AGI - Dal 1990, l’aspettativa di vita media globale è aumentata di 6,2 anni, grazie alla migliore capacità di affrontare malattie come infezioni enteriche o alle vie respiratorie, ictus e altre condizioni. Questi incoraggianti risultati emergono da uno studio, pubblicato sulla rivista The Lancet, condotto dagli scienziati dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME). Il team, guidato da Liane Ong, ha esaminato i dati relativi ai decessi verificatisi a livello globale tra il 1990 e il 2021. Il gruppo di ricerca ha identificato le principali cause di morte, evidenziando le differenze nell’aspettativa di vita dovute alle migliori capacità del sistema sanitario di intervenire in caso di determinate condizioni.
Nel 2020, osservano gli esperti, la pandemia di Covid-19 ha ridotto notevolmente l’aspettativa di vita, in alcune località più che in altre. Nonostante le sfide presentate dal coronavirus, tra il 1990 e il 2021 molte realtà hanno sperimentato un incremento notevole nell’aspettativa di vita. In particolare, tra il Sud-Est asiatico, l’Asia orientale e l’Oceania si registra il miglioramento assoluto più alto rilevato, pari a 8,3 anni in più rispetto a 30 anni fa. “La nostra indagine – osserva Ong – presenta un quadro sfumato della salute mondiale. Da un lato, vediamo i risultati notevoli nella prevenzione dei decessi per ictus e malattie diarroiche. Allo stesso tempo, è evidente che la pandemia abbia provocato un numero incredibilmente elevato di perdite in termini di vite umane”.
Stando alle stime attuali, il Covid-19 è stato particolarmente letale in America Latina, Caraibi e Africa sub-sahariana. Analizzando le diverse cause di morte, lo studio ha mostrato un forte calo dei decessi per malattie enteriche, come diarrea e tifo. Questi miglioramenti hanno aumentato l’aspettativa di vita in tutto il mondo di 1,1 anni nell’arco di tempo considerato. Le capacità di trattamento delle infezioni delle vie respiratorie inferiori ha aggiunto 0,9 anni. I progressi nella prevenzione di decessi associati ad altri disturbi hanno contribuito significativamente a questo valore. I ricercatori hanno anche esaminato come i modelli di malattia si siano spostati da un luogo all’altro nel corso del tempo.
“Le nostre conoscenze di alcune condizioni sanitarie sono aumentate notevolmente negli ultimi 30 anni – osserva Mohsen Naghavi, altra firma dell’articolo – dobbiamo concentrarci sulla prevenzione e il trattamento di condizioni potenzialmente letali per le quali possiamo sviluppare una cura efficace. Speriamo che il nostro lavoro possa portare a un’espansione dei programmi di immunizzazione e a una distribuzione più capillare dei vaccini già esistenti”. “La comunità globale – conclude Eve Wool, Senior Research Manager presso IHME – deve garantire che gli strumenti salvavita, che nei paesi ad alto reddito hanno ridotto il tasso di mortalità associato a ictus, cardiopatie ischemiche e altre condizioni, siano disponibili per le persone di tutti i paesi, anche dove le risorse sono limitate”.