, il brandy francese è ultra-dipendente dalle esportazioni, il 98% delle sue vendite.
Secondo i dati del Bureau national interprofessionnel du cognac (BNIC), nel 2023 la Cina ha rappresentato il 19,4% delle esportazioni e il mercato cinese è più redditizio di altri. Se alla fine Pechino dovesse decidere di introdurre elevati dazi doganali, le aziende francesi rischiano di ritrovarsi con grandi quantità di cognac difficili da vendere altrove. Rappresenterebbe un danno miliardario come quello già subito dal vino australiano, dopo che la Cina ha introdotto dazi fino al 218,4%, col risultato che le esportazioni - 1,1 mld di dollari nel 2019 - sono state quasi completamente cancellate.
Secondo Jean-Marc Figuet, professore alla Scuola di Economia di Bordeaux e specialista del mercato vinicolo, Pechino ha agito "da fine stratega, prendendo di mira il cognac, un settore con un grande surplus nell'agricoltura francese, che è in crisi e riguarda una regione molto specifica". Il settore del cognac rappresenta 72.500 posti di lavoro in Francia e un valore di esportazioni pari a 3,35 miliardi di euro. Raphael Delpech, direttore generale del Bureau national interprofessionnel du cognac (BNIC), ritiene che "siamo in qualche modo il termometro delle relazioni bilaterali con la Cina e abbiamo la sensazione di essere totalmente presi in ostaggio" nelle attuali tensioni commerciali. Secondo lui, i produttori di alcolici partecipano "rigorosamente" ai questionari "estremamente dettagliati" richiesti da Pechino, ma "il timore è di avere ragione in termini legali, senza essere ascoltati a livello politico".
Per Anthony Brun, presidente del sindacato dei viticoltori del Cognac, "è assolutamente necessario trovare delle soluzioni durante queste discussioni" perché "sappiamo di non avere nulla da rimproverarci". L'Eliseo ha dichiarato ai giornalisti che "le autorità francesi, e in primo luogo il presidente Macron, prestano la massima attenzione alla questione del cognac, sollevata durante le discussioni bilaterali per garantire che gli interessi francesi siano protetti durante e alla fine della procedura avviata dalle autorità cinesi".
Sebbene sia ancora troppo presto per misurare l'impatto della procedura iniziata lo scorso gennaio, l'industria teme che le sue posizioni commerciali in Cina vengano erose, dopo il calo già registrato nel 2023 a livello mondiale. L'anno scorso le esportazioni sono scese a 165,3 milioni di bottiglie, contro i 212,5 milioni del 2022, già in calo del 4,8% rispetto al 2021. Secondo gli operatori del settore, questo calo si spiega con il "difficile contesto" dell'inflazione, in quanto i consumatori si allontanano da un prodotto di lusso quando il potere d'acquisto diminuisce, e con il calo delle importazioni dagli Stati Uniti (-45%), che stanno ancora smaltendo le scorte accumulate durante gli anni della pandemia.
Per l'economista Figuet, dopo alcuni anni floridi, il cognac, che è "fortemente dipendente dalla crescita globale", ha vissuto soprattutto "una combinazione di eventi sfavorevoli", senza subire una "crisi strutturale". In effetti il settore sta attraversando un momento piuttosto buio: in assenza di soluzione diplomatica tra Francia e Cina, e con il possibile ritorno al potere negli Stati Uniti di Donald Trump, che in passato ha già minacciato di prendere di mira i vini francesi, "il contesto potrebbe complicarsi in futuro", ha prospettato l'esperto del mercato vinicolo.