AGI - Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha ribadito la promessa di "eliminare in maniera definitiva" la minaccia dei separatisti curdi del Pkk e mettere in sicurezza il confine con l'Iraq, entro la prossima estate. Parole che arrivano dopo che negli ultimi mesi Ankara ha intensificato le operazioni nel Kurdistan Iracheno (Krg), regione autonoma ma non indipendente da Baghdad, dove al potere rimane da 4 generazioni la famiglia Barzani. Quest'ultima rappresenta il clan curdo più potente dell'area e intrattiene ottime relazioni con Erdogan con cui condivide la guerra al Pkk. Non mancano infatti gli scontri tra i separatisti curdi del Pkk e le truppe curde del Krg, i peshmerga.
Il Pkk non riconosce la legittimità di Barzani, quest'ultimo a sua volta vorrebbe eliminare il Pkk dal proprio territorio. Un obiettivo che il clan che comanda il Krg condivide con Erdogan, che ha ottenuto il via libera a sferrare attacchi e costruire anche avamposti militari in territorio curdo-iracheno. Secondo un rapporto pubblicato dall'organizzazione Christian Peacemaker Teams, solo nel 2023 sono stati 1548 gli attacchi sferrati dai militari di Ankara in nord Iraq. "
Vogliamo chiudere il cerchio e mettere al sicuro il nostro confine con l'Iraq. Non ci sarà nessun terrorista ai nostri confini", ha detto Erdogan. Parole dietro cui si cela un piano, di cui il leader turco ha più volte parlato, che prevede la costruzione di nuovi avamposti militari, il consolidamento di quelli nati negli ultimi anni, ma soprattutto la costituzione di una zona cuscinetto tra Turchia e Iraq profonda tra i 30 e i 40 km. Un piano già realizzato al confine con la Siria, dove la minaccia da sventare per Erdogan sono i miliziani curdi dello Ypg, l'ala siriana del Pkk.
Il complesso dialogo con Baghdad
Tuttavia le condizioni geografiche del nord della Siria hanno reso il piano più facilmente attuabile, a differenza delle aspre montagne del confine iracheno. Ora per portare a termine la stessa strategia anche in nord Iraq, Erdogan ha il via libera di Barzani, ma non di Baghdad. Il prossimo aprile il leader turco è atteso nella capitale irachena, dove negli ultimi mesi si sono susseguite le visite del capo dei servizi segreti di Ankara, del ministro degli Esteri e del ministro della Difesa. Contatti sempre intensi, Erdogan vuole il via libera del governo iracheno, anche se nonostante Baghdad si sia sempre schierata contro gli sconfinamenti turchi, le operazioni di aerei e droni sono state ripetute e numerosi militari si alternano nelle caserme che Ankara ha costruito sulle montagne. Una realtà con cui Baghdad deve fare i conti. Una strategia che ha ridotto notevolmente il controllo del Pkk nella regione, un tipo di lotta ben diverso da quello condotto dalla Turchia nei decenni passati, quando l'esercito tentava invano di domare la resistenza del Pkk per lo più con militari di leva impegnati in un territorio montuoso che li ha visti soccombere ripetutamente.
Ankara è in guerra con l'organizzazione curda separatista dal 1984 e si calcola che da allora le vittime siano state circa 50 mila. Ora Erdogan ha promesso di portare a termine un conflitto che sembra essere senza fine e costituire una zona cuscinetto, non senza però prima aver liberato dalle ultime sacche di resistenza del Pkk. Ankara ha lanciato un'operazione nel 2019, 'Artiglio', seguita da un intervento militare nel 2020, 'Artiglio di Tigre' e una terza offensiva nel 2021. Dopo di allora la pressione turca sul Pkk non è mai stata allentata, trattative non sono mai state intavolate e ora Erdogan è deciso a portare a termine un piano che potrebbe mettere fine a un conflitto durato 40 anni, ma che presenta anche rischi e insidie. Negli ultimi mesi 12 militari turchi sono stati uccisi in scontri a fuoco, allo stesso tempo diverse organizzazioni denunciano le conseguenze delle operazioni turche sulla popolazione civile dell'area.